«L’Upt eviti accordi con i civici, pesano poco»
Andreolli: «Il voto dell’area popolare ai gialloverdi, complicato dire se è reversibile»
TRENTO Tarcisio Andreolli, ex senatore del Ppi e già presidente della Regione, sembra che la tenuta dell’asse di centrosinistra (Pd, Patt, Upt) ora dipenda da un cenno dei civici. I loro voti costituiscono la massa che ad ottobre farà pendere la bilancia verso l’una o l’altra coalizione?
«Ci sono molte aspettativa su queste figure, ma non sono sicuro che siano una massa di voto consistente. Hanno sensibilità diverse, manca una visione univoca che permetterebbe loro di prendere una posizione chiara in blocco. I civici tradizionali dentro il consiglio provinciale, per esempio, non fanno mistero delle differenze di segno, tra chi propende verso il centrosinistra e chi si accoda al centrodestra. Cinque anni fa hanno sperimentato, ma non si può dire se oggi sarebbero in grado di replicare. In politica, di questi tempi in cui l’elettorato è volatile, 5 anni corrispondono a un’era geologica fa».
Quindi l’Upt non dovrebbe immolarsi per fare un accordo a tutti i costi con i civici?
«Non auguro all’Upt di fare un accordo con i civici di centrodestra. L’Upt è un partito ancora rappresentativo dell’area popolare. Area che esiste, anche se non si è capito bene dove sia finita dopo il 4 marzo».
È anche lei per un rinnovo della leadership della coalizione di centrosinistra?
«Lo tsunami del 4 marzo ha tramortito tutto quanto. I trentini hanno espresso volontà di cambiamento. Quindi mi verrebbe da pensare che la strada opportuna sarebbe apportare correzioni, anche se Rossi ha fatto bene».
La coalizione di centrosinistra, invece, regge così com’era nel 2013?
«È vero che l’elettorato ha espresso la volontà di cambiamento, ma sarebbe opportuno che le tre forze (Pd, Patt e Upt, ndr) rimanessero unite nella coalizione di centrosinistra. Il discorso di rinnovare la coalizione è un discorso interessante e condivisibile. Se non c’è coesione, però, si rafforza Fugatti che già si sente vincitore dalle politiche».
Esiste ancora un elettorato popolare, o se lo sono spartiti M5S e Lega il 4 marzo?
«Credo che esista ancora. Mi chiedo se l’elettorato popolare uscirà a ottobre nello stesso segno del 4 marzo, o se invece quei voti confluiti nel bacino gialloverde siano in qualche modo reversibili. Serve metabolizzare la sconfitta, interpretando come viene letto
Rossi? È difficile non tenere conto di quanto accaduto il 4 marzo
dai trentini il cambiamento: solo così si può capire se ci sono ancora le condizioni per interpretare il passato innovandolo. Certamente la carenza di leader in grado di catalizzare consensi, sulla linea politica e sulla persona, così come la sconfitta di Dellai, hanno lasciato un segno profondo».
Cosa si aspetta all’indomani delle elezioni provinciali?
«Non credo ci sarà maggioranza solida a garantire al presidente eletto un governo in grado di sopravvivere cinque anni. Serviranno alleanze a chiunque vincerà. M5s e Lega per ora si mostrano prudenti, scegliendo di non sperimentare l’unione a livello locale prima delle elezioni».