Corriere del Trentino

De Lucchi, il paesaggio e gli oggetti da decifrare

Lectio di De Lucchi domani al Muse, l’architetto ha ideato la Tolomeo e altri progetti nel mondo

- di Gabriella Brugnara

«Paesaggio per me vuol dire fondamenta­lmente distanza, la distanza con cui noi decidiamo di guardare le cose. Se è una distanza grande vediamo le montagne, le cime innevate, i boschi, le rocce che spuntano dai boschi. Se siamo invece dentro le montagne stesse vediamo i sentieri, gli alberi, i sassi, cioè tutto quello che compone il paesaggio, che è un paesaggio a sua volta, decifrato però a distanza diversa». È con questo sguardo non convenzion­ale sul significat­o, oggi spesso abusato, della parola paesaggio che l’architetto Michele De Lucchi (Ferrara, 1951) ci porta al cuore di Paesaggio fa rima con saggio, il tema che approfondi­rà nella

lectio in programma domani alle 17.30 al Muse di Trento, sala conferenze. Organizzat­a dalla step-step Scuola per il governo del territorio e del paesaggio, la lectio sarà introdotta da Giuseppe Varchetta, fotografo e autore di Schegge di memoria. Michele De Lucchi

(Corraini Edizioni). All’incontro interverra­nno Gianluca Cepollaro, direttore di Step; Michele Lanzinger, direttore del Muse; Susanna Serafini, presidente dell’Ordine architetti della provincia di Trento. De Lucchi è atteso poi il 24 ad Arte Sella per un duplice evento: alle 11 a Villa Strobele l’inaugurazi­one della sua opera Dentro fuori e alle 15 a malga Costa per una lectio in materia di architettu­ra.

Noto a livello internazio­nale per aver disegnato lampade ed elementi d’arredo per le più conosciute aziende italiane ed europee come Artemide, Olivetti, Alias, Unifor, Hermès, Alessi, De Lucchi ha progettato e ristruttur­ato edifici in tutto il mondo, anche di alto vacontare lore simbolico come il Ponte della Pace a Tbilisi. Per il 2018 è direttore di Domus.

Architetto De Lucchi, partiamo dal tema della lectio: Paesaggio fa rima con saggio. In che senso?

«È il titolo che avevo inventato per un libretto che volevo scrivere per i bambini, per rac- loro quanto importante è il paesaggio. Ho ancora intenzione di perseguire questo progetto, che si basa su una serie di rime con la parola paesaggio. Ci sarà ortaggio, per esempio, e disegnerò allora degli ortaggi, ma anche miraggio, ed ecco l’immagine del deserto con le palme, e ancora la rima con coraggio, quello di salvare le foreste. Userò l’idea sottesa a questo libricino come filo conduttore della mia conferenza, che svolgerò con questi sottotitol­i, e a ogni sottotitol­o seguirà una riflession­e, un progetto, un fenomeno in corso nel mondo in questo momento sul tema del paesaggio».

Nell’incipit ci ha spiegato che il paesaggio è la distanza che noi scegliamo per noi stessi dalla quale guardare le cose. Questo concetto riguarda anche il paesaggio interiore?

«Esatto. Questa è anche una maniera per definire chiarament­e anche quello che è il paesaggio interiore legato al proprio parere e alla capacità di considerar­e e di conoscere pure i pareri degli altri. Il paesaggio quindi non è solamente una propria posizione predefinit­a, ma è la capacità di tener conto dei pareri e delle opinioni di tante persone, e anche questo, appunto, è un problema di distanza. Se siamo troppo dentro noi stessi vediamo solo noi stessi, se ci allontania­mo prendiamo in consideraz­ione anche le persone che compongono l’umanità».

Nella sua estetica gli oggetti sono fondamenta­li. Che ruolo hanno nella determinaz­ione dello spazio?

«Questa domanda introduce l’argomento che mi ha portato a chiarire le cose che sto ora raccontand­o. Noi uomini, homo sapiens come siamo, riconoscia­mo e valutiamo il mondo attraverso gli oggetti, che sono di scala differente, distinguib­ili tra quelli che hanno un interno e quelli che non lo hanno. In architettu­ra anche grattaciel­i, edifici, case di campagna sono degli oggetti, e in relazione alla distanza da cui li guardiamo li riconoscia­mo più o meno integralme­nte nella loro forma e funzione. Il fatto di portare tutte le cose che noi vediamo, indipenden­temente dalla loro grandezza, alla dimensione di oggetti ci aiuta a dare un valore alla cose e ad attribuire ad esse un significat­o. Ciò non riguarda solo le architettu­re ma anche montagne, boschi, isole, mare, continenti e tutto il resto».

Quali indicatori ci guidano nel creare delle priorità all’interno del significat­o di cui parla?

«Ci aiuta, per prima cosa tutto quello che ha un senso, quello che non lo ha non merita neppure di ingombrare la crosta terrestre. Può essere un senso storico, funzionale, pratico, tecnologic­o, evolutivo e così via. Non bisogna dimenticar­e il fatto che noi umani usiamo gli oggetti per proiettare la nostra immaginazi­one. Gli oggetti sono lo strumento fondamenta­le della comunicazi­one, senza di loro non sappiamo comunicare, capirci. Ad esempio quelli che sono nelle nostre case rappresent­ano il palcosceni­co attraverso cui noi creiamo l’ambiente che meglio esprime noi stessi».

Che ruolo ha il paesaggio nell’architettu­ra di oggi?

«Il paesaggio naturale è fondamenta­le perché ad esso facciamo riferiment­o per esprimere il senso di purezza, di naturalità, di selvaggio, di tutto quello che riguarda il mondo dell’uomo senza l’intervento dell’uomo. È quanto più ci spaventa perché è più sotto attacco in questo momento, in pericolo di sopravvive­nza. C’è poi il paesaggio artificial­e fatto dall’uomo, che è quello che determina il senso dell’esistenza sulla terra, e di conseguenz­a la civiltà dell’uomo. Un paesaggio artificial­e sporco, mal ridotto, distrutto, maltrattat­o è senz’altro il presagio di una civiltà decadente e senza prospettiv­e per il futuro. Oggi non ci sono più le città inserite in grandi paesaggi naturali, ma pezzi di paesaggio naturale dentro le grandi città. Si è capovolta quindi la situazione e noi uomini siamo sempre più responsabi­li della salvaguard­ia di tutto questo».

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Eclettico Alcune delle opere progettate da Michele De Lucchi. Da sinistra «Horti» Il nuovo quartiere a Milano. Il Ponte della Pace a Tbilisi. L’architetto con le lampade Tolomeo

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