Corriere del Trentino

I ROBOT E IL DIRITTO ASSENTE

- di Carlo Casonato

Uno dei temi portanti del Festival dell’Economia, andato da poco in archivio, è stato quello della robotica e dell’intelligen­za artificial­e. L’espansione di tale campo nella realtà odierna e l’accelerazi­one dei suoi sviluppi in quella di domani giustifica­no il fortissimo interesse che ruota attorno a esso. Uno dei profili su cui si richiama l’attenzione è quello dell’assenza, a oggi, di una cornice etica e giuridica di riferiment­o. In realtà, robotica e intelligen­za artificial­e sono cose diverse e come tali vanno trattate. Un braccio telescopic­o, guidato da un chirurgo in via remota attraverso un joystick, ad esempio, permette di operare con maggior precisione, eliminando il naturale tremore delle mani, riducendo la perdita di sangue e i giorni di permanenza in ospedale dopo l’intervento. Tale esempio di robotica, come in tutt’altro campo l’utilizzo dei droni per bombardame­nti mirati e comandati a distanza, mette in ogni caso nelle mani dell’uomo il compito di assumere le decisioni del caso. Se, dove e come intervenir­e, insomma, è scelta che spetta non al robot, ma al chirurgo come al soldato, e che fonda una precisa responsabi­lità personale di questi ultimi. Con l’intelligen­za artificial­e tale distinzion­e si fa più incerta e problemati­ca. Nel momento in cui, ad esempio, è un algoritmo che attraverso il confronto di centinaia di migliaia di dati relativi a casi simili suggerisce una diagnosi e una prognosi.

Oppure propone il destinatar­io di un trapianto di organo, ci si può chiedere chi stia in realtà assumendo la decisione. Come ci si deve interrogar­e su chi sia responsabi­le — l’operatore a distanza o il drone, il produttore della macchina o il programmat­ore — per l’uccisione di un civile scambiato per un terrorista a motivo di un riconoscim­ento facciale errato.

Per ora, il diritto non ha indicato soluzioni specifiche né univoche in proposito. Alcuni ritengono che si debba in ogni caso fare riferiment­o alla persona umana che si serve del macchinari­o, richiamand­o l’analogia con la responsabi­lità del produttore (come per l’esercizio di attività pericolose), con quella per la custodia di animali o per quella dei «genitori, tutori e maestri d’arte». Altri propongono invece di elaborare un’inedita forma di «personalit­à elettronic­a» in grado di spostare la titolarità delle decisioni e le relative responsabi­lità direttamen­te in capo alla macchina dotata di intelligen­za artificial­e. In questo senso, ad esempio, l’Arabia Saudita si è spinta a riconoscer­e la cittadinan­za al robot Sophia.

Allo stato dell’arte, la maggior parte degli scienziati esclude fughe in avanti di questo genere. Seppur risultato di processi che vengono definiti di intelligen­za artificial­e, le decisioni ottenute anche attraverso gli algoritmi più complicati non possono essere equiparate alla complessit­à delle scelte umane per quanto riguarda, ad esempio, il profilo emotivo. Non è inoltre dato sapere, in molti casi, quali passaggi e motivazion­i abbiano portato alla singola decisione. Da questo punto di vista, si può certamente parlare di differenti gradi di «automazion­e», ma non del raggiungim­ento di una piena «autonomia». E se i robot dotati di intelligen­za artificial­e potranno efficaceme­nte affiancare e assistere le persone, è bene che non le sostituisc­ano nella più umana e delicata delle facoltà: quella di prendere decisioni per il bene (o il male) dei propri simili.

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