Brandstätter: quei soldi appartengono alla banca
Il presidente dell’istituto contrattacca «É un nostro investimento che rientra» Il Pd chiede chiarimenti in Parlamento Bessone: «Si cerca di colpire Salvini»
Non sono i soldi della BOLZANO Lega. Sono fondi nostri, è stata un’operazione di tesoreria. Il presidente della Cassa di risparmio Gerhard Brandstätter assicura che la banca ha chiuso ogni rapporto con la Lega. E che l’operazione finita nel mirino della Procura di Genova non è altro che un’operazione di tesoreria. Il caso politico però è già scoppiato e i deputati del Pd hanno presentato un’interpellanza urgente per chiedere chiarimenti sul tesoro scomparso della Lega. Il Carroccio locale invece difende i vertici nazionali. «Un’inchiesta a orologeria» denuncia il commissario Massimo Bessone.
Dopo che gli agenti delle Fiamme gialle hanno perquisito gli uffici della Cassa di risparmio, la banca ha diffuso una nota in cui smentisce l’ipotesi accusatoria. Sia il presidente Gerhard Brandstätter sia il direttore generale Nicola Calabrò chiariscono che si tratta del rientro, parziale, di un investimento che la banca ha effettuato in Lussemburgo nel 2016.
«La Lega — si legge nella nota della banca — ha avuto un rapporto di conto corrente e deposito con la banca tra il 2013 ed il 2014 data a partire dalla quale i rapporti sono stati estinti. Gli inquirenti hanno dovuto accertare se una specifica operazione di acquisto titoli effettuata nel 2016 ed un’operazione di vendita effettuata nel gennaio 2018 potesse avere quale titolare la Lega. La banca ha potuto dimostrare che tale operazione riguarda la normale operatività del portafoglio di tesoreria di proprietà della banca stessa e che quindi le transazioni non sono assolutamente riconducibili alla clientela e tanto meno alla Lega con la quale la banca non intrattiene più rapporti dal 2014. La banca non è oggetto di alcuna indagine, ma ha dovuto fornire le informazioni necessarie agli inquirenti».
La precisazione di Carispa arriva quando il caso politico è ormai esploso. I deputati Pd Emanuele Fiano e Alessia Rotta hanno infatti presentato un’interpellanza parlamentare per chiedere chiarimenti sul tesorso scomparso.
«Che fine hanno fatto 46 dei 48 milioni di euro confiscati alla Lega dalla procura di Genova? È vero che circa dieci milioni di euro sarebbero finiti alla Sparkasse di Bolzano, il cui presidente Gherard Brandstätter è in affari con l’avvocato Domenico Aiello a lungo consulente della Lega? È legittimo l’acquisto di obbligazioni della General Electric, della spagnola Gas Natural, di Mediobanca, Enel, Telecom e Intesa Sanpaolo e Arcelor Mittal (il gruppo siderurgico indiano che ha acquisito Ilva), visto che la legge 96 del 2012 vieta ai partiti di effettuare investimenti in titoli? Che giudizio si ha del finanziamento, che sarebbe opera dell’imprenditore Parnasi, peraltro oggi tratto in arresto come conseguenza di altra inchiesta in corso a Roma, erogato a favore della Onlus Più Voci e si intende verificare l’effettiva rispondenza a criteri di onlus di questa associazione culturale? Corrisponde al vero che tale onlus avrebbe successivamente trasferito fondi a società di proprietà della Lega, come appeso in articoli di stampa?» chiedono i deputati del Pd nell’interpellanza rivolta ai ministri dell’Interno, dell’Economia e delle Finanze, e del Lavoro.
La notizia non sembra preoccupare più tanto i vertici della Lega locale che si dicono assolutamente estranei alla vicenda. «Noi — assicura il commissario altoatesino Massimo Bessone — abbiamo un solo conto alla popolare. Il conta alla Cassa di risparmio era stato fatto dal tesoriere nazionale ma è chiuso ormai da diversi anni. In ogni caso — conclude Bessone — mi sembra strano che questa inchiesta sia venuta fuori proprio ora che Salvini ha pestato i piedi all’Europa».