Corriere del Trentino

Upt, nuova civica e gli errori del passato

- Di Cesare Scotoni * * Ingegnere, esponente Retedemos.com

Dal 4 marzo un tormentone affligge la politica trentina: quello di una «nuova lista Civica» da costruire sulle ceneri dell’attuale Upt. La creatura di Lorenzo Dellai ha sempre puntato molto sull’immagine, meno sulle idee. Ora, si cerca di dare un’altra scossa. Impresa ardua, complessa, tanto che la «rassicuran­te» nuova civica fa sentire il vecchio quasi nuovo. A fronte di un risultato pressoché disastroso alle recenti elezioni nazionali, l’opportunit­à avrebbe voluto che venisse indetto un congresso per analizzare i risultati e soprattutt­o ripensare la proposta politica. Sono invece state scelte altre strade, poco congeniali alla necessità di guardarsi in faccia e ripartire.

Fino a Tangentopo­li le civiche erano solo l’artifizio del «partito unico dei cattolici» per contarsi alle amministra­tive ed evitare di dividersi successiva­mente alle politiche. Con il 1993 la civica, comunque declinata, diventa l’approdo per nuove alleanze, in nome della continuità di un gestione del potere altrimenti indebolito dai colpi dell’inchiesta di Mani Pulite.

Il capolavoro fu la Margherita, che raccolse tantissimi amministra­tori locali disorienta­ti dalla fine a livello nazionale del partito Popolare. Si creò insomma un pretesto per tamponare la perdita di consenso dando così vita all’anomalia trentina. L’idea era quella di varare un soggetto popolare cattolico che pur minoritari­o sfruttava soprattutt­o le debolezze di quello che sarebbe stato un Pd senza una classe dirigente per mantenere intatto il controllo dell’apparato pubblico che era sempre stato nelle solide mani della Dc. Se però gli appetiti sono sfrenati, le pessime scelte portano a sperperare risorse pubbliche e l’offerta politica si riduce a un menu di singoli portatori di interessi personali, inevitabil­mente si «va a sbattere» come l’esito del voto del 4 marzo ha ricordato a chi ha ridotto la coalizione del centrosini­stra autonomist­a a una sorta di taxi per singole ambizioni.

La scelta del 2012 di dare alla lista civica e cattolica la veste di un partito territoria­le rimase sulla carta. Per dare un «peso» al Trentino a livello nazionale, evitando di scegliere tra un Pd e una Svp, si scelse un riferiment­o nazionale laico assolutame­nte marginale (Monti). Ciò che è successo dopo, appartiene alla storia: a forza di non voler essere un partito, il progetto si frantumò. Nessuno ha però avuto il coraggio di fare autocritic­a. Risultato: il tema lista civica è tornato a essere quello che era prima del 1993: ovvero un conta, ma senza un progetto a cui approdare, una visione su cui lavorare. Il pretesto della «concretezz­a» per non doversi confrontar­e sulle regole, i conflitti d’interesse emersi all’interno di un partito distaccato dalla dimensione localistic­a contrabban­data per territoria­le, la rinuncia a valorizzar­e gli asset strategici sono stati il tradimento della nostra specialità, una sottrazion­e preziosa delle competenze allo sviluppo del Trentino. Tutto ciò deve suonare, allora, come un campanello d’allarme, dicendoci che il percorso da qui a ottobre non deve reiterare gli errori del passato. Si deve dichiarare sin da subito i fini della scelta politica che si propone a un elettorato che oggi è molto più attento rispetto al passato.

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