Valente: «Arrivi indispensabili per la nostra società»
Il direttore della Caritas: «Il business fiorisce solamente dove non c’è organizzazione»
BOLZANO «Speriamo che finisca la campagna elettorale e si smetta di compiere atti e usare parole che non rappresentano una strategia realistica».
Commenta così Paolo Valente direttore della Caritas, gli eventi di questi giorni in tema di immigrazione, spezzando ancora una lancia a favore dei più deboli come ha fatto Padre Zanotelli con le sue dichiarazioni di ieri.
Valente, qual è la strada da prendere?
«Le migrazioni esistono e vanno gestite. C’è da elaborare una politica europea e ancora prima quella nazionale dal momento che nel nuovo governo esistono sensibilità molto diverse su questo tema e questo ci mette in ulteriori enormi difficoltà».
Ma concretamente cosa bisogna fare?
«Occorre incidere sulla cultura e su un modo diverso di vedere le cose. Qualunque economista o demografo dice che degli immigrati abbiamo bisogno. La Germania dichiara apertamente di aver bisogno di 3-400.000 persone l’anno».
Ma in Italia c’è la disoccupazione...
«È così anche per noi nonostante la disoccupazione perché ci sono molti lavori che l’italiano non vuole fare. Il nostro mercato del lavoro è complesso perché c’è molto sommerso, ma questo non cambia nella sostanza le cose».
Molto accusano le organizzazioni come la sua e le Ong di fare un business sui profughi. Come risponde?
«Il business dell’accoglienza c’è dove non c’è organizzazione. Qui da noi non è possibile perché siamo finanziati al 95% e il restante 5% dobbiamo documentarlo fino all’ultimo euro. Non possiamo imbrogliare. Qui abbiamo un Commissariato del Governo e una Provincia che tengono le redini del discorso e delle organizzazioni di volontariato rodate (Caritas, CRI e Volontarius ndr). In altre prefetture non hanno un territorio che risponde bene come il nostro e sono stati costretti a prendere ciò che capita».
L’Austria ora respinge anche i profughi che le competerebbero. Cosa ne pensa?
«Qui si che si tratta di business. In Austria come in altri Paesi europei alcuni partiti politici hanno scoperto che il business immigrazione porta voti e fa andare al governo e non hanno esitato a cavalcare la tigre».
Come se ne viene fuori?
«Non posso che ripetermi. C’è molta retorica in tutto questo se si pensa all’importanza che gli stranieri hanno per la nostra economia, anche per quella dell’Alto Adige dove ci sono 47.000 immigrati che lavorano. Alcuni settori crollerebbero se non ci fossero gli immigrati. Noi inoltre abbiamo una natalità prossima allo zero per cui di un’immigrazione gestita e ben organizzata, abbiamo solo bisogno. Gli stranieri che sono integrati e pagano le tasse nel nostro paese sono molti e sono loro quelli che dobbiamo guardare, non quelli che vediamo per le strade, tenuti spesso nella clandestinità per convenienza di chi li sfrutta».
In che termini?
«È abbastanza illusorio pensare che una persona possa entrare in Italia solo se ha già un contratto di lavoro».