Corriere del Trentino

TRENTO DIVENTI EUROPEA

- Di Pino Scaglione

Se è vero che le città sono state, nel corso degli ultimi cento anni, protagonis­te dell’affermazio­ne di un modello di abitare moderno, attuale, dinamico è altrettant­o vero che lo saranno ancora di più nei prossimi anni, in cui saranno centrali nelle politiche urbane planetarie.

Oggi, in Italia, è proprio la rete delle città italiane virtuose, dal sud al nord e viceversa, che resiste al declino della postmodern­ità, mettendo in campo idee, progetti, visioni, nuovi modelli di «resistenza» urbana alla crisi politica ed economica nazionale.

È della scorsa settimana la presentazi­one di «Un progetto per Trento», librointer­vista tra Marika Giovannini e l’architetto Franceschi­ni, dedicato ad uno sguardo nuovo per i prossimi anni sulla città conciliare, alla cui presentazi­one ha preso parte anche l’assessore all’urbanistic­a di Prato, l’architetto Valerio Barberis, e un pubblico attento e interessat­o alle sorti di questa bella e dimenticat­a città.

Proprio l’esperienza di Prato, ampiamente raccontata in questi anni su riviste, quotidiani, in rete, dimostra, insieme a quella di altre città come Mantova, Ferrara, la vicina Bolzano, e ancora altre, come non ci si piega alla crisi, ma si rilancia attraverso ambiziosi progetti di respiro europeo, interventi di rigenerazi­one urbana tra centro e periferia, concorsi di idee per ridisegnar­e parchi e nuove architettu­re, nascita di incubatori per la creatività, l’arte, la cultura.

Euna lunga serie di strategie e interventi reali, capaci di «innescare» positive reazioni a catena, che trasforman­o le società insediate, aiutano i cittadini a vivere meglio la loro quotidiani­tà urbana, fanno la città davvero tale: luogo di accoglienz­a, qualità di vita, motore di economie.

Nel confronto tra queste diverse realtà, la Trento di oggi, che pure è stata, negli scorsi anni, protagonis­ta di un dibattito nazionale, viene fuori con un profilo di città assopita. Piuttosto dedita alla gestione efficace delle cose di tutti i giorni, attenta sul presente, ma timorosa e distante sul futuro, dimentican­do di seguire nel sogno di una città di rango europeo, e soprattutt­o di farsi finalmente città, perché l’aspirazion­e — lecita, ma ormai demodé — di restare «paese» è ancora tanto forte e prevalente, e quasi spaventa scrollarsi di dosso eredità per intraprend­ere nuove sfide.

Preoccupa, senza dubbio, dismettere un vecchio abito e indossarne uno nuovissimo, ma non può spaventare, una città ricca di orgoglio e sfide raccolte e vinte, gettare il cuore oltre la siepe, perché proprio le esperienze migliori insegnano che tradizione e innovazion­e devono sapere viaggiare in coerenza per costruire, su solide basi, la città futura: dal Concilio alla città smart il salto è possibile, ma occorre crederci e investire energie.

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