Project financing, una soluzione non conveniente
Scotoni: «Usare questo modello per la totalità della struttura e dei servizi non ha mai funzionato»
TRENTO L’imminente riattivazione della gara per la realizzazione del nuovo ospedale di Trento (fine mese) e l’istituzione di un pool economico finanziario preposto da parte della Giunta ha riaperto la questione sul modello finanziario reso obbligatorio per il bando: il project financing.
Si è espresso in materia l’ingegner Cesare Scotoni, manager industriale, tra i primi in Italia ad occuparsi di project financing, te ma sul quale svolge attività di formazione e consulenza.
Ingegnere, la realizzazione del nuovo ospedale di Trento deve obbligatoriamente ripartire dal project financing: un modello finanziario valido in questo caso secondo lei?
«Ho avuto modo di essere marginalmente coinvolto prima del 2003 nella fase preliminare di approfondimento del project financing per il nuovo ospedale di Trento e già allora spiegai che, a mio parere tale modello era sicuramente una strada conveniente per tutte quelle attività a “complemento ed integrazione” dell’attività di cura e pronto intervento svolta dagli ospedali (mense, ospitalità parentali, gestione delle attrezzature di sala, gestione delle utilità tecniche e dell’efficienza energetica, parcheggi), ma che al contrario per la parte di ospedalizzazione e cura, con un sistema sanitario nazionale per cui il cittadino ha diritto a un certo livello di assistenza in gratuità, non aveva invece senso immaginare l’utilizzo del project financing. Dunque, nel nostro ragionamento, quella parte avrebbe previsto comunque un onere non definibile per il pubblico: quella soluzione di utilizzare il project financing per la totalità dell’infrastruttura e dei servizi non era conveniente nel 2002, non lo era nel 2011 e non lo è oggi».
La Giunta provinciale ha istituito ieri un pool di soggetti (Provincia, Cassa del Trentino, Cassa Depositi e Prestiti e Banca europea per gli investimenti) per intervenire sul modello del project financing. Alla luce di ciò che lei ha detto cosa può fare nel concreto questo pool? Limitare i danni?
«Personalmente reputo che l’aver fatto un bando che indica il project financing come la soluzione da adottare per l’intera infrastruttura significa o che è stato individuato una redditività anche per attività mediche che finora redditizie non lo sono state o si è immaginato di poter distribuire un extra-costo sulle tariffe in convenzione per assorbire quelle perdite; in quel caso il risultato sarebbe di contenere il danno. Io nel nuovo bando distinguerei piuttosto le attività a reddito che possano giustificare un project financing da quelle da finanziare a mezzo banca o leasing immobiliare. La Bei è in grado sicuramente, a fronte di un indi- rizzo chiaro dei committenti, di svolgere quel compito al meglio; ha le risorse e può dare i tassi ma non può certo inventare una redditività lì dove non esiste».
Quali sono le sue considerazioni sull’uso e sui risultati del project financing applicato alla realizzazione di alcuni ospedali del Veneto?
«Il mio è un parere forse viziato dal mio approccio per cui un’impresa ha come fine il profitto, mentre l’ente pubblico offre servizi pubblici al costo migliore. In Veneto abbiamo avuto due distinte problematiche: la scelta di alcune soluzioni tecniche e architettoniche che si sono in seguito rivelate particolarmente onerose nei costi di mantenimento ed un costo finale dell’infrastruttura che inter m in ireali ha visto il pubblico dilazionare si ala spesa infrastrutturale che i tempi della sua realizzazione ,- a fronte di un onere finanziario diverso da quello ipotizzato».