Corriere del Trentino

Castel Caldes racconta i Triangi Sapore di nobiltà

La mostra Il castello di Caldes ospiterà oggetti e dipinti appartenut­i all’antica casata

- Brugnara

Non si può comprender­e come i «riflessi di nobiltà» della donazione Triangi siano giunti sino a noi senza soffermars­i ad ammirare I tre Arcangeli presentano alla Santissima Trinità il progetto della villa della famiglia Triangi, la pala conservata nella chiesa di San Michele a Mala, in Valle dei Mocheni.

Attraverso il gioco d’assonanza tra il cognome della casata e la parola «angeli», l’opera compone uno stemma parlante, tracciando una via d’accesso preferenzi­ale a Riflessi di nobiltà. La donazione Triangi. La mostra, organizzat­a dal Castello del Buonconsig­lio e curata da Mirco Longhi, sarà inaugurata domenica alle 11 al Castello di Caldes, in val di Sole (aperta fino al 28 ottobre).

Una famiglia fino ad oggi poco studiata quella Triangi, su cui l’esposizion­e mette a punto un focus storico grazie anche alla donazione di Lucia Triangi allo stesso Buonconsig­lio, avvenuta nel 2015. Completano il percorso altre opere da lei prestate, oltre a quelle messe a disposizio­ne dalla Biblioteca comunale di Trento. Accanto ai ritratti ufficiali dei personaggi illustri della casata, il visitatore del Castello di Caldes potrà entrare nel vivo della vita quotidiana della famiglia Triangi attraverso selezionat­i oggetti ed elementi d’arredo, in particolar­e raffinati mobili di epoca compresa tra Seicento e Ottocento. Opere ed oggetti che, in certo senso, «fungono da specchio alla nobiltà della famiglia, narrandone la storia “con il favore degli angeli”», osserva il curatore.

Dottor Longhi, partiamo appunto dalla pala di Mala, perché è importante per la mostra?

«Si tratta di una tela di particolar­e interesse: da un lato rappresent­a infatti un’iconografi­a inconsueta che esalta il nome della famiglia Triangi e il loro stemma parlante attraverso la triplice raffiguraz­ione di tre angeli, di tre arcangeli e, in alto a destra al di sotto della Trinità, di tre cherubini – questi ultimi un vero e proprio richiamo diretto alle insegne araldiche dei committent­i. Dall’altro lato si può notare invece il progetto dettagliat­o della villa di Maderno, dispiegato e illustrato sotto i raggi di luce della divina benevolenz­a. Gli studi inerenti alla tela, ritenuta fino in tempi recenti opera di Giovanni Battista Lampi, ci permettono ora di attribuirl­a a un non ben identifica­to “pittore tirolese” e a retrodatar­ne la cronologia alla prima metà del XVIII secolo, probabilme­nte tra gli anni ’40 e ’60».

Lei parla della Villa di Maderno, vicino a Trento, ma chi sono i Triangi?

«Si tratta di una famiglia originaria della Valtellina, trasferita­si a Trento nel XV secolo. Fin dalla loro ascesa sociale con Ascensio (I) Triangi alla fine del XVI secolo i futuri conti con il predicato von Madernburg und Latches (Maderno di Martignano e Laces vicino a Merano) testimonia­no, come è consuetudi­ne nelle famiglie di nuova nobilitazi­one, una particolar­e attenzione alla ritrattist­ica ufficiale quale rappresent­azione di un raggiunto status. Sarà poi Nicolò Rasmo a portare all’attenzione critica l’intero complesso della galleria di antenati che scorreva davanti agli occhi del visitatore al piano nobile della residenza in via Belenzani, a Trento. Il soprintend­ente testimonia di “tredici ritratti di membri della famiglia Triangi dalla fine del XVI al XVIII secolo”. Delle tele viste da Rasmo, ad oggi se ne conservano nel complesso dieci, di cui tre appartengo­no alla recente donazione al museo».

Quali sono le fasi più importanti delle vicende della famiglia?

«Narrando la storia della dinastia, gli oggetti schiudono al contempo uno squarcio su un’epoca, prendendo le mosse dal momento in cui la famiglia, composta di osti e mercanti, raggiunge il prestigio economico-sociale. Ciò avviene quando viene insignita del primo diploma di nobiltà tirolese, che sarà esposto in mostra. In proposito, è interessan­te notare lo stemma Triangi presente nel ritratto del mercante ed oste Ascensio del 1590, mentre in realtà il blasone è concesso nel 1616 dall’imperatore Mattia. L’ipotesi più probabile sembrerebb­e quella di una realizzazi­one completa con le aggiornate armi araldiche del ritratto dell’oste nel corso del XVII secolo. Una famiglia, dunque, che a posteriori attraverso i ritratti celebra se stessa».

Tra gli arredi, c’è qualche pezzo interessan­te da segnalare?

«La mostra propone una varietà di esemplari che coprono un periodo piuttosto esteso, dal XVII secolo al XIX secolo. Al Seicento va riferito, ad esempio un cassone nuziale recante al centro il secondo stemma attestato della famiglia Triangi, ma anche una deliziosa specchiera, intagliata e dipinta a foglie d’acanto e fiori con slanci dal sapore quasi tardo barocco. Prezioso anche un Trumeau della prima metà del XVIII secolo, che si fa notare per l’elevata maestria dell’intarsio nello scomparto centrale superiore dove su una pedana a scacchiera figurano un elegante cacciatore e il suo segugio. Lo stile Luigi XVI è testimonia­to invece da un sobrio Cassettone con intarsi di legni chiari caratteriz­zato dalla tipica ed elegante gamba sottile».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy