Gli ambientalisti criticano l’opera «Reti e acciaio, paesaggio ferito»
Italia Nostra: «La Provincia usi la pietra. Omogeneità già compromessa»
TRENTO Aggettivi come suggestivo e affascinante, o l’appellativo di «più bella del mondo», con cui è stata presentata la pista ciclabile di due chilometri sospesa sull’acqua nel tratto del lago di Garda che va dal comune lombardo di Limone fino al confine con la Provincia autonoma di Trento, non trovano corrispondenza nei toni piuttosto polemici usati dalle associazioni ambientaliste trentine per commentare l’opera, inaugurata ieri.
Associazione Wwf per il Trentino, Associazione Italia Nostra-Trento, Associazione Riccardo Pinter, Comitato per la Salvaguardia dell’Olivaia e il Comitato per lo Sviluppo sostenibile hanno firmato un documento in cui esprimono le ragioni del disappunto per le modalità di realizzazione della ciclovia sul versante bresciano del lago. Anche il presidente di Italia Nostra-Trento, Beppo Toffolon, mette in guardia l’amministrazione provinciale dal ripetere alcuni di quegli errori commessi, a detta degli ambientalisti, nella realizzazione della ciclabile di Limone. E invita a non essere precipitosi nella realizzazione del tratto Limone-Riva del Garda, «riflettendo nella progettazione sulla tutela del paesaggio e sulla sicurezza».
La prima argomentazione degli ambientalisti riguarda il danno ambientale portato dalla realizzazione di una pista sospesa sulla roccia. Per far spazio a «fitte reti, con travi conficcate nella roccia per sostenere reti paramassi a sbalzo», la montagna a strapiombo sul lago è stata disboscata. Tuttavia, mentre quest’azione è necessaria per la realizzazione di infrastrutture, non era altrettanto vincolata la scelta dei materiali. I materiali con cui è stata realizzata — specialmente il metallo — sarebbero «una ferita inferta al paesaggio». «Ci auguriamo che la Provincia di Trento metta da parte la tendenza all’eterogeneità dei materiali, tipica delle opere moderne — continua Toffolon — La struttura metallica realizzata a sbalzo non risulta leggera, ma evidenzia uno stacco netto tra la ciclabile e il paesaggio. L’utilizzo di materiali pesanti, come la pietra, conferirebbe invece continuità, rendendo l’infrastruttura un tutt’uno col paesaggio». Se pedalando sulla ciclabile la vista è mozzafiato, cambiando prospettiva il risultato è ben meno suggestivo: dall’acqua, il tratto realizzato finora «si offre come una striscia di lastre di cemento sostenuta da grigie e spesse mensole», continuano le associazioni.
C’è poi la questione funzionalità. La larghezza della pista, di due metri e mezzo, non garantirebbe «una buona convivenza tra pedoni e ciclisti, tenendo conto della possibile alta frequentazione», mettendo a rischio la sicurezza di chi vi transita. Il rischio di una pista non sufficientemente larga anche nel tratto trentino sembra scampato, a giudicare dai primi progetti che parlano di quattro metri abbondanti di larghezza.
Toffolon conclude criticando l’assenza di attenzione al progetto complessivo nel momento in cui si è deciso di realizzare la pista sospesa sul lago, «senza sapere che aspetto avrà il tratto successivo». Il che comporterà disomogeneità col resto dell’anello ciclabile. «L’unitarietà del percorso è compromessa — spiega —, ma ci auguriamo che si proceda più coordinati nella realizzazione dei percorsi ancora da attuare. Speriamo che il tratto del Comune di Limone rimanga un unicum, e non si prenda d’esempio».
Toffolon Struttura impattante Speriamo che il tratto del Comune di Limone rimanga un unicum, e non si prenda d’esempio