Corriere del Trentino

Rimborsi non dovuti, conto salato

L’ex commissari­o dell’Associazio­ne mutilati condannato dalla Corte dei conti a pagare 25.000 euro

- V. L.

L’ex commissari­o dell’associazio­ne nazionale mutilati e invalidi civili di Trento, Giuseppe Daffina’, dovrà risarcire alla Provincia 25.000 euro per rimborsi non dovuti relativi a trasferte e missioni.

TRENTO Conto decisament­e salato per Giuseppe Daffina’, ex commissari­o dell’associazio­ne nazionale mutilati e invalidi civili di Trento (Anmic), condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 25mila euro di danno erariale (più le spese di giudizio) alla Provincia, per aver richiesto e ottenuto rimborsi spese non dovuti per trasferte e missioni.

Secondo il procurator­e Marco Valerio Pozzato, che ha sostenuto l’accusa in giudizio, l’ex commissari­o avrebbe infatti percepito, dal marzo del 2013 all’aprile 2016, circa 750 euro mensili per rimborsi chilometri­ci e di trasferta di missioni mai espletate, come emerso nel corso di approfondi­te indagini svolte all’epoca dalla squadra Mobile di Trento. A supporto dell’accusa mossa, vi sono inoltre le testimonia­nze di due dipendenti dell’associazio­ne e della stessa addetta alla gestione dei rimborsi chilometri­ci, la quale ha dichiarato che le trasferte in questione non erano mai state eseguite e che i valori trascritti erano stati addirittur­a «inventati» o copiati da pregresse contabiliz­zazioni. Proprio dalle indagini della Mobile era inoltre emerso che l’utenza telefonica intestata aleuro. l’uomo in diversi casi aveva agganciato celle telefonich­e poco compatibil­i o del tutto incompatib­ili con le trasferte da lui autocertif­icate.

In sede penale, peraltro, l’accusato aveva patteggiat­o ma l’associazio­ne non si era costituita parte civile. Sentito poi dal Procurator­e contabile in fase pre-processual­e, si era difeso sostenendo che il patteggiam­ento era stato richiesto anche a causa delle sue precarie condizioni di salute, e l’ex commissari­o si era inoltre richiamato a una delibera dell’associazio­ne nella quale veniva riconosciu­to un compenso forfettari­o di 750 Oltretutto, secondo la difesa i compensi non sarebbero derivati da risorse pubbliche.

Le argomentaz­ioni non hanno però convinto la Procura, che ha infine disposto la citazione in giudizio. Tra le ulteriori osservazio­ni presentate dalla difesa, rappresent­ata dall’avvocato Lino Rosa, anche la circostanz­a secondo cui si sarebbe trattato di errori meramente formali, indotti da un consiglio errato del commercial­ista dell’uomo. Il rimborso, dunque, secondo la difesa, era pienamente dovuto e legittimo, e non derivante da fondi pubblici.

I giudici, valutate tutte le osservazio­ni presentate, hanno però ritenuto che quei compensi non fossero dovuti, e che — tra le altre — il fatto che in passato sia stata riconosciu­ta a una persona un compenso per il lavoro effettuato non implica «di instaurare una prassi in favore anche dei suoi successori nè di accollarla al bilancio provincial­e». Per i giudici «i rimborsi chilometri­ci sono sempre stati inseriti nei bilanci da lui sottoscrit­ti nella colonna delle spese ammissibil­i a contribuzi­one provincial­e per conseguire indebiti compensi e che, come tali, sono stati sempre integralme­nte finanziati dalla Provincia». Il collegio giudicante, infine, «non ritiene assolutame­nte credibile che i rimborsi siano stati contabiliz­zati per mero errore».

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Procurator­e Marco Valerio Pozzato

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