ORA IL M5S CERCA STABILITÀ
Cinque anni fa il Movimento 5 stelle ottenne alla Camera il primato tra i partiti con oltre il 25%, a marzo l’esito elettorale ha catapultato la creatura di Grillo e Casaleggio oltre il 30%. Il comico genovese commentò caustico: «Contro di noi non ce la faranno mai. In tre anni siamo diventati il primo partito». La legislatura ha versato, poi, nuova acqua nella bisaccia elettorale dei pentastellati che a quel punto sono sembrati davvero l’incarnazione post-moderna della soggettività politica. Ora qualcosa si sta rallentando. Il governo tra forze antisistema ha stimolato l’ascesa di Salvini (e della Lega) che massimizza il consenso nell’area di centrodestra e comincia ad espandersi altrove.
Di Maio e il Movimento rischiano di scontare una sorta di effetto boomerang. L’interazione tra proclami e realismo governativo ridimensiona l’impatto delle critiche, in alcuni casi rivalutando anche le scelte altrui. Lo stesso decreto dignità — che risponde alle aspettative delle fasce sociali più esposte, stringendo a sé l’elettorato di sinistra — contiene una serie di disposizioni dal valore più simbolico che reale ed è stato contestato anche da Confindustria del Trentino. Dall’altro il nuovo profilo istituzionale pentastellato, con l’urlatore Grillo ormai defilato, soffre l’attivismo di un alleato temporaneo che ha operato una serie di scavalchi in termini di radicalismo e moltiplicato la messaggistica con la pancia del Paese.
Le ultime elezioni amministrative sono state indicative delle tendenze in atto e hanno rivelato una debolezza di fondo del progetto a cinque stelle, quello di essere un buon competitor a livello locale o poco più. E spesso molto slegato dalle dinamiche territoriali con un’impostazione nettamente centralista. L’appuntamento elettorale trentino lo conferma. Nelle settimane scorse una delegazione locale si è recata a Roma per assumere le regole d’ingaggio che non considerano minimamente la specificità autonomistica e le caratteristiche della legge elettorale. Insomma, il M5s propina più o meno lo stesso format, guardando solo al voto d’opinione e senza porsi il tema di come stabilizzare quel consenso.
Peraltro il giochino della piattaforma Rousseau è lontano dall’assomigliare a un nuovo archetipo democratico, la partecipazione è debole. Per le parlamentarie le preferenze espresse in regione furono settecento a cui corrisposero 350 votanti. Un’inezia. Peraltro la nuova procedura è parsa opaca perché avranno diritto di voto alle provinciarie di fine luglio tutti coloro che si sono iscritti a Rousseau entro il 30 giugno. Ma la riunione romana che lo ha stabilito si è tenuta il 29, sollevando qualche retropensiero tra gli esponenti locali di presunti favoritismi. Da ultimo il Movimento 5 stelle non ha evitato nemmeno la frammentazione correntizia propria dei partiti tradizionali. In particolare, le figure del ministro Riccardo Fraccaro — con un radicamento nazionale dove si celebra il processo decisionale — e del consigliere provinciale Filippo Degasperi, punto di riferimento per i consiglieri comunali e sostenuto come candidato presidente, hanno determinato una diarchia dagli equilibri incerti.
L’obiettivo autunnale del M5s è indubbiamente quello di stabilizzarsi come terzo polo, confermando la geometria delle politiche, ma l’esito non è scontato perché l’affluenza si abbasserà e il numero di concorrenti lieviterà (con i civici di Valduga e l’area di Gios, figura stimata dai pentastellati). Cinque anni fa il Movimento ottenne il 5,72% (14.241 voti) che verrà certamente implementato. Il quantum dipenderà dalla coesione e dalla capacità di coniugare protesta e proposta in un mix convincente per l’elettore trentino.