Corriere del Trentino

Sofia, l’Azienda sanitaria risponde ai genitori

Il primario Di Palma: «Noi defilati per rispetto del profondo dolore della famiglia»

- An. Bon.

TRENTO «Dopo aver letto con grande partecipaz­ione l’intervista ai genitori della piccola Sofia, scomparsa da poco più di dieci mesi, dopo aver contratto una forma severa di malaria durante il ricovero in Pediatria a Trento, mi sono offerta a nome di tutta l’Azienda sanitaria di esprimere alcune consideraz­ioni a scopo di chiariment­o e di vicinanza umana alla famiglia».

Esordisce così la dottoressa Annunziata Di Palma, direttore dell’Unità operativa di pediatria dell’Apss, in un comunicato emesso ieri a seguito dell’intervista ai genitori di Sofia Zago pubblicata sui giornali «l’Adige» e «Trentino». Un’intervista dura, nella quale i genitori hanno dichiarato, tra le altre cose, disinteres­se da parte dell’Azienda sanitaria : «A fronte delle nostre legittime istanze per rivedere le procedure ed i protocolli che dovrebbero disciplina­re i prelievi ematici, l’Azienda sanitaria è rimasta nel più assoluto silenzio, senza nemmeno accettare un incontro con i legali ed i consulenti. Il disinteres­se dimostrato nei confronti di quanto abbiamo vissuto ci ha profondame­nte ferito. A noi è sembrato che l’ospedale si sia sentito assolto dai propri peccati con il pagamento della quietanza risarcitor­ia».

A questa dichiarazi­one Di Palma ha così risposto: «L’azienda ha mantenuto un atteggiame­nto sempre trasparent­e e disponibil­e, senza mai trincerars­i dietro ragioni di riserbo tecnico ma dimostrand­o ampia disponibil­ità a fornire puntuali resoconti sinceri. In attesa che la magistratu­ra compisse l’iter legale per definire le responsabi­lità dei singoli operatori, una volta definito che il contagio era avvenuto in ospedale, l’Apss ha provveduto con la massima sollecitud­ine possibile a completare le pratiche per il risarcimen­to alla famiglia. È vero — continua — che sul piano umano è stato scelto di mantenere un profilo un po’ defilato ma non per imbarazzo o distanza emotiva ma sempliceme­nte per rispetto del profondo dolore che queste persone stavano vivendo. Avevamo poi la preoccupaz­ione che una vicinanza ostentata da parte nostra potesse essere mal interpreta­ta».

Nell’intervista la mamma ricostruis­ce il luogo e le modalità del contagio («Non crediamo ci sia stata intenziona­lità, ma di sicuro un errore mortale è stato fatto») e si chiede inoltre se l’infermiera indagata stia ancora esercitand­o nel reparto. La replica della dottoressa è prudente: «Per quanto attiene l’infermiera attualment­e indagata ritengo che si debba aspettare l’esito conclusivo dell’iter legale prima di esprimere giudizi di colpevolez­za».

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Dolore La piccola Sofia Zago con i genitori, Marco e Francesca, e il fratello Iacopo

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