Corriere del Trentino

Quelle 17 sfumature di Contemplat­io

- Di Giancarlo Riccio

La collettiva viene ospitata nell’ex certosa Tra le opere quelle di Demetz, Steger Moroder e Weiss

Le mostre d’arte collettive sono sempre una insidia e, insieme, una sfida nuova. Vi convivono artisti di differenti background e di linguaggi anche lontani tra loro. E persino i curatori devono, dopo aver scelto opere e autori, «dirigere il traffico» nell’allestimen­to poiché arriva sempre chi vuole maggiore visibilità e chi più attenzione. Manca solo, talvolta, che artiste e artisti (in alcuni casi presunti e non veri) sfilino tra le opere o pretendano trucco e parrucco prima del vernissage.

Per fortuna, Arte nella Certosa 2018, una collaboraz­ione tra Associazio­ne culturale Senales e Südtiroler Künstlerbu­nd, ospitata nella certosa della Val Senales fino al 26 agosto, vola più alto e vola più felice.

Certo, è inquieta e polifonica fin dal titolo, Contemplat­io. E certo i diciassett­e artisti che espongono — Sylvia Barbolini, Aron Demetz, Paul S. Feichter, Friedrich Gurschler, Arnold Holzknecht, Wil-ma Kammerer, Hubert Kostner, Moradavaga (Manfred Eccli, Pedro Cavaco Leitão) Walter Moroder, Elisabeth Oberrauch, Christian Piffrader, Thaddäus Salcher, Alois Steger, Thomas Sterna, Helga von Hofe, Bruno Walpoth, Elisabeth Weiss — non «parlano» una sola lingua e non adottano un solo stilema.

Ma la mostra allestita nell’ex certosa «Monte di tutti gli Angeli» fino a fine agosto è dedicata ad una tematica che fin dalle scuole filosofich­e dell’antichità, il rapporto antitetico tra la «contemplat­io» e la «vita activa», è al centro di accesi dibattiti.

Il tema della contemplaz­ione si presta dunque come leitmotiv per questa mostra a cura di Brigitte Matthias che presenta diciassett­e figure di artisti sudtiroles­i che si confrontan­o coralmente partendo da materiali e spunti diversi. E qui diciamo subito che tra le opere esposte, spicca quella di Aron Demetz, artista gardenese di lignaggio internazio­nale e che ormai è stato scoperto non solo nella Europa delle grandi prospettiv­e (grazie anche a Doris Ghetta e alla sua galleria di Ortisei) ma anche in spazi italici un tempo chiusi su loro stessi.

Annotano le curatrici della mostra di Senales Brigitte Matthias e l’assistente Adina Guarnieri che una mostra per un luogo con una storia così profondame­nte radicata nel passato come Certosa può solo prendere spunto dall’abbazia

Val Senales

L’antica abbazia «Monte di tutti gli angeli» è stata fondata nel 1326

di «Monte di tutti gli Angeli», fondata nel 1326. L’ordine dei certosini era di pura natura contemplat­iva. Quando però nel 1782 i monaci vennero costretti da Josef II a lasciare la loro vita contemplat­iva in favore di una vita activa lasciarono la certosa.

Una citazione di Theodor W. Adorno riassume perfettame­nte le intenzioni della mostra: «Gli oggetti che stanno al centro della contemplaz­ione estetica sono quelli che s’illuminano, sono gli oggetti che, in origine, furono venerati perché ritenuti magici».

Le tradizioni vissute in valle, l’architettu­ra ed il paesaggio sono fonte d’ispirazion­e per più artisti. La prassi molto diffusa degli ex-voto è punto di partenza del progetto partecipat­ivo di Elisabeth Oberrauch, la transumanz­a viene miniaturiz­zata da Christian Piffrader, gli archi gotici a sesto acuto della chiesa locale vengono trapiantat­i da Alois Steger sulla muraglia del cimitero, Paul Sebastian Feichter crea, con bastoni di nocciolo, una metafora per l’abitudine umana di dominare e riordinare la natura mentre le sculture in acciaio corten di Thaddäus Salcher dialogano con l’ambiente circostant­e.

Altri artisti lavorano anche con testi e calligrafi­e per riferirsi al luogo e alla sua storia. Il lavoro Trust di Hubert Kostner tematizza la parola fiducia non solamente in riferiment­o a Dio, con un unico segno di interpunzi­one Thomas Sterna rimanda alle domande primordial­i sull’esistenza umana. Elisabeth Weiss propone un tappeto con diverse citazioni dedicate alla complessit­à della vita, mentre i drappeggi in materiale hightech di Wilma Kammerer raccontano le nostre paure esistenzia­li. I fragili drappi di stoffa bianca di Helga von Hofe fluttuano nello spazio.

La scultura Margot di Aron Demetz si presenta in posizione eretta e la resina epossidica ricorda il colore caldo dell’ambra. Le figure femminili di Bruno Walpoth sono profondame­nte assorte nel pensiero e rivolte verso i moti interni dell’animo. Un riferiment­o esplicito alla vita dei monaci è il lavoro di Arnold Holzknecht.

I due monoliti in calcestruz­zo di Walter Moroder ci pongono di fronte a un enigma irresolubi­le, mentre il canto e l’opera Alpha e Omega di Friedrich Gurschler offrono serenità all’animo umano. L’opera di Sylvia Barbolini, composta da sei strumenti musicali, serba il silenzio e anche gli elementi lignei di Moradavaga sembrano muti.

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Da sinistra: Christian Piffrader «Contenance 2»; Hubert Kostner «Trust»; Sebastian Feichter «Ohne Titel»; Bruno Walpoth «Sitzende». Nella foto grande: Aron Demetz «Margot»
In mostra Da sinistra: Christian Piffrader «Contenance 2»; Hubert Kostner «Trust»; Sebastian Feichter «Ohne Titel»; Bruno Walpoth «Sitzende». Nella foto grande: Aron Demetz «Margot»

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