L’ASSENZA DI UN SOGNO CONDIVISO
Èpreferibile che il confronto politico costruisca un punto di equilibrio partendo dalle leadership o dai programmi? Di fronte allo stallo delle trattative il dilemma è avanzato trasversalmente tra i partiti senza produrre effetti sensibili. I programmi rischiano di diventare solo una lista a piè di pagina senz’anima, le leadership rinforzano il tratto mediatizzato e personalizzato della politica contemporanea dove alla fine la differenza rischia di transitare per il narcisismo. Allora, per ovviare a questa dicotomia così consunta, si può considerare una terza via. Muovendo da alcuni avamposti del sociale, da quei temi sui quali si avvita il dibattito politico e che la collettività ha già elaborato in sintesi culturali avanzate, aggirando steccati e concetti stantii. Il sociale non è solo il luogo delle introversioni. Bisognerebbe, cioè ripartire, da un capacità visionaria perché alla fine sono gli orizzonti ideali che spingono le persone a divenire formazioni collettive, a sollecitare un’unità inclusiva e non tattica.
Nella politica contemporanea fa difetto questa componente che una volta rendeva riconoscibili i grandi protagonisti della Storia, a qualsiasi livello. E che costruiva interlocuzioni feconde, vanificando le strategie d’interdizione o le operazioni di piccolo cabotaggio. Anche gli attori collaterali sono spesso invischiati nella trama della politica.
Perdendo le distanze, si smarrisce anche il senso del contributo che si può esprimere o si rinuncia a un traguardo più ambizioso per patteggiare un accomodamento che, prima o dopo, potrebbe tramutarsi in restituzione. Ma applicando questo schema la democrazia dell’Autonomia si è svuotata di senso, la sua partecipazione è scemata e ormai l’affluenza conosce traiettorie ascendenti solo se sospinta dalla rabbia. La crisi democratica in un territorio autonomo è quasi un’aggravante della patologia che affligge il vecchio continente.
Il cortocircuito sui nomi, l’impossibilità di recesso dalla propria candidatura, il ricatto agli alleati, le interdizioni nello stesso partito che soffocano ogni responsabilità (nel Pd è in corso da anni), le confuse alchimie ben descritte da Tristano Scarpetta (Corriere del Trentino di giovedì), dove i possibili protagonisti vengano accostati ai poli opposti, la proliferazione degli interpreti spesso destinati al ruolo di comparse o caratteristi, l’inessenzialità dei contenuti diventano così sintomi di un’impossibilità di immaginare un disegno potenzialmente più ambizioso e ampio che travalichi persino le soglie provinciali — in termini di nuove cittadinanze, di giustizia sociale, di qualità democratica, di emancipazione delle periferie e di sistema del sapere — per segnare una rotta. Diversa e spiazzante, provocatoria e radicale. La politica senza il suo portato ideale e di desiderio rischia di sciuparsi in un meccanismo reiterato di azioni convenzionali e magari giuste, ma che non smuovono le coscienze e le passioni collettive.