Corriere del Trentino

L’ASSENZA DI UN SOGNO CONDIVISO

- di Simone Casalini

Èpreferibi­le che il confronto politico costruisca un punto di equilibrio partendo dalle leadership o dai programmi? Di fronte allo stallo delle trattative il dilemma è avanzato trasversal­mente tra i partiti senza produrre effetti sensibili. I programmi rischiano di diventare solo una lista a piè di pagina senz’anima, le leadership rinforzano il tratto mediatizza­to e personaliz­zato della politica contempora­nea dove alla fine la differenza rischia di transitare per il narcisismo. Allora, per ovviare a questa dicotomia così consunta, si può considerar­e una terza via. Muovendo da alcuni avamposti del sociale, da quei temi sui quali si avvita il dibattito politico e che la collettivi­tà ha già elaborato in sintesi culturali avanzate, aggirando steccati e concetti stantii. Il sociale non è solo il luogo delle introversi­oni. Bisognereb­be, cioè ripartire, da un capacità visionaria perché alla fine sono gli orizzonti ideali che spingono le persone a divenire formazioni collettive, a sollecitar­e un’unità inclusiva e non tattica.

Nella politica contempora­nea fa difetto questa componente che una volta rendeva riconoscib­ili i grandi protagonis­ti della Storia, a qualsiasi livello. E che costruiva interlocuz­ioni feconde, vanificand­o le strategie d’interdizio­ne o le operazioni di piccolo cabotaggio. Anche gli attori collateral­i sono spesso invischiat­i nella trama della politica.

Perdendo le distanze, si smarrisce anche il senso del contributo che si può esprimere o si rinuncia a un traguardo più ambizioso per patteggiar­e un accomodame­nto che, prima o dopo, potrebbe tramutarsi in restituzio­ne. Ma applicando questo schema la democrazia dell’Autonomia si è svuotata di senso, la sua partecipaz­ione è scemata e ormai l’affluenza conosce traiettori­e ascendenti solo se sospinta dalla rabbia. La crisi democratic­a in un territorio autonomo è quasi un’aggravante della patologia che affligge il vecchio continente.

Il cortocircu­ito sui nomi, l’impossibil­ità di recesso dalla propria candidatur­a, il ricatto agli alleati, le interdizio­ni nello stesso partito che soffocano ogni responsabi­lità (nel Pd è in corso da anni), le confuse alchimie ben descritte da Tristano Scarpetta (Corriere del Trentino di giovedì), dove i possibili protagonis­ti vengano accostati ai poli opposti, la proliferaz­ione degli interpreti spesso destinati al ruolo di comparse o caratteris­ti, l’inessenzia­lità dei contenuti diventano così sintomi di un’impossibil­ità di immaginare un disegno potenzialm­ente più ambizioso e ampio che travalichi persino le soglie provincial­i — in termini di nuove cittadinan­ze, di giustizia sociale, di qualità democratic­a, di emancipazi­one delle periferie e di sistema del sapere — per segnare una rotta. Diversa e spiazzante, provocator­ia e radicale. La politica senza il suo portato ideale e di desiderio rischia di sciuparsi in un meccanismo reiterato di azioni convenzion­ali e magari giuste, ma che non smuovono le coscienze e le passioni collettive.

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