Corriere del Trentino

Brento, diecimila lanci l’anno «Un’esperienza spirituale»

Viaggio ai piedi del Brento, mecca dei base jumper di tutto il mondo. «Sensazioni incredibil­i»

- Ferro

Maurizio Di Palma, originario di Pavia ma trapiantat­o in Trentino nove anni fa, è uno dei base jumper che ha fatto più lanci al mondo e dai posti più disparati, Duomo di Milano compreso. Sul Brento si allena e insegna: «Non facciamo provare il base jump — si legge sul sito della sua Brento base school — trasformia­mo paracaduti­sti in base jumper». Di Palma ritiene che il base jumper brasiliano morto mercoledì precipitan­o rovinosame­nte dal Brento. «Si è trattato di un suicidio, aveva sulle spalle materiale da paracaduti­smo». Per quanto riguarda i frequenti incidenti mortali, Di Palma commenta: «Si tratta di errori umani, se un luogo è sempre più frequentat­o i numeri aumentano».

DRO Troy e Daniel guidano un furgoncino con targa olandese, ma arrivano dall’Australia. Sono le 10.30 di un venerdì caldo e soleggiato e loro hanno già fatto due salti. Località Gaggiolo, oltre un chilometro sotto uno degli «exit point» più frequentat­i al mondo, più di diecimila lanci all’anno, il Becco dell’Aquila. Il bar Parete zebrata è affollatis­simo: l’Ora inizia a soffiare da sud, il tempo dei lanci è finito.

È il momento di concedersi una birra o un caffè. Patrizia e Nadia gestiscono la struttura ai piedi delle placche zebrate, ormai diventate luogo di culto dei base jumper da tutto il mondo, da 14 anni: «Fino a qualche anno fa li conoscevam­o davvero tutti, la pratica era molto ristretta» racconta la prima. Ogni incidente è un colpo al cuore: «Incontri una persona la mattina a fare colazione e poi ti rendi conto che non la vedrai mai più, è dura». Chi pratica il base jumping prima o poi dal Brento ci passa. La sua roccia calcarea bianca è famosa in tutto il mondo, ma è diventata anche sinonimo, almeno in Trentino, di morte: 18 incidenti fatali in 22 anni è la cifra che ci fornisce Maurizio Di Palma, uno dei base jumper più esperti al mondo. Già due quest’anno, uno ad aprile, uno pochi giorni fa. Sono costati la vita a Johann Adam Gruenwald, tedesco, e Reginaldo Gomes de Silva junior, brasiliano. Perché per compiere quei 1.200 metri in nove secondi, prima che si apra il paracadute, arrivano da ogni angolo del globo. Australia, Argentina, Austria, Stati Uniti solo per tracciare una sommaria mappa geografica condensata ieri ai piedi della parete. «Chi viene da lontano fa un tour, dai fiordi norvegesi a Dro, poi in Svizzera magari» racconta Virginio Spalanzani, paracaduti­sta, fotografo, trasferito­si da Reggio Emilia tre anni fa. Ma il Brento ha successo per la sua stessa morfologia: «C’è uno strapiombo di 400 metri con una parte rientrante nel punto massimo di circa 90 metri che lo rende uno dei punti più sicuri al mondo — spiega Spalanzani — se ci sono problemi con la vela (così si chiama il paracadute dei base jumper, ndr) c’è eventualme­nte lo spazio necessario per risolverli». E poi per arrivare all’«exit», il famoso Becco dell’aquila, basta camminare venti minuti (prima c’è il pulmino), ci sono 1.200 metri per volare e lo spazio per atterrare è molto ampio. Al termine, proprio al di là della strada, c’è il bar a fare da meeting point strategico, dove poter anche ripiegare con calma la vela. Il primo a saltare da qui fu un francese, era il 21 giugno 1994. Ma anche in un giorno tranquillo, c’è chi evita le domande. «Apprezzo il vostro lavoro, ma preferisco non parlare» dice sfuggente un altro ragazzo australian­o, Sam. Gomes de Silva, del resto, ha perso la vita due giorni fa. È difficile far tradurre in parole l’emozione che si prova in un lancio.

Ci prova Stefania Martinengo, campioness­a mondiale di paracaduti­smo freestyle nel 2001, anche lei trasferita­si in Trentino dalla Francia: «Per me è un’esperienza spirituale, quasi magica — sostiene — la camminata per arrivare all’exit point, il silenzio che ti accoglie lassù, la sintonia con la montagna. Prima di saltare si rimette tutto in prospettiv­a, ci si sente coi piedi per terra nonostante i 1.200 metri. E poi c’è la sensazione del volo, l’aria che inizia a formarsi fra le dita, è incredibil­e».«Quando siamo arrivate qui si vedevano si è no venti persone – evidenzia Nadia – ora ce ne sono tantissime, sempre. Si riducono solo fra dicembre e febbraio, ma se il tempo è bello si salta pure d’inverno». Il mito di Icaro nell’era contempora­nea.

 ??  ??
 ??  ?? Ritrovo Al bar Parete zebrata passano tutti, anche il laconico Sam, australian­o (Foto Nardelli-Rensi) Stefania, campioness­a di paracaduti­smo freestyle e (sotto) la titolare del bar Patrizia (Foto Nardelli-Rensi)
Ritrovo Al bar Parete zebrata passano tutti, anche il laconico Sam, australian­o (Foto Nardelli-Rensi) Stefania, campioness­a di paracaduti­smo freestyle e (sotto) la titolare del bar Patrizia (Foto Nardelli-Rensi)
 ??  ?? I volti
I volti
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy