AUTONOMIA E POLITICA
Èistruttivo il confronto tra Roberto Toniatti e Paolo Pombeni (Corriere del Trentino del 19, 21, 22 luglio) intorno all’autonomia.
È istruttivo il confronto tra Roberto Toniatti e Paolo Pombeni (Corriere del Trentino del 19, 21, 22 luglio) intorno all’autonomia del Trentino e dell’Alto Adige, occasionato dalla recente proposta della Consulta trentina per la riforma dello Statuto d’Autonomia di includere nello Statuto un «preambolo» sulle ragioni dell’autonomia speciale. Secondo Toniatti il preambolo abbozzato rischia di eclissare fondamenti e ragioni plurisecolari dell’autonomia del Trentino ma anche dell’Alto Adige. Pombeni è scettico sui fondamenti politici, culturali e giuridici dell’autonomia regionale che discenderebbero da secoli di storia: «La realtà banale è che la “regione autonoma” è stata inventata dall’accordo De Gasperi-Gruber e poi recepita dalla Costituzione repubblicana» per risolvere la controversia ereditata dalla prima guerra mondiale («il confine italiano al Brennero»). Questa circostanza fondativa della regione autonoma è innegabile. Condivisibile è pure che «la presenza di esperienze passate di capacità di autogoverno non è una ragione sufficiente per sostenere autonomie speciali»: se lo fosse dovremmo «dare ancora maggiore autonomia a Venezia che come repubblica ha una storia piuttosto “pesante”», o a Firenze. Toniatti insiste: «Il passato conta (basta leggere un po’ di preamboli di costituzioni nazionali e subnazionali per rendersene conto)»; e aggiunge che l’accordo De Gasperi-Gruber ha inventato la «regione autonoma», ma non l’autonomia.
Per Toniatti «il senso dell’autonomia odierna va collegato…all’esperienza plurisecolare di autogoverno tenendo conto della peculiarità degli assetti pre-moderni». Contesta che «l’originalità dell’assetto territoriale di governo del quale abbiamo necessità per il futuro» stia tutta nei lavori dell’Assemblea costituente o nella revisione dello Statuto del 1972. Pombeni non comprende «perché non si riconosca che proprio la natura nuova di questo tipo di autonomia è la peculiarità e il vanto della nostra storia recente e che ci dà più identità ricordare che siamo riusciti a risolvere pacificamente tensioni che non lasciarci andare a fantasie su comunità più o meno magnifiche».
Allora: le ragioni dell’autonomia speciale stanno in un lungimirante accordo politico legato a una congiuntura pragmatica relativamente recente oppure sono radicate in una più lunga storia culturale e giuridica di pratiche di autonomia e autogoverno territoriale? Nel sondaggio sull’autonomia speciale promosso un paio d’anni fa dalla presidenza del Consiglio provinciale di Trento, alla domanda su quale fosse l’origine dell’autonomia i trentini hanno risposto: anzitutto «storia secolare» (46,5%); e poi «accordi e negoziati» (31%). Per quanto possa valere, è un dato che suggerisce quanto sia diffusa nella comunità trentina l’idea che l’autonomia trovi origini nella storia «lunga», ma anche quanto essa ritenga importanti accordi e negoziati più recenti. Quest’orientamento dei trentini, a torto o a ragione, è oggi tratto identitario della comunità locale: sarebbe avventato trascurarlo. Le ragioni dell’autonomia speciale hanno un carattere bi-focale.
Primo fuoco. Le attuali Regioni e Province a statuto speciale sono esempi di un fenomeno europeo che il politologo norvegese Rokkan ha chiamato «sopravvivenza delle identità periferiche». Nella sua mappa geopoliticoidentitaria dell’Europa, il cui cuore è la struttura politico-territoriale «centriperiferie», alle Regioni e Province «speciali» dell’Italia repubblicana viene riconosciuto lo status di «periferie storico-identitarie».
Secondo fuoco. La congiuntura critica 194346 vede in Italia il protagonismo di istanze autonomistiche radicate nella storia che spingono alla nascita delle «regioni speciali», che sono quelle che riescono a far valere «al momento giusto» sia la loro lunga vicenda storica, sia i problemi di uno Stato-nazione che, in quella fase, cerca soluzioni alla sua crisi politica, territoriale, istituzionale. Tra la fine della seconda guerra mondiale e la nascita della repubblica l’Italia è in una congiuntura di crisi, in un contesto di «eccezionalità politica», di «stato di eccezione» direbbe Schmitt: lo Stato-nazione rischia la sua configurazione politica e territoriale e cerca risposte per ricostituirsi. Qui entrano in gioco, a seconda dei casi, il carattere plurietnico-linguistico di un territorio, la sua collocazione periferica in delicati e contestati confini internazionali, le tradizioni insulari contrapposte al continente, le tendenze separatistiche o annessionistiche, i nodi irrisolti dell’appartenenza nazionale o del riconoscimento dell’autorità dello Stato.
Le ragioni del perché la Costituzione italiana ha conferito autonomia speciale ad alcune e determinate aree territoriali richiamano il fatto che «le costituzioni non sono scritte su pergamene vergini» (Clavero): la struttura politico-istituzionale degli Stati costituzionali riflette punti di equilibrio nel conflitto tra Stati-nazione tesi a espropriare i «diritti storici delle comunità territoriali», da un lato, e «periferie storico-identitarie» che resistono o rivendicano autonomia, dall’altro. Alle spalle degli statuti speciali italiani troviamo, cioè, dinamiche politiche tra «centro» e «periferie» sedimentate nella storia, rimaste latenti in alcune fasi, mai comunque tramontate e, alla fine, ripoliticizzate con efficacia da soggetti politici durante congiunture critiche a loro favorevoli.
Ma sullo sfondo di questo carattere bifocale delle ragioni dell’autonomia speciale si colloca la questione centrale (richiamata en passant da Toniatti) che investe tanto il passato quanto il futuro: la distinzione tra «regione autonoma» intesa come forma di decentramento amministrativo dello Stato e «autonomia» intesa come forma di autogoverno politico, impregnata di retaggi storici e della natura «pattizia» del legame tra Stato centrale e periferie «speciali». Oltre che sulla storicità, più o meno profonda, dell’autonomia, nel riscrivere lo Statuto ci si dovrebbe interrogare sulla politicità o meno della «specialità». È sulla natura del fondamento politico dell’autonomia speciale che si giocherà, prima o poi, la sfida decisiva per il futuro del Trentino (e dell’Alto Adige).