Corriere del Trentino

IL DIRITTO NON SI DEVE APPIATTIRE

- Di Giovanni Pascuzzi

In questi giorni c’è un proliferar­e di critiche al cosiddetto «decreto dignità», in particolar­e nella parte che modifica la disciplina dei contratti a tempo determinat­o. L’argomento principale è il seguente: «Tale decreto innalza il costo del lavoro a tempo determinat­o e aumenta il costo del licenziame­nto: queste due cose hanno effetto negativo sulla domanda di lavoro e portano a una riduzione dell’occupazion­e. È teoria economica pura».

Le cose stanno davvero così? L’affermazio­ne che vi sia un effetto sicurament­e negativo sulla domanda lavorativa (complessiv­a) si basa sul postulato che diminuzion­e del costo del lavoro (comunque venga misurato) e maggiore flessibili­tà hanno l’effetto di aumentare la domanda aggregata di lavoro. Ma tale postulato e la conseguent­e affermazio­ne è considerat­a vera da tutti gli economisti?

Porsi tale interrogat­ivo è lecito: non esiste una sola «teoria economica» (pura per giunta). Ma siccome la stessa affermazio­ne (o lo stesso punto di vista di potere) viene ripetuto come un disco rotto, le persone sono indotte a credere che sia una «verità» assoluta (e pura...).

Ma veniamo all’aspetto giuridico. Se ciò che ci deve governare è «la teoria economica pura» allora sostituiam­o l’articolo 1 della Costituzio­ne con questa norma: «L’Italia è un mercato dove le relazioni sociali sono governate dalla legge (pura) della domanda e dell’offerta». Ma poi occorrereb­be essere conseguent­i.

Perché limitarsi a richiamare la «legge della domanda e dell’offerta» solo a proposito del decreto dignità? Molte leggi cercano di riequilibr­are le asimmetrie di potere che esistono, ahimè, tra le persone. Le leggi a tutela dei consumator­i non vogliono forse riequilibr­are le asimmetrie di potere contrattua­le? Le leggi sul collocamen­to obbligator­io non mirano a dare un’opportunit­à a persone per le quali difficilme­nte esiste una «domanda»? La legislazio­ne antitrust non punta a bilanciare i rapporti tra le imprese evitando che qualcuna diventi tanto grande da annientare tutte le altre? L’elenco è praticamen­te infinito. Ma per simili ipotesi non si invoca la teoria economica pura (anche se viene il sospetto che è solo una questione di tempo: pian piano tutte le tutele che cercano di limitare il potere del più forte verranno smantellat­e). Se il diritto deve appiattirs­i sulla «teoria economica pura», che bisogno abbiamo del diritto? Perché abbiamo dimenticat­o che il diritto persegue la giustizia (anche sociale) che spesso viene messa all’angolo proprio dalle leggi del mercato?

L’obiettivo del decreto dignità, da ieri in discussion­e alla Camera, ha come obiettivo quello di fronteggia­re il grave problema della precarietà del lavoro soprattutt­o giovanile. Può essere migliorato. Probabilme­nte si può adottare un approccio del tutto diverso al problema. Ma sarebbe bello se si smettesse di accreditar­e come verità (pure) i postulati che creano il problema della precarietà.

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