IL DIRITTO NON SI DEVE APPIATTIRE
In questi giorni c’è un proliferare di critiche al cosiddetto «decreto dignità», in particolare nella parte che modifica la disciplina dei contratti a tempo determinato. L’argomento principale è il seguente: «Tale decreto innalza il costo del lavoro a tempo determinato e aumenta il costo del licenziamento: queste due cose hanno effetto negativo sulla domanda di lavoro e portano a una riduzione dell’occupazione. È teoria economica pura».
Le cose stanno davvero così? L’affermazione che vi sia un effetto sicuramente negativo sulla domanda lavorativa (complessiva) si basa sul postulato che diminuzione del costo del lavoro (comunque venga misurato) e maggiore flessibilità hanno l’effetto di aumentare la domanda aggregata di lavoro. Ma tale postulato e la conseguente affermazione è considerata vera da tutti gli economisti?
Porsi tale interrogativo è lecito: non esiste una sola «teoria economica» (pura per giunta). Ma siccome la stessa affermazione (o lo stesso punto di vista di potere) viene ripetuto come un disco rotto, le persone sono indotte a credere che sia una «verità» assoluta (e pura...).
Ma veniamo all’aspetto giuridico. Se ciò che ci deve governare è «la teoria economica pura» allora sostituiamo l’articolo 1 della Costituzione con questa norma: «L’Italia è un mercato dove le relazioni sociali sono governate dalla legge (pura) della domanda e dell’offerta». Ma poi occorrerebbe essere conseguenti.
Perché limitarsi a richiamare la «legge della domanda e dell’offerta» solo a proposito del decreto dignità? Molte leggi cercano di riequilibrare le asimmetrie di potere che esistono, ahimè, tra le persone. Le leggi a tutela dei consumatori non vogliono forse riequilibrare le asimmetrie di potere contrattuale? Le leggi sul collocamento obbligatorio non mirano a dare un’opportunità a persone per le quali difficilmente esiste una «domanda»? La legislazione antitrust non punta a bilanciare i rapporti tra le imprese evitando che qualcuna diventi tanto grande da annientare tutte le altre? L’elenco è praticamente infinito. Ma per simili ipotesi non si invoca la teoria economica pura (anche se viene il sospetto che è solo una questione di tempo: pian piano tutte le tutele che cercano di limitare il potere del più forte verranno smantellate). Se il diritto deve appiattirsi sulla «teoria economica pura», che bisogno abbiamo del diritto? Perché abbiamo dimenticato che il diritto persegue la giustizia (anche sociale) che spesso viene messa all’angolo proprio dalle leggi del mercato?
L’obiettivo del decreto dignità, da ieri in discussione alla Camera, ha come obiettivo quello di fronteggiare il grave problema della precarietà del lavoro soprattutto giovanile. Può essere migliorato. Probabilmente si può adottare un approccio del tutto diverso al problema. Ma sarebbe bello se si smettesse di accreditare come verità (pure) i postulati che creano il problema della precarietà.