I medici e l’immigrazione: stupri, torture, depressioni
L’onlus: «Clima ostile verso gli stranieri. Percorso nascita, più inclusione»
TRENTO Il 30% delle persone che ha subito violenze presenta un disturbo post-traumatico da stress. In tanti affiora la depressione legata alla propria odissea e all’incertezza che li avvolge. L’insonnia è una compagna di letto. Altri ancora devono misurarsi con ferite incolmabili. «La maggior parte delle donne che provengono dai campi della Libia sono state stuprate» dice con un filo di voce Elisabetta Cescatti. Sono queste le storie e le patologie che si ripetono negli ambulatori dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari dove medici e infermieri volontari del Gruppo immigrazione e salute (Gris) del Trentino garantiscono assistenza ai richiedenti asilo arrivati sul territorio provinciale. Un lavoro di frontiera che coniuga salute, diritti e inclusione in una società spesso disattenta o ostile al tema delle persone emarginate.
«No alle denunce»
Del resto il Gris del Trentino — costituito nel 1994 e diventato onlus nel 2009, affiliato alla Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm) — ha la sua ragione sociale nella difesa dell’articolo 32 della Costituzione secondo il quale «la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». «Questo fa il paio con il nostro codice deontologico che impone ai medici di curare chiunque, anche i clandestini che non devono essere denunciati» spiega Gianpaolo Rama, presidente del Gris provinciale e medico delle cure palliative da poco in pensione. Il Gris si occupa prevalentemente di formazione in tema di medicina dei migranti e fa advocacy, cioè si preoccupa di sensibilizzare le istituzioni politiche e sanitarie affinché i bisogni della popolazione migrante possano ricevere un’adeguata soddisfazione. «Aggiungerei che l’obiettivo è di fare in modo che il servizio pubblico mantenga i suoi presidi — aggiunge — evitando di cedere pezzi all’offerta lucrativa del privato. Purtroppo la tendenza non è positiva».
L’ambulatorio
Dall’inizio dell’anno il Gris gestisce anche un servizio ambulatoriale ad hoc di medicina generica (mercoledì pomeriggio a Rovereto e giovedì a Trento) e di ginecologia (venerdì a Rovereto e mercoledì a Trento) con un servizio di mediazione linguistica-culturale rivolto ai richiedenti asilo. Complessivamente sono cinquanta gli operatori volontari di cui 28 medici, 16 infermieri, 6 ostetriche. Nel primo semestre 2018 sono state effettuate 167 visite (68 di medicina generica e 99 di ginecologia), numeri non eccessivi legati anche alla diminuzione dei richiedenti asilo e alla novità di un servizio non conosciuto ancora a tutti. Nonostante il Gris difenda il diritto alla salute di tutta la popolazione migrante della provincia, anche quella stabile, la sua ragione sociale sono i richiedenti asilo che non hanno ancora ricevuto la tessera sanitaria. Ma ci sono anche Stranieri temporaneamente presenti (Stp, cioè gli irregolari) e gli Europei non iscritti (Eni, in prevalenza rumeni, bulgari e polacchi). Per una scelta inclusiva della Provincia, gli Stp possono rivolgersi ai medici di base per visite e cure, ma il servizio stenta a decollare per l’assenza della mediazione linguistica-culturale. «Da anni chiediamo alla Provincia di colmare questo vuoto» precisa Cescatti, ginecologa e past-president del Gris.
Le violenze
Le storie che si schiudono negli ambulatori sono spesso al limite dell’ascolto. «Le maggior parte delle donne transitate dalla Libia sono state stuprate. Alcune di queste hanno con sé i figli nati da quelle violenze. Recentemente abbiamo registrato la vicenda di un’adolescente, stuprata all’età di dieci anni nei campi libici. Era lì con tutta la famiglia e i responsabili del campo hanno lasciato loro la scelta: “O la mamma o la figlia”. Ovviamente queste ragazze, oltre al trauma e ai pesanti risvolti psicologici, hanno difficoltà a recuperare una vita sessuale normale». Un altro fronte è quello delle mutilazioni genitali e delle torture che il Gris certifica per conto della Commissione territoriale incaricata di pronunciarsi sulle richieste di protezione internazionale. «In questi mesi abbiamo avuto 7-8 casi, soprattutto provenienti da Mali, Costa d’Avorio, Eritrea e Egitto. La mutilazione genitale è una delle condizioni per la richiesta di asilo e spesso coinvolge anche le figlie di queste giovani perché correrebbero il rischio, tornando nel Paese di origine, di essere sottoposte ad un analogo trattamento».
La violenza è il trait d’union dei racconti. «Alcuni dei richiedenti asilo che ho visitato — interviene Rama — presentavano ferite perché venivano legati e torturati. Le ustioni, da sigaretta ma non solo, sono le più frequenti, altri portano le cicatrici perché sono stati bastonati. Per loro rivivere queste situazioni è molto doloroso per tale ragione la dimensione ambulatoriale che gestiamo può consentire loro di aprirsi gradualmente». Uno dei problemi sanitari più diffusi diagnosticati dai medici del Gris è la depressione. «Si associa alla loro situazione d’incertezza, al timore di non avere un avvenire. Ovviamente hanno un peso il passato e gli obblighi che si sentono di dover adempiere verso i parenti. Il 30% di chi ha vissuto episodi di violenza evidenzia un disturbo posttraumatico da stress» prosegue Rama senza trascurare il fardello dei loro viaggi della disperazione: «A Marco di Rovereto ricordo di un minore che viaggiava insieme ai due fratelli. Li ha visti entrambi morire nel naufragio del loro barcone perché erano nella stiva. Gli operatori del Cinformi gli diedero un telefono per comunicare la notizia a casa».
Contraccezione
Tra le altre patologie, figurano poi le polmoniti, le infezioni delle vie aeree, dermatiti. Nell’ambulatorio di ginecologia si valutano fibromi uterini e infezioni, ma anche gravidanze e contraccezioni. «Molte ragazze sono in un’età in cui desiderano testare la loro fertilità, è importante dunque educare alla contraccezione. Le sensibilizziamo all’utilizzo di pillole e spirali anche se il metodo preferito è l’impianto sottocutaneo che ha una validità di tre anni» osserva Cescatti.
Punti deboli
Nel primo semestre del 2018 l’attività ha anche evidenziato alcune lacune. La disponibilità della mediazione linguistico-culturale non sempre è presente — sono stati 33 gli interventi, per 30 ore complessive — e ci sono state difficoltà di interlocuzione per le lingue bangla, urdu, tigrino, wolof e bambara. Un altro neo è il non facile inserimento delle gestanti nel Percorso nascita provinciale. «Il servizio è rivolto solo alle residenti — sottolinea Cescatti — e non tutte le richiedenti asilo hanno la residenza perché occorrono
Rama
Il 30% delle persone che ha subito violenze presenta un disturbo post-traumatico da stress
Cescatti
Tante donne transitate in Libia sono state violentate. Anche una bambina di dieci anni
anche mesi per averla. Credo che il rilascio debba essere semplificato per poterle includere nel percorso ed evitare una ghettizzazione. Sono donne fragili». Infine, si è verificato qualche caso di mancata esenzione del ticket per minori stranieri non accompagnati.
«Più in generale temiamo che il clima di ostilità nei confronti dello straniero — concludono Cescatti e Rama — si ripercuota anche qui a livello sociale o nelle scelte politiche o di qualche funzionario. Abbiamo avuti casi agli sportelli dell’ospedale di migranti che avevano diritto all’esenzione del ticket perché indigenti e che si sono sentiti rinfacciare che agli italiani non è consentito. Ovviamente è falso perché il servizio sanitario garantisce cure gratuite a chi vive in povertà».