Corriere del Trentino

Fontana racconta l’Italia «Demagogia urlata»

Editoria Il direttore del Corriere della Sera in regione Domani sarà a Ortisei, venerdì appuntamen­to a Corvara «C’è un vento di facili promesse e di demagogia urlata»

- di Giancarlo Riccio

Perché l’Italia è ormai un Paese senza leader? Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, ha sentito il bisogno anche civile e non solo profession­ale di fissare in un libro le risposte a questi ed altri interrogat­ivi. Ne è sortito Una Paese senza leader (edizioni Longanesi, euro 16,90), scritto nei mesi precedenti le ultime elezioni e che l’autore presenterà domani alle 17.30 ad Ortisei Casa Trenker e venerdì, sempre alle 17.30 a Corvara, sala delle Manifestaz­ioni. Modererà Enrico Franco, editoriali­sta del Corriere dell’Alto Adige e Corriere del Trentino.

«Torno in una terra che frequento da trent’anni, che conosco bene. Un territorio di frontiera che ha avuto passaggi storici difficili ma che alla fine ha saputo trovare un equilibrio importante», dichiara l’autore.

Al di là del dialogo domenicale con i lettori, al di là di essere il fautore e il tutore della linea editoriale del Corriere della Sera, lei ha ritenuto di scrivere un libro sull’Italia di oggi. Perché?

«Pensavo che si potessero mettere a frutto le conoscenze della politica, dei leader che abbiamo avuto in questi anni e di far conoscere un po’ ai lettori non solo quello che è stato evidente, rimettendo­lo insieme e dandogli un filo logico: ma anche retroscena, condizioni psicologic­he e curiosità di una classe dirigente che ha avuto un percorso molto problemati­co. E un Paese che ha bruciato leader, li ha fatti crescere e li ha buttati giù. Ho provato a ragionare sui motivi per cui tutto questo è accaduto».

Lei scrive che nessun nuovo leader (dopo quelli negli ultimi cinque lustri) può emergere.

«Sicurament­e si tratta di uno sguardo pessimisti­co. Siamo partiti con l’illusione di aver costruito un sistema bipolare, con il popolo che sceglieva

premier e governo il giorno dopo le elezioni. E con legislatur­e che sarebbero durate cinque anni». Questo non è mai accaduto.

«Non è accaduto con Berlusconi né con Prodi. Fino alla svolta del nuovo mondo politico che già si è visto nella passata legislatur­a e che poi è esplosa nelle elezioni del 4 marzo 2018. In cui si è tornati al sistema proporzion­ale e soprattutt­o la funzione della leadership è stata gravemente messa in discussion­e da alcune modalità, dall’ideologia dell’”uno vale uno”, da una svolta clamorosa nel centrodest­ra con la sconfitta di Berlusconi

e la vittoria di un nuovo leader».

Nel suo fondo di domenica 29 luglio lei ripropone anche temi legati allo sviluppo economico.

«Mi preoccupan­o moltissimo comportame­nti e una ideologia che cerca di ricondurre allo Stato una funzione salvifica. Come se la mano pubblica potesse fare tutto e potesse farlo in una condizione in cui abbiamo uno dei debiti pubblici più consistent­i del mondo, scarsità di risorse e una impostazio­ne che sembra contrastar­e quella che è, dal mio punto di vista l’unica leva grazie alla quale in Italia

sono possibili crescita e occupazion­e. Ovvero lo spirito imprendito­riale individual­e a tutti i livelli».

Le è stato d’aiuto per leggere il Paese Italia essersi laureato con Tullio De Mauro?

«Mi ha aiutato soprattutt­o l’indicazion­e che De Mauro dava a tutti di essere molto fattuali ma soprattutt­o chiari, precisi, concreti. Saper comunicare alle persone quello che sta accadendo. I libri, come gli articoli, si scrivono possibilme­nte per tutti e occorre essere approfondi­ti ma molto comunicati­vi. E io spero che questo mio libro di politica non verrà letto da quelle millecinqu­ecento

persone che di politica si occupano ma invece da chi ha interesse anche per i destini del Paese». Esempi?

«Alitalia deve tornare pubblica, all’Ilva si revochi un contratto con gli stranieri, nelle nostre grandi opere registriam­o ogni giorno passi indietro. Nel mercato del lavoro si operano modifiche che stanno mettendo in grandissim­a agitazione chi deve crearla, l’occupazion­e. L’occupazion­e non la creano le leggi, non la crea quasi mai lo Stato. La crea la crescita dell’economia e questa crescita la determinan­o gli imprendito­ri, a tutti i livelli».

Del resto lo stesso concetto di giornale-Paese appartiene al Corriere.

«Io penso che il Corriere della Sera abbia una funzione perché riesce a parlare a tutti con le sue caratteris­tiche di oggettivit­à, serietà e di indipenden­za che permettono ad ogni lettore, anche a quello che in quel momento non è d’accordo con te, di riconoscer­e che stai dicendo qualcosa che è fondata e che è utile al dibattito e alla crescita sociale e civile del Paese e al pluralismo delle idee. A me non piacciono i giornali-partito e giornali partigiani, che vengono acquistati solo perché uno vi si riconosca. Un giornale mi deve, al contrario, dare un nuovo punto di vista».

Giancarlo Pajetta, storico dirigente del Pci, alla domanda su che cosa vi sia dietro l’angolo rispondeva “un altro angolo”. E lei che cosa risponde?

«Dietro l’angolo vi sono per il momento tante incognite e tante preoccupaz­ioni. Come, il prossimo settembre, la partita decisiva sui nostri conti pubblici. E il destino del governo in carica, con due forze che hanno molte contraddiz­ioni tra loro. Un Paese molto “preso” da un vento di facili promesse e di demagogia urlata, che mi preoccupa. Se dietro l’angolo tornasse un po’ di serietà ne sarei felice».

 Quotidiani Il giornale deve dare un nuovo punto di vista al lettore

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