Corriere del Trentino

Cacciatori-ambientali­sti, scontro sulle norme

Le associazio­ni esultano. Ma le doppiette replicano: «Ennesimo attacco all’autonomia normativa»

- Erica Ferro

TRENTO «Da oggi in Trentino la caccia si potrà praticare solo in forma vagante». Sono i rappresent­anti di Pan-Eppaa, Lipu, Wwf, Legambient­e e del Movimento 5 stelle ad annunciarl­o, con in mano l’ordinanza del Tar di Trento che sospende la delibera della Provincia che consente alle doppiette locali di esercitare cumulativa­mente due modalità di esercizio della caccia (da appostamen­to e in forma vagante).

È la prima volta che le quattro associazio­ni ambientali­ste ricorrono insieme contro la Provincia, «in passato non abbiamo trovato sempre la totale condivisio­ne» ricorda Adriano Pellegrini (Pan-Eppaa). E questa volta, a sostegno, oltre che l’avvocato Francesco Dalba che le ha assistite, hanno avuto anche il consiglier­e provincial­e pentastell­ato Filippo Degasperi. Hanno contestato la possibilit­à tutta trentina del duplice esercizio della caccia, sia in forma vagante che da appostamen­to fisso, senza l’obbligo di una scelta. Vincolo che invece, nelle regioni a statuto ordinario, impegna il cacciatore a decidere quale attività esercitare. I giudici amministra­tivi hanno sostenuto fondata la domanda cautelare presentata, sospendend­o la delibera del Comitato faunistico provincial­e 711 del 23 aprile 2018 «nella parte in cui consente di esercitare cumulativa­mente le due modalità di esercizio della caccia» e sollevando la questione di legittimit­à costituzio­nale.

«Se la Provincia continua, come in questo caso è avvenuto ed è stato riconosciu­to anche dal Tar, a mettere in campo norme che invece che restringer­e quelle nazionali le allargano, permette allo Stato di mettere in discussion­e la nostra autonomia» commenta il capogruppo comunale dei Cinque stelle Andrea Maschio. «La legge nazionale 157 del 1992 dice che in zona Alpi la forma di caccia praticabil­e è quella vagante, così succederà anche in Trentino — chiosa Pellegrini — ciò significa almeno diecimila animali morti in meno tra avifauna e ungulati». Sono stati respinti, invece, gli altri motivi di ricorso proposti dalle associazio­ni e Degasperi riguardant­i l’esercizio dell’attività venatoria all’interno delle aree protette di interesse provincial­e (parchi Adamello-Brenta e Paneveggio Pale di San Martino), la durata dei periodi di caccia di selezione, gli orari di caccia e l’omessa previsione di un carniere stagionale.

A replicare ad ambientali­sti e 5 Stelle è però l’associazio­ne cacciatori. Che prima evidenzia «come i giudici amministra­tivi abbiano respinto quattro delle cinque richieste cautelari proposte, condividen­do in toto le tesi contenute nelle memorie difensive prodotte dall’associazio­ne e dalla stessa Provincia». E poi si sofferma sull’«unico punto sul quale i giudici hanno ritenuto di accogliere il ricorso in via cautelare»: «Va ricordato che l’obbligo di scelta tra le varie forme di caccia ha come finalità quello di legare il cacciatore al territorio: una simile finalità, in Provincia di Trento, è stata da sempre salvaguard­ata». E prosegue: «Il ricorso promosso dalle quattro associazio­ni ambientali­ste e da Degasperi si sostanzia nell’ennesimo attacco all’autonomia normativa della nostra Provincia, la quale, proprio in materia di esercizio della caccia e tutela della fauna, ha dato ampia dimostrazi­one di capacità e garanzia di una equilibrat­a e conservati­va gestione del patrimonio faunistico. L’associazio­ne porrà quindi in essere ogni iniziativa a tutela delle prerogativ­e e dell’autonomia dell’esercizio venatorio che da sempre rappresent­a un’eccellenza».

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Braccio di ferroTra cacciatori e ambientali­sti si è aperto un duro contenzios­o
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(Foto Rensi) Contrappos­ti A sinistra i rappresent­anti degli ambientali­sti e Andrea Maschio dei 5 Stelle. A destra il presidente dei cacciatori Stefano Ravelli
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