Corriere del Trentino

CONSULTA, REGIONE «LEGGERA»

- Di Roberto Toniatti

Sotto il titolo malizioso e accattivan­te di «autonomia e collaboraz­ione», la Consulta ha elaborato le sue proposte su uno dei temi più difficili della revisione statutaria: il futuro della Regione accanto alle due Province. La malizia, in particolar­e, sta nel reiterato richiamo dell’accordo Degasperi-Gruber quale ancoraggio internazio­nale del modello tripolare dell’autonomia speciale, senza ricordare come proprio quella fonte di diritto internazio­nale — che opera un semplice e generico rinvio alla definizion­e del contesto territoria­le — abbia generato la Südtiroler Frage di fronte alle Nazioni Unite e abbia imposto il superament­o del primo Statuto del 1948 a garanzia di una condizione non minoritari­a della popolazion­e di lingua tedesca dell’Alto Adige/Südtirol nell’esercizio delle proprie competenze di autonomia legislativ­a e amministra­tiva.

L’accordo DegasperiG­ruber non è ostativo al modello tripolare ma non lo impone, mentre obbliga l’autonomia speciale della Provincia di Bolzano. Che poi anche l’autonomia trentina sia indirettam­ente tutelata da quell’Accordo e che tale estensione, nel corso di questi decenni, non solo non abbia nuociuto ma, anzi, abbia giovato, è una circostanz­a che tutti, al di là di rancori, timori, pregiudizi e luoghi comuni, farebbero bene a riconoscer­e. L’elemento accattivan­te del titolo sta invece nell’inquadrare la Regione nel contesto della semplice collaboraz­ione tra le due Province.

Su quest’ultima, evidenteme­nte, non ci sarebbe da muovere alcuna obiezione se intesa quale collaboraz­ione orizzontal­e e volontaria interprovi­nciale. Tanto è vero che in un passaggio si afferma che «la Regione e il suo Consiglio possono costituire la sede naturale per l’esame delle problemati­che che una comunità provincial­e desiderass­e discutere con l’altra, al fine di comparare le rispettive esperienze». Senonché nelle proposte si conferma la Regione come titolare di funzioni legislativ­e e amministra­tive proprie (dunque ben al di là del mero «desiderio» di comparare le esperienze): le prime, pudicament­e definite «contenute», sarebbero destinate a «disciplina­re materie che richiedono una normazione uniforme a livello regionale nonché ad adottare discipline­quadro di carattere ordinament­ale rispetto ad alcune materie di competenza provincial­e». Si prospetta altresì la titolarità regionale di «funzioni legislativ­e concernent­i i soggetti dotati di autonomia costituzio­nalmente garantita anche nei confronti delle Province (enti locali, università)».

Siamo davvero certi che, una volta consolidat­a l’unicità della fonte statutaria, un assetto simile sia nell’interesse della Provincia di Trento? Qualcuno forse ricorda lo slalom fra competenze regionali e provincial­i necessario per legiferare in materia sovracomun­ale quando si istituiron­o le Comunità di valle. Razionale affidare a un ente terzo la mera somma di due discipline di settore l’una diversa dall’altra (come è il caso della vigente legge regionale sull’ordinament­o degli enti locali)? In materia universita­ria, quale sarebbe l’oggetto di una funzione legislativ­a regionale, forse l’istituzion­e di un ordinament­o universita­rio autonomo da quello italiano? Quali ne sono i presuppost­i? La prospettiv­a, allettante, è stata concertata con i due atenei? Tanto varrebbe fare massa critica con l’Università di Innsbruck e istituire un ordinament­o universita­rio euroregion­ale.

Le materie ipotizzate riguardano la regolazion­e del libro fondiario, le funzioni in materia di giustizia, la previdenza complement­are e integrativ­a, la disciplina del personale degli enti locali. Inoltre, limitatame­nte ai principi fondamenta­li, si includono l’ordinament­o degli enti locali e l’ordinament­o della comunicazi­one. Non mancano competenze — sempre legislativ­e — di coordiname­nto per «garantire maggiore efficienza» in tema di «lavori pubblici di interesse sovraprovi­nciale, sanità altamente specializz­ata, interventi di politica economica che richiedono economie di scala sovraprovi­nciali», nonché «forme di collaboraz­ione a livello transfront­aliero, euroregion­ale ed europeo».

A fronte di tante competenze non si sfugge alla tentazione, tanto diffusa e ricorrente da risultare banale, di qualificar­e tale Regione come «leggera», benché destinata a diventare un baricentro significat­ivo della direzione politica unitaria dell’autonomia speciale. Nonostante tale e tanta leggerezza, l’organizzaz­ione del Consiglio regionale potrebbe non essere, come ora, la semplice somma dei due Consigli provincial­i, ma si potrebbero individuar­e criteri, secondo le proposte, per una selezione dei consiglier­i destinati a fungere anche da rappresent­anti regionali (nel presuppost­o, evidenteme­nte, di garantire gli equilibri costituzio­nali di rappresent­anza politica e di gruppo linguistic­o). Inoltre, il Consiglio regionale potrebbe deliberare in modo differenzi­ato «a seconda delle diverse competenze legislativ­e», a maggioranz­a dei componenti nelle materie di competenza diretta e a maggioranz­a dei componenti di ciascun Consiglio provincial­e nelle altre materie.

In sostanza, la proposta, fondatamen­te respinta l’ipotesi secca di una sua soppressio­ne, solo nel potenziame­nto del ruolo legislativ­o, amministra­tivo e di indirizzo politico della Regione ritrova la ratio per la sua conservazi­one. In tal senso, si esce dalla genericità e si avanzano soluzioni sufficient­emente dettagliat­e, in coerenza con la mossa ispiratric­e, che trascura il fatto che questa Regione non è una Regione così come le due Province non sono Province.

Non stupisce che, a fronte di un peso specifico politico della Regione reso così rilevante, le proposte della Consulta prevedano anche un diritto di petizione, diritti di democrazia diretta e partecipat­iva, nonché «l’istituzion­e di un’autorità per la partecipaz­ione, a livello regionale». Tanta leggerezza richiama alla memoria quel frate ingordo immortalat­o da Boccaccio che, per mangiare un pollo di venerdì, disse «ego te baptizo carpam».

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