CONSULTA, REGIONE «LEGGERA»
Sotto il titolo malizioso e accattivante di «autonomia e collaborazione», la Consulta ha elaborato le sue proposte su uno dei temi più difficili della revisione statutaria: il futuro della Regione accanto alle due Province. La malizia, in particolare, sta nel reiterato richiamo dell’accordo Degasperi-Gruber quale ancoraggio internazionale del modello tripolare dell’autonomia speciale, senza ricordare come proprio quella fonte di diritto internazionale — che opera un semplice e generico rinvio alla definizione del contesto territoriale — abbia generato la Südtiroler Frage di fronte alle Nazioni Unite e abbia imposto il superamento del primo Statuto del 1948 a garanzia di una condizione non minoritaria della popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige/Südtirol nell’esercizio delle proprie competenze di autonomia legislativa e amministrativa.
L’accordo DegasperiGruber non è ostativo al modello tripolare ma non lo impone, mentre obbliga l’autonomia speciale della Provincia di Bolzano. Che poi anche l’autonomia trentina sia indirettamente tutelata da quell’Accordo e che tale estensione, nel corso di questi decenni, non solo non abbia nuociuto ma, anzi, abbia giovato, è una circostanza che tutti, al di là di rancori, timori, pregiudizi e luoghi comuni, farebbero bene a riconoscere. L’elemento accattivante del titolo sta invece nell’inquadrare la Regione nel contesto della semplice collaborazione tra le due Province.
Su quest’ultima, evidentemente, non ci sarebbe da muovere alcuna obiezione se intesa quale collaborazione orizzontale e volontaria interprovinciale. Tanto è vero che in un passaggio si afferma che «la Regione e il suo Consiglio possono costituire la sede naturale per l’esame delle problematiche che una comunità provinciale desiderasse discutere con l’altra, al fine di comparare le rispettive esperienze». Senonché nelle proposte si conferma la Regione come titolare di funzioni legislative e amministrative proprie (dunque ben al di là del mero «desiderio» di comparare le esperienze): le prime, pudicamente definite «contenute», sarebbero destinate a «disciplinare materie che richiedono una normazione uniforme a livello regionale nonché ad adottare disciplinequadro di carattere ordinamentale rispetto ad alcune materie di competenza provinciale». Si prospetta altresì la titolarità regionale di «funzioni legislative concernenti i soggetti dotati di autonomia costituzionalmente garantita anche nei confronti delle Province (enti locali, università)».
Siamo davvero certi che, una volta consolidata l’unicità della fonte statutaria, un assetto simile sia nell’interesse della Provincia di Trento? Qualcuno forse ricorda lo slalom fra competenze regionali e provinciali necessario per legiferare in materia sovracomunale quando si istituirono le Comunità di valle. Razionale affidare a un ente terzo la mera somma di due discipline di settore l’una diversa dall’altra (come è il caso della vigente legge regionale sull’ordinamento degli enti locali)? In materia universitaria, quale sarebbe l’oggetto di una funzione legislativa regionale, forse l’istituzione di un ordinamento universitario autonomo da quello italiano? Quali ne sono i presupposti? La prospettiva, allettante, è stata concertata con i due atenei? Tanto varrebbe fare massa critica con l’Università di Innsbruck e istituire un ordinamento universitario euroregionale.
Le materie ipotizzate riguardano la regolazione del libro fondiario, le funzioni in materia di giustizia, la previdenza complementare e integrativa, la disciplina del personale degli enti locali. Inoltre, limitatamente ai principi fondamentali, si includono l’ordinamento degli enti locali e l’ordinamento della comunicazione. Non mancano competenze — sempre legislative — di coordinamento per «garantire maggiore efficienza» in tema di «lavori pubblici di interesse sovraprovinciale, sanità altamente specializzata, interventi di politica economica che richiedono economie di scala sovraprovinciali», nonché «forme di collaborazione a livello transfrontaliero, euroregionale ed europeo».
A fronte di tante competenze non si sfugge alla tentazione, tanto diffusa e ricorrente da risultare banale, di qualificare tale Regione come «leggera», benché destinata a diventare un baricentro significativo della direzione politica unitaria dell’autonomia speciale. Nonostante tale e tanta leggerezza, l’organizzazione del Consiglio regionale potrebbe non essere, come ora, la semplice somma dei due Consigli provinciali, ma si potrebbero individuare criteri, secondo le proposte, per una selezione dei consiglieri destinati a fungere anche da rappresentanti regionali (nel presupposto, evidentemente, di garantire gli equilibri costituzionali di rappresentanza politica e di gruppo linguistico). Inoltre, il Consiglio regionale potrebbe deliberare in modo differenziato «a seconda delle diverse competenze legislative», a maggioranza dei componenti nelle materie di competenza diretta e a maggioranza dei componenti di ciascun Consiglio provinciale nelle altre materie.
In sostanza, la proposta, fondatamente respinta l’ipotesi secca di una sua soppressione, solo nel potenziamento del ruolo legislativo, amministrativo e di indirizzo politico della Regione ritrova la ratio per la sua conservazione. In tal senso, si esce dalla genericità e si avanzano soluzioni sufficientemente dettagliate, in coerenza con la mossa ispiratrice, che trascura il fatto che questa Regione non è una Regione così come le due Province non sono Province.
Non stupisce che, a fronte di un peso specifico politico della Regione reso così rilevante, le proposte della Consulta prevedano anche un diritto di petizione, diritti di democrazia diretta e partecipativa, nonché «l’istituzione di un’autorità per la partecipazione, a livello regionale». Tanta leggerezza richiama alla memoria quel frate ingordo immortalato da Boccaccio che, per mangiare un pollo di venerdì, disse «ego te baptizo carpam».