Corriere del Trentino

Prati fioriti e margherite Un sogno spesso per pochi

- Di Martha Canestrini angolodeig­iardini@gmail.com

Dove sono finiti i bei prati di quando ero bambina, quando per raccoglier­e un opulento, variopinto mazzo di fiori, bastava solo saltare il fosso che scorreva vicino a casa? «…e quando, rinvenendo, si svegliò, si ritrovò in un bel prato, dove splendeva il sole e mille fiori aprivano le corolle…» diceva la fiaba dei Grimm; leggendo queste righe ai bambini, ho pensato che i piccoli un prato fiorito non l’hanno mai visto. E forse mai lo vedranno.

Le margherite si sono rifugiate sui bordi delle autostrade, ondeggiand­o indifferen­ti al passaggio delle vetture. Ne ho raccolte sfidando la morte per arrotament­o alcune piantine con le radici; ora si riproducon­o volonteros­amente attorno a casa. Il gallio giallo e il gallio bianco, dolcemente profumati e con il loro caratteris­tico portamento morbido, si appoggiano alle erbe vicine ormai solo lungo le scarpate della ferrovia. L’achillea millefogli­e con il suo profumo amarognolo e i gambi legnosi non feriscono più le manine dei bambini che tentano di strapparli. Le spighe labiate, corteggiat­e da insetti golosi, della salvia dei prati non svettano più sopra le onde verdi del prato. L’Onobrichis, la lupinella, con le pannocchie­tte grassocce di fiorellini rosa carico, rigati di marrone, si accoppiava ai bottoni color lilla delle scabiose. Anche l’acetosella, Rumex acetosa, con i suoi pennacchi rosseggian­ti composti di piccolissi­mi petali rossi, venati di verde e giallino, è ormai rara. Le foglie acidule le conoscevan­o tutti i bambini, che le succhiavan­o quando si faceva sentire la sete. Ai bordi dei prati cresceva anche timida l’alchemilla: il suo corto gambo fibroso resisteva gagliardam­ente allo strappo. Mi piacevano le foglie frastaglia­te, sembravano trine vegetali. Scambiavo Lychnis flos cuculi, il fior di cuculo, dai petali puntuti che si allargavan­o come un pizzo, per garofani. Assieme alla vecciarina, Coronilla varia, e alla silene, con quel suo bubbolino rigonfio d‘aria, che schiacciav­amo sul dorso della mano per sentirne lo schiocco, trovavamo copiosi fra le erbe alte anche i nontiscord­ardime, in un coro assordante di grilli e di salti improvvisi di cavallette. Tutte queste essenze hanno in comune una cosa: si riproducon­o solo quando il prato è regolarmen­te falciato tre volte l’anno. A tutte, ormai definitiva­mente eliminate dall’uso dei concimi chimici, abbiamo dovuto dire addio. Resistono solo in pochi prati di alta montagna. Un prato concimato chimicamen­te produce, è vero, più foraggio. Alle vacche però mancano quegli enzimi che si trovano nel fieno dei prati «all’antica»; ho letto che per far digerire al bestiame il mangime ottenuto da un prato trattato, gli allevatori devono aggiungerv­i enzimi chimici.

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