Prati fioriti e margherite Un sogno spesso per pochi
Dove sono finiti i bei prati di quando ero bambina, quando per raccogliere un opulento, variopinto mazzo di fiori, bastava solo saltare il fosso che scorreva vicino a casa? «…e quando, rinvenendo, si svegliò, si ritrovò in un bel prato, dove splendeva il sole e mille fiori aprivano le corolle…» diceva la fiaba dei Grimm; leggendo queste righe ai bambini, ho pensato che i piccoli un prato fiorito non l’hanno mai visto. E forse mai lo vedranno.
Le margherite si sono rifugiate sui bordi delle autostrade, ondeggiando indifferenti al passaggio delle vetture. Ne ho raccolte sfidando la morte per arrotamento alcune piantine con le radici; ora si riproducono volonterosamente attorno a casa. Il gallio giallo e il gallio bianco, dolcemente profumati e con il loro caratteristico portamento morbido, si appoggiano alle erbe vicine ormai solo lungo le scarpate della ferrovia. L’achillea millefoglie con il suo profumo amarognolo e i gambi legnosi non feriscono più le manine dei bambini che tentano di strapparli. Le spighe labiate, corteggiate da insetti golosi, della salvia dei prati non svettano più sopra le onde verdi del prato. L’Onobrichis, la lupinella, con le pannocchiette grassocce di fiorellini rosa carico, rigati di marrone, si accoppiava ai bottoni color lilla delle scabiose. Anche l’acetosella, Rumex acetosa, con i suoi pennacchi rosseggianti composti di piccolissimi petali rossi, venati di verde e giallino, è ormai rara. Le foglie acidule le conoscevano tutti i bambini, che le succhiavano quando si faceva sentire la sete. Ai bordi dei prati cresceva anche timida l’alchemilla: il suo corto gambo fibroso resisteva gagliardamente allo strappo. Mi piacevano le foglie frastagliate, sembravano trine vegetali. Scambiavo Lychnis flos cuculi, il fior di cuculo, dai petali puntuti che si allargavano come un pizzo, per garofani. Assieme alla vecciarina, Coronilla varia, e alla silene, con quel suo bubbolino rigonfio d‘aria, che schiacciavamo sul dorso della mano per sentirne lo schiocco, trovavamo copiosi fra le erbe alte anche i nontiscordardime, in un coro assordante di grilli e di salti improvvisi di cavallette. Tutte queste essenze hanno in comune una cosa: si riproducono solo quando il prato è regolarmente falciato tre volte l’anno. A tutte, ormai definitivamente eliminate dall’uso dei concimi chimici, abbiamo dovuto dire addio. Resistono solo in pochi prati di alta montagna. Un prato concimato chimicamente produce, è vero, più foraggio. Alle vacche però mancano quegli enzimi che si trovano nel fieno dei prati «all’antica»; ho letto che per far digerire al bestiame il mangime ottenuto da un prato trattato, gli allevatori devono aggiungervi enzimi chimici.