TATTICA DI BREVE RESPIRO
L’eccesso di propaganda, lo si è visto il 4 marzo, può essere conveniente sotto il profilo elettorale. Travolti dalla sintesi immediata dei social, sempre più spesso prendiamo per oro colato gli slogan, senza riflettere se il messaggio sia concretizzabile o veritiero. Più si restringe la platea di riferimento, però, più si corre il rischio che le esagerazioni siano riconosciute per tali: certo, anche nel piccolo Trentino, ormai la percezione dei fenomeni si discosta in maniera crescente dalla realtà, ma è consigliabile non lasciarsi andare troppo. Ed essendo la nostra una terra di autonomia, è forse meglio non fotocopiare le brochure dei partiti nazionali.
Tra i vari punti del proprio programma anticipati domenica alla nostra Valentina Leone, Maurizio Fugatti indica una maggior attenzione alle «periferie» e un «cambiamento» per il Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione facente capo alla Provincia). Il sottosegretario, appena designato candidato presidente da una larga parte del centrodestra, fa dunque capire subito che non cambia i propri cavalli di battaglia. Nel primo caso, la strategia potrebbe essere vincente: è vero che oggi il disagio alberga di più nelle città, che Piazza Dante non sembra avere in grande considerazione il ruolo del capoluogo, che nelle valli sono stati realizzati investimenti importanti (parlate con i turisti ammirati e lo capirete subito).
Ma sovente i valligiani vedono quanto sono costretti a sacrificare alle economie di scala e non i miglioramenti delle loro condizioni. Basterebbe pensare a come erano le strade per andare a Malè o a Moena venti o trent’anni fa e come sono oggi, per comprendere che il bicchiere è pieno oltre la metà, però la «forbice» sugli ospedali cancella ogni passo avanti compiuto.
Quanto all’immigrazione, anche qui i sentimenti di ostilità aumentano, nonostante l’incidenza degli stranieri residenti sul totale della popolazione sia in continuo calo: ora è all’8,6%, con una diminuzione del 4,1% dovuta soprattutto ai 3.400 stranieri che nel 2016 hanno acquisito la cittadinanza italiana. Parliamo dunque di integrazione riuscita (d’altronde il 65,3% è di provenienza europea), di lavoratori che consentono alle nostre imprese di avere la manodopera necessaria (non solo industria, ma pure agricoltura e turismo) e alle famiglie di avere assistenza per le cure domestiche e degli anziani.
Se — giusto o sbagliato che sia — alcune presenze inquietano, i trentini sanno bene come peggiorerebbero le nostre condizioni di vita senza l’immigrazione controllata. Perché i giovani aspirano perlopiù a lavorare in Provincia, alla Cassa rurale o in qualche ufficio, non certo a raccogliere mele (per chi vuole la possibilità c’è comunque) o ad accudire i nonni infermi. E sanno come l’arrivo dei «nuovi cittadini» abbia creato molti meno problemi che altrove proprio perché strutture come il Cinformi, insieme a cooperative e associazioni varie, hanno da sempre agito per governare al meglio l’immigrazione.
Purtroppo, lo slogan «prima noi» fa presa ovunque, ignorando ad esempio che se non esportassimo mele e vino e se non «importassimo» decine di migliaia di turisti saremmo alla fame. Possiamo fingere che la globalizzazione sia un male assoluto e dimenticare che, oltre ad alcuni difetti, mostra notevoli pregi, ma francamente spero che nessuno si illuda riguardo una fantomatica autosufficienza dei 500.000 abitanti trentini. Ovviamente è impossibile che Fugatti rinunci a fomentare la xenofobia, tuttavia prendersela con chi risolve i problemi di un’integrazione necessaria «a noi» prima che «a loro» sembra una tattica di breve respiro.