Ex Santa Chiara, fondi congelati
Polo uffici, verde, urban center, asilo rischiano di saltare. Gilmozzi: «Siamo preoccupati»
A rischio il progetto Santa Chiara Open Lab. La tagliola nel decreto Milleproroghe, con l’approvazione di un emendamento che congela per due anni i 2,1 miliardi di fondi del bando periferie del ministero delle Infrastrutture. In freezer, dunque, finirebbero anche i 18 milioni di euro per la riqualificazione del complesso ex Santa Chiara. Il progetto prevede la costruzione del nuovo polo uffici tecnici comunali in via San Giovanni Bosco, il restyling dell’ex mensa, la ridefinizione degli spazi del parco. «C’è grande preoccupazione» conferma Italo Gilmozzi, assessore comunale ai Lavori pubblici.
TRENTO A Palazzo Thun la notizia, ieri mattina, è piombata come un fulmine a ciel sereno, provocando subito un certo allarme. A comunicarla, direttamente dalle ferie, è stato l’assessore ai lavori pubblici Italo Gilmozzi. Che prima ha chiamato il sindaco Alessandro Andreatta e poi il dirigente Giuliano Franzoi per riferire loro il contenuto di un emendamento collegato al decreto Milleproroghe — approvato in Senato — che di fatto «congela» per due anni i finanziamenti statali per il piano di riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie. Un bando da 2,1 miliardi di euro che aveva premiato 120 amministrazioni. E che a Trento aveva assicurato quei 18 milioni necessari per realizzare l’ambizioso progetto «Santa Chiara open lab» con la costruzione del nuovo polo degli uffici tecnici in via San Giovanni Bosco, il restyling dell’ex mensa Santa Chiara e la ridefinizione degli spazi del parco. Insomma, non proprio un’operazione da poco. Anzi: proprio su questa trasformazione urbana l’amministrazione aveva investito gran parte degli sforzi, considerandola uno degli snodi strategici dell’intera consiliatura.
«C’è grande preoccupazione» ammette Gilmozzi, che solo poche settimane fa — a inizio giugno — aveva inviato a Roma tutte le delibere di approvazione dei moduli pubblici del progetto per poter incassare la prima tranche dei contributi garantiti dal governo (il 20% del finanziamento): l’ultimo tassello, era stato l’auspicio dell’assessore comunale, per poter davvero confermare una tabella di marcia ormai già impostata.
«Gli uffici stanno approfondendo il contenuto dell’emendamento» allarga le braccia Gilmozzi, in contatto continuo con Franzoi per chiarire bene la situazione. «Di sicuro — prosegue l’assessore — le implicazioni sono molte: se la sospensione del finanziamento di due anni verrà confermata, dovremo mettere in conto un maggiore impegno economico per quanto riguarda gli affitti, visto che gli uffici tecnici dovranno rimanere a Trento nord. Senza contare il fatto che abbiamo dei bandi di gara già avviati». In particolare, ad essere in fase avanzata è l’iter per l’assegnazione dei lavori dell’opera più importante del «lab», ossia il nuovo polo degli uffici: l’assegnazione dell’appalto da 12,5 milioni è fissata per dicembre. Ma in queste settimane il Comune ha già inviato anche gli inviti per partecipare alla gara di riqualificazione della Chiesetta del Redentore e della palazzina ex uffici della Civica.
C’è però un altro aspetto: spostare in avanti di due anni l’intera operazione, con in mezzo le elezioni del 2020, potrebbe voler dire — se dovesse cambiare il colore dell’amministrazione — anche dire addio al restyling. «Rispetto ad altri Comuni — sbuffa Gilmozzi — noi abbiamo già fatto tanto. E quello che poteva sembrare un pregio ora si rivela uno svantaggio: mi auguro almeno che il governo tenga conto di queste differenze e consenta ai progetti già avviati di proseguire».
In realtà, da Roma non sembrano esserci grossi spiragli. Se l’emendamento ha fatto insorgere gran parte dei Comuni e l’Anci, il sottosegretario all’economia Massimo Garavaglia ieri non ha prospettato dietrofront. Anzi: «Finora non era stato speso nemmeno un euro di quei soldi» è stato l’affondo.
«Parlo a nome di quei Comuni che i soldi li hanno impegnati» ribatte però secco il sindaco Andreatta. Che come di consueto è preciso sui passaggi: «Abbiamo firmato una convenzione con il presidente del consiglio dei ministri a dicembre 2017, registrata nel 2018 dalla Corte dei Conti. È chiaro che su un atto di questo tipo un’amministrazione pensa di poter contare. Se poi il governo doveva recuperare soldi per altri scopi, non può rivalersi su di noi». Il richiamo rivolto verso la Capitale, ora, è alla «affidabilità, responsabilità e serietà»: «Non vogliamo — dice il sindaco — essere penalizzati per aver già avviato l’iter. Attendiamo il passaggio alla Camera, a metà settembre. E vediamo».