Corriere del Trentino

VA DIFESA UN’IDEA DI CITTÀ

- di Luca Malossini

Il progetto «Santa Chiara Open Lab», inserito nel programma straordina­rio di intervento per la riqualific­azione urbana delle periferie voluto dagli ex premier Renzi e Gentiloni, non ha mai goduto di vita facile. Ma la notizia che il governo «legastella­to» ha stoppato per due anni i fondi relativi al bando in questione, sta creando disorienta­mento e preoccupaz­ione all’interno dell’amministra­zione comunale.

L’operazione urbanistic­a che abbraccia la zona che da piazza Fiera si estende fino al Commissari­ato del governo, fin dall’inizio ha sollevato più dubbi che certezze, soprattutt­o dal punto di vista del metodo. Le critiche, ancora oggi presenti, si sono soffermate soprattutt­o sulla mancata trasparenz­a. Non solo. Tra le perplessit­à sollevate da più parti ce n’è una rimasta appesa nel vuoto: capire come sia stato possibile a livello nazionale far passare, per accaparrar­si i 18 milioni, l’idea del degrado urbano attorno a piazza Fiera, dove gli appartamen­ti vengono venduti a 4.000 euro al metro quadrato. Va dato atto però all’assessore ai Lavori pubblici Italo Gilmozzi, regista del «Santa Chiara Open Lab», di essere comunque riuscito a confeziona­re una proposta a tutto tondo, capace di superare — almeno fino a oggi — tutti gli ostacoli.

Non sappiamo, adesso, cosa accadrà e come il governo si interfacce­rà con quelle amministra­zioni che si sono portate avanti nella realizzazi­one dei lavori.

Trento è una di queste e dopo un periodo di tentenname­nti ha elaborato un piano che prevede il recupero dell’ex mensa, la ristruttur­azione dell’ex Casa di riposo per ospitare gli uffici comunali al momento dispersi in vari punti della città, il restauro della chiesetta del Redentore, la riqualific­azione degli spazi aperti, compreso il parco Santa Chiara (oggi parco Solzhenits­yn). Un’operazione complessiv­a da 41 milioni dei quali 23 milioni a carico dei privati e 18 milioni di finanziame­nti pubblici. Le delibere di approvazio­ne dei vari interventi sono già state trasmesse al nucleo per la valutazion­e presso la presidenza del Consiglio dei ministri in modo da poter incassare la prima tranche del finanziame­nto pari al 20% del totale.

Può piacere o meno la riqualific­azione voluta dal Comune, sta di fatto però che con un Piano regolatore il cui futuro è ancora tutto da scrivere, la partita attorno a piazza Fiera rischia di diventare nei fatti l’opera urbanistic­a più importante dell’intera legislatur­a. Un paradosso, se vogliamo, ma è un aspetto che va tenuto in consideraz­ione e sul quale si dovrà aprire una riflession­e.

Il sindaco di Bolzano, ad esempio, dopo aver bollato come «inquietant­e» il congelamen­to dei fondi, ha dichiarato che i 18 milioni per riammodern­are la zona di via Alto Adige saranno garantiti a prescinder­e. Insomma, la forza del progetto che supera l’aspetto finanziari­o. Anche a Palazzo Thun c’è voglia di non mollare, un’opzione che sarebbe utile venisse condivisa non solo dalla maggioranz­a ma pure dall’opposizion­e, al di là delle convinzion­i specifiche che si possono avere sull’intera operazione. In ballo c’è l’autonomia amministra­tiva dei Comuni e nel caso del capoluogo anche un’idea di città, casuale quanto si vuole, ma almeno una pianificaz­ione che cerca di lasciare un segno, regalare una prospettiv­a.

Se Roma vuole attivare forme di controllo ha tutto il diritto di farlo e può anche essere buona cosa. Ma attenzione a non generalizz­are, a decidere facendo calare scelte dall’alto, a spingere la politica del no piuttosto che quella del dialogo. Il progetto «Santa Chiara Open Lab», oltre a rimodellar­e una parte di città, offre un’occasione alle imprese edilizie per rialzare la testa. Non è certo una questione di lana caprina. E chi si è proposto come il governo del cambiament­o dovrebbe tenerlo in grande consideraz­ione .

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