VA DIFESA UN’IDEA DI CITTÀ
Il progetto «Santa Chiara Open Lab», inserito nel programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana delle periferie voluto dagli ex premier Renzi e Gentiloni, non ha mai goduto di vita facile. Ma la notizia che il governo «legastellato» ha stoppato per due anni i fondi relativi al bando in questione, sta creando disorientamento e preoccupazione all’interno dell’amministrazione comunale.
L’operazione urbanistica che abbraccia la zona che da piazza Fiera si estende fino al Commissariato del governo, fin dall’inizio ha sollevato più dubbi che certezze, soprattutto dal punto di vista del metodo. Le critiche, ancora oggi presenti, si sono soffermate soprattutto sulla mancata trasparenza. Non solo. Tra le perplessità sollevate da più parti ce n’è una rimasta appesa nel vuoto: capire come sia stato possibile a livello nazionale far passare, per accaparrarsi i 18 milioni, l’idea del degrado urbano attorno a piazza Fiera, dove gli appartamenti vengono venduti a 4.000 euro al metro quadrato. Va dato atto però all’assessore ai Lavori pubblici Italo Gilmozzi, regista del «Santa Chiara Open Lab», di essere comunque riuscito a confezionare una proposta a tutto tondo, capace di superare — almeno fino a oggi — tutti gli ostacoli.
Non sappiamo, adesso, cosa accadrà e come il governo si interfaccerà con quelle amministrazioni che si sono portate avanti nella realizzazione dei lavori.
Trento è una di queste e dopo un periodo di tentennamenti ha elaborato un piano che prevede il recupero dell’ex mensa, la ristrutturazione dell’ex Casa di riposo per ospitare gli uffici comunali al momento dispersi in vari punti della città, il restauro della chiesetta del Redentore, la riqualificazione degli spazi aperti, compreso il parco Santa Chiara (oggi parco Solzhenitsyn). Un’operazione complessiva da 41 milioni dei quali 23 milioni a carico dei privati e 18 milioni di finanziamenti pubblici. Le delibere di approvazione dei vari interventi sono già state trasmesse al nucleo per la valutazione presso la presidenza del Consiglio dei ministri in modo da poter incassare la prima tranche del finanziamento pari al 20% del totale.
Può piacere o meno la riqualificazione voluta dal Comune, sta di fatto però che con un Piano regolatore il cui futuro è ancora tutto da scrivere, la partita attorno a piazza Fiera rischia di diventare nei fatti l’opera urbanistica più importante dell’intera legislatura. Un paradosso, se vogliamo, ma è un aspetto che va tenuto in considerazione e sul quale si dovrà aprire una riflessione.
Il sindaco di Bolzano, ad esempio, dopo aver bollato come «inquietante» il congelamento dei fondi, ha dichiarato che i 18 milioni per riammodernare la zona di via Alto Adige saranno garantiti a prescindere. Insomma, la forza del progetto che supera l’aspetto finanziario. Anche a Palazzo Thun c’è voglia di non mollare, un’opzione che sarebbe utile venisse condivisa non solo dalla maggioranza ma pure dall’opposizione, al di là delle convinzioni specifiche che si possono avere sull’intera operazione. In ballo c’è l’autonomia amministrativa dei Comuni e nel caso del capoluogo anche un’idea di città, casuale quanto si vuole, ma almeno una pianificazione che cerca di lasciare un segno, regalare una prospettiva.
Se Roma vuole attivare forme di controllo ha tutto il diritto di farlo e può anche essere buona cosa. Ma attenzione a non generalizzare, a decidere facendo calare scelte dall’alto, a spingere la politica del no piuttosto che quella del dialogo. Il progetto «Santa Chiara Open Lab», oltre a rimodellare una parte di città, offre un’occasione alle imprese edilizie per rialzare la testa. Non è certo una questione di lana caprina. E chi si è proposto come il governo del cambiamento dovrebbe tenerlo in grande considerazione .