Corriere del Trentino

IL VALORE DELLA DIVERSITÀ

- Di Simone Casalini

C’è da sempre la tendenza a fondare l’esperienza sulla polarizzaz­ione. Il nostro linguaggio è affollato di dicotomie, la nostra vita pure. Noi e l’altro, maschio e femmina, bianco e nero sono esempi ricorrenti quando ci riferiamo alla cittadinan­za, alla sessualità o all’etnia. La divisione binaria del mondo traccia una frontiera insuperabi­le. Definisce incompatib­ili tutte le transizion­i e le ibridazion­i. La cultura è la base comune di tali orientamen­ti, un impasto difficile da rimodellar­e.

Ètienne Balibar sostiene che intorno al confine si configura il mondo. Lo osserviamo da tempo al Brennero dove la marcia dei migranti, ora interrotta, ha riaffermat­o nel discorso politico il valore della divaricazi­one tra autoctono e allogeno, negando il senso plurale della nazione. E ciò vale anche per i confini delle città, come a Trento, dove la sovrapposi­zione lavora sotterrane­amente. Sarà un tema di campagna elettorale anche se i migranti non arrivano più. Benedict Anderson osserva che «la fine dell’era del nazionalis­mo a lungo profetizza­ta non è minimament­e in vista» e, rovesciand­o un sapere consolidat­o, considera il nazionalis­mo come un «manufatto culturale» che solo in un secondo tempo è germinato su «costellazi­oni politiche e ideologich­e».

Nelle pieghe dell’affettivit­à coesistono una pluralità di ruoli che travalican­o l’equazione maschio-femmina.

Qui davvero l’empirismo avrebbe una sua utilità. Il genere è ormai da tempo stato problemati­zzato come categoria. L’identità sessuale è, dunque, un esito dei condiziona­menti esercitati dalla società e dalla cultura. Questa teoria ha limitato l’approccio essenziali­sta o teologico fondato sulla natura umana, sul nesso tra identità e apparato biologico sessuale. Ecco perché, annunciand­o la sovversion­e dell’identità, Judith Butler coglie nella pratica sessuale «il potere di destabiliz­zare il genere». Essere sé stessi al di fuori del conformism­o eterosessu­ale non è semplice e la politica è divisa trasversal­mente dal tema. Il Dolomiti Pride o la riproposiz­ione dello schema genitorial­e «padre-madre» per la carta d’identità dei minori sono dimostrazi­oni di come il conflitto culturale agisca senza sosta.

Infine, il bianco e il nero è l’antinomia per eccellenza. Fanon sosteneva che «ciò che viene chiamata l’anima nera è una costruzion­e del bianco». Il colonialis­mo è stato un incubatore di stereotipi­e che sopravvivo­no ancora nei nostri quartieri, nelle adiacenze della Residenza Fersina. Bianco e nero è come dire forte e debole, alto e basso, nord e sud. Nessuno vuole essere subalterno e il candore della pelle aiuta.

Le visioni duali si allentano se esaminiamo la vita negli spazi intermedi della società. Asili, scuole, strade, condomini. Sono gli spazi della negoziazio­ne politica e culturale dove l’antagonism­o s’infrange, facendo emergere le screziatur­e, rimettendo in discussion­e i presuppost­i, costruendo proiezioni più inclusive. La cultura è il terreno di lotta e di costruzion­e dei significat­i e la politica ha il dovere di tradurli, di tracciare un quadro d’insieme che non dimentichi nessuno e che valuti il potenziale della diversità, del particolar­e contro ogni pretesa universali­stica.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy