Il capoluogo ferragostano? Lo animano turisti e anziani
Il viaggio La città abitata dai visitatori. Pochi i residenti rimasti I lavoratori extracomunitari tornano in patria. Ateneo svuotato
Con l’arrivo di agosto il capoluogo si svuota: i residenti partono per le ferie, gli studenti fuori sede rientrano dalle famiglie. Restano gli anziani e i tanti turisti, mentre i nuovi cittadini tendono a tornare per qualche settimana nei paesi d’origine.
TRENTO Spesso si dice siano i dettagli a fare la differenza. E in effetti, per capire che in città è la metà di agosto senza guardare il calendario o il termometro che indica la temperatura, si deve prestare attenzione ai particolari, perlomeno nel centro storico. In attesa alle bancarelle per comprare la frutta e la verdura si notano prevalentemente chiome canute. Chi transita da piazza Duomo e via Belenzani lo fa in gruppi oppure con la mappa in una mano e la macchina fotografica nell’altra. Degli oltre sedicimila studenti iscritti all’università di Trento non c’è traccia. Diversa è la situazione nei quartieri, dove le persiane chiuse e le tapparelle abbassate sono il tratto distintivo dell’agosto cittadino. I negozi chiudono per ferie, le vie si spopolano: per vedere qualcuno si deve uscire di mattina, prima che la canicola invada i marciapiedi.
In piazza Dante si scorgono famiglie aggirarsi trascinando valigie. Nelle panchine del parco, quelle più vicine alla fontana che magari arriva un po’ di frescura, siedono coppie intente a consultare cartine geografiche oppure a mangiare un panino. Certo, di serrande abbassate e cartelli che indicano le date di chiusura agostane degli esercizi se ne vede più d’uno, soprattutto ai margini della zona pedonale. Qualche bar, una pasticceria. I negozi del centro, invece, sono tutto meno che «chiusi per ferie». I saldi continuano e le vetrofanie sono sgargianti. Armida e Gigi vengono dalla provincia di Como e una giornata che sembrava promettere nulla di buono li ha portati a Trento invece che sul Garda. Del territorio ormai sono dei veterani, possiedono una casa in val Rendena: «Ma il Trentino ogni volta regala qualcosa di nuovo — spiegano — abbiamo visitato, ad esempio, il santuario della Madonna del lares sopra Bolbeno: un posto magnifico, che andrebbe pubblicizzato di più». Nel capoluogo non tornavano «dall’ottobre del 2011, dobbiamo andare a visitare il quartiere delle Albere e il Muse». Dalla Lombardia, provincia di Milano, arriva anche la famiglia di Barbara e Alberto, che con i figli Arianna e Davide e il loro cane soggiorna a Torbole. «Frequentiamo il Trentino da molto tempo, ma a Trento è la prima volta che veniamo — raccontano — Vogliamo visitare il castello del Buonconsiglio, il centro storico e poi andare a mangiare qualcosa di buono». Anche Reino Pertes, da Stoccarda diretto «am Gardasee», al lago di Garda, ha approfittato per fare una sosta nel lungo tragitto: «È la prima volta che visito Trento, ora prendo una mappa, chiedo alcune informazioni e vado». Lo incontriamo fuori dalla sede dell’Apt, come lui tanti. Il centro storico è praticamente al loro servizio: bar, ristoranti, negozi, musei.
Entrare nell’atrio della facoltà di sociologia significa invece sentire il rimbombo dei propri passi. Le sedi universitarie sono deserte. Spesso chiuse in molte giornate (giurisprudenza e lettere fino al 18) o aperte con orario ridotto (sociologia fino alle 14 per tutta la settimana). Anche gli sportelli delle varie segreterie di supporto agli studenti o per la mobilità internazionale sono chiusi al pubblico, così come la Buc, la Biblioteca universitaria centrale alle Albere: presidio cittadino per gli amanti dello studio «matto e disperatissimo» è l’aula studio di via Verdi, 300 posti a disposizione dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20, ma non domani.
Come in un susseguirsi di cerchi concentrici, più ci si allontana dal centro meno gente si incontra. I più fortunati, come da tradizione cittadina, sfruttano le seconde case sul Bondone. Le aziende chiudono, le persiane si abbassano, i parchi, dove di solito risuonano magari le risate e le urla dei bambini, si trasformano in oasi verdi di silenzio. Allo svuotamento della città contribuiscono anche i residenti stranieri, assenti d’estate per lunghi periodi: «Soprattutto chi proviene da Paesi extracomunitari e molto lontani cerca di accumulare più ferie possibili per riuscire ad avere un mese intero da trascorrere nel proprio luogo d’origine — spiega Assou El Barji, responsabile dello sportello per le persone immigrate della Cgil — anche perché i viaggi sono molto costosi e non ripetibili più volte durante l’anno. Nelle aziende grandi è più facile, quelle medio-piccole fanno fatica: in quei casi i lavoratori capita ricorrano, in accordo con l’impresa, all’accumulo delle ferie biennali o al congedo di paternità».