Corriere del Trentino

Profumata e curativa I mille usi della monarda

- Di Martha Canestrini

TRENTO La monarda, della grande famiglia delle Labiatae, è un’amante del sole, ma vuole terra leggerment­e umida: la sua origine è nel Nordest americano, nella terra degli indiano Oswego, dove cresce sulle rive dei fiumi. Gli appassiona­ti ne conoscono diversi incroci, discendent­i da due specie perenni, la Monarda didyma e la Monarda fistulosa. La fistulosa ha foglie e steli che profumano gradevolme­nte di bergamotto. È arrivata in Europa verso la metà del 1700. Durante la guerra di indipenden­za americana, i ribelli che non volevano più pagare tasse per il Tè alla terra madre, l’Inghilterr­a, bevevano l’infuso di foglie di monarda, chiamato Oswego Tea. Per gli indiani Oswego è una pianta medicinale. Nei vivai è ritornata in voga da poco, ed era ora. È stato l’olandese Piet Oudolf che ne ha decretato il rinascimen­to, usando la pianta in grande stile. Questo geniale giardinier­e voleva varietà resistenti all’oidio — le varietà fino allora in vendita nei vivai erano molto poco affidabili — e diede ad un contadino l’ordine di seminarne un campo intero. Scelse e moltiplicò gli esemplari senza malattia e quelli che gli piacevano di più per il colore; diede il via ad una scelta di ibridi, selezionan­do volta per volta quelli con fiori più grandi, più colorati e anche con colori nuovi. Ne uscirono due grandi gruppi di monarde: una, datata 1988, ebbe nomi tolti dal cielo stellato, Skorpion, Aquarius, Libra. La seconda selezione, di alcuni anni dopo, ha avuto nomi delle tribù indiane, Comanche, Mohawks, Squaw e così via. Sono tutti ibridi con fiori bellissimi. Ma anche altri vivai hanno selezionat­o varietà ottime come la Tom Sawyer e la Huckleberr­y Finn. Non esiste pianta meno complicata della monarda, e che fiorisce così a lungo, da giugno a settembre, se si ha l’accortezza di reciderne diligentem­ente gli steli fino a terra appena i fiori sono appassiti. Così ricaccia altri boccioli e rifiorisce copiosamen­te. Si moltiplica da sola attraverso propaggini radicali, se trova il terreno giusto. Alcune varietà tendono a spogliarsi al centro, perciò vanno ripiantate ogni tre, quattro anni, dopo aver arricchito il substrato con compost. Bisogna tener presente che del concime le farebbe crescere velocement­e, ma con pochi fiori e molte foglie. Nella loro terra d’origine, come già dicevo, gli indiani ne usavano le proprietà curative in caso di ustioni o contro crampi, febbri e dolori al capo. Le contadine sudtiroles­i con i fiori fanno uno sciroppo color rosso rubino, un dissetante: raccolgono i fiori, li coprono con uno sciroppo bollente (1:1 di zucchero e acqua),e lasciano macerare il tutto per una settimana. Va filtrato e allungato con acqua: buonissimo.

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