Orafi trentini, un libro narra le storie dei primi artigiani
Da un libro di Daniela Floris riemergono i nomi di alcuni artigiani Le botteghe erano tra via San Pietro, largo Carducci e piazza Pasi
Tra i meriti del dizionario biografico degli orefici attivi in Trentino, pubblicato lo scorso anno dalla Soprintendenza per i beni culturali e curato da Daniela Floris, c’è quello di non aver trascurato alcuni artigiani attivi tra Otto e Novecento, epoca di solito poco considerata negli studi del settore. Il libro, pur concentrandosi su epoche più gloriose come il Rinascimento e l’età barocca, offre un primo censimento dei maestri orafi operanti a Trento fino al 1930 circa, evidenziando in questo particolare ambito della produzione artistica un forte elemento di continuità tra il XIX e la prima metà del XX secolo.
La personalità preminente dell’oreficeria ottocentesca in Trentino fu quella del roveretano Carlo Toneatti (18141887): formatosi all’Accademia di Brera, questo abile cesellatore aprì un rinomato laboratorio in via Santa Maria Maddalena a Trento, dal quale uscirono i manufatti più disparati. Le fonti citano un ostensorio d’argento per la chiesa di Molveno, la nuova urna processionale del Simonino e una brocca con bacile d’argento per l’imperatrice Elisabetta d’Austria. In questa sede segnaliamo che dal suo atelier uscì la corona d’alloro con cui nel 1871 il Municipio di Trento volle onorare le ceneri di Ugo Foscolo, traslate quell’anno dall’Inghilterra alla basilica di Santa Croce in Firenze. Sfumata la possibilità di rendere omaggio al feretro del poeta nella «città irredenta» — le autorità austriache imposero al Regno d’Italia di non farlo passare dal Brennero proprio per impedire manifestazioni patriottiche — la corona onorifica fu inviata a Pistoia, dove fu posta sull’urna foscoliana dall’avvocato Angelo Ducati su incarico del Comune di Trento. Oggi l’opera è conservata al Museo del Risorgimento di Firenze e il nome del suo artefice, tale Pietro Fontanari, è ricordato da Bice Rizzi in un articolo del 1939.
Toneatti ebbe altri ottimi allievi, tra cui il figlio Mario, Antonio Bertoncelli e Augusto Valentini. Al pari del maestro, essi furono spesso impegnati in forniture di preziose suppellettili per chiese e santuari. Un altro orafo di nome Valentini, Nicolò, risulta attivo a Trento a partire dal 1886: nel 1902 aveva bottega in piazza del Macello Vecchio 3 e nell’Annuario Generale d’Italia del 1933 è registrato allo stesso numero civico, nella via rinominata largo Carducci, dove ancora oggi ha sede l’omonima gioielleria.
Nei primi trent’anni del nuovo secolo tengono bottega in via San Pietro non meno di sei orefici: Luigi Corradi, Giuseppe Cortelletti, Giuseppe Forni, Vittorio Menestrina, Davide Nardelli, Giovanni Sartori, cui si aggiungono i fratelli Casagrande che erano anche orologiai. Via San Pietro fu dunque, più di ogni altra, la strada dell’oreficeria trentina: ancora oggi vi si trova una delle più antiche gioiellerie
scomparendo, subissata dalla banalità del franchising.
Compulsando i giornali dell’epoca si può aggiungere qualche altra notizia al profilo biografico di Gozzaldi: il 25 luglio 1905, in occasione della mostra d’arte sacra allestita quell’anno a Trento, la sua ditta fu premiata con un diploma, mentre nel novembre dell’anno successivo «un magnifico anello eseguito dal bravo orefice Giuseppe Gozzaldi» veniva donato dai soci del Club mandolinistico Armonia al loro direttore Vigilio Kirchner, come riporta il quotidiano Il Trentino in data 19 novembre 1906. Sono semplici frammenti di una storia di lavoro e creatività che fu sicuramente molto più ricca e articolata, e di cui oggi possiamo a malapena immaginare i contorni.
L’omaggio
Tra le opere create nell’800 una corona per Ugo Foscolo e un bacile per l’imperatrice