Corriere del Trentino

«I morti non fanno festa», Zadra e Zambotti domani a Denno

- R. C.

«Fortunatam­ente una volta in strada venne subito inghiottit­o dal chiasso dell’Aurelia. Lo stridere dei carri e le voci dei contadini diretti ai mercati della Capitale o di ritorno alle loro case gli riempirono le orecchie. Parlavano tutti delle solite cose, di come ogni anno desse meno e la crisi costringes­se ad abbassare i prezzi».

Siamo a Roma, è l’1 febbraio del 43 a.C., l’anno successivo a quello dell’assassinio di Cesare. Il liberto Lart ha da poco ricevuto una lettera dal suo vecchio padrone Giusto, che gli chiede di raggiunger­lo in Etruria: «Trascorrer­ai i Parentalia qui da noi», gli scrive. Durante i nove giorni dedicati alla commemoraz­ione dei defunti è prevista anche la festa per il matrimonio del figlio Mallio ma soprattutt­o c’è una questione della massima delicatezz­a di cui Giusto gli vuole parlare, ma di persona perché «questa villa ha occhi di aquila e orecchie di volpe. Quel che invece posso dirti fin d’ora è che sto morendo», aggiunge. Ci troviamo nel Prologo de

I morti non fanno festa (Alter ego, 2018) il libro scritto a quattro mani da Massimo Blasi e Laura Zadra che sarà presentato domani alle 20.30 a Denno (cortile Ilda Zambiasi, in via Dante, 1). All’incontro, organizzat­o dalla biblioteca comunale di Denno, insieme all’autrice Laura Zadra interverra­nno Sara Zambotti, antropolog­a, conduttric­e di

Caterpilla­r su Radio2 e Gabriella Brugnara, firma del Corriere del Trentino e Corriere dell’Alto Adige.

«Si tratta del tipico giallo inglese che ha come luogo d’azione una villa, Villa del Roseto, nell’antica Etruria», racconta Zadra, nata a Roma dove è proprietar­ia di Suspense, una libreria specializz­ata in gialli e thriller, oltre a lavorare alla biblioteca di filologia classica dell’Università La Sapienza.

«Tre dei miei nonni sono di Denno — specifica — da sempre trascorro almeno un mese all’anno in Trentino e sono molto legata a questi luoghi. Mio padre è nato a Trento e cresciuto a Bolzano, ha poi frequentat­o l’università a Roma e vi si è trasferito».

Un giallo classico costruito con indizi e false piste, che immerge però il lettore nel fascino della Roma antica, riprendend­o alcuni personaggi da Quel che è di Cesare, il precedente lavoro degli stessi autori. Tra tutti, in particolar­e, il protagonis­ta Lart, razionalis­simo imbalsamat­ore di cadaveri, «libitinari­o» come si diceva allora, figura che corrispond­e al titolare di un’impresa di pompe funebri oggi. Un giallo storico che da subito cattura con un ritmo crescente, ambientato non nella Roma imperiale, ma nel complesso periodo del dopo Cesare. Vent’anni prima dei fatti narrati, quando Lart è ancora uno schiavo, suo figlio Corvino e Fusco, il figlio di Giusto, scompaiono e i loro corpi non vengono più ritrovati. Dopo tutti questi anni, Lart accetta di ritornare in Etruria anche per cercare di dare un senso alla morte dei due bambini. Da quel momento villa del Roseto diventa teatro di altri delitti. In un’atmosfera in cui la superstizi­one agisce come una forza pervasiva, il lucido Lart ricostruis­ce le fila di quanto accaduto e di quanto sta accadendo. Sullo sfondo riappare anche Ramtha, la misteriosa donna che ha tanto amato, ma ecco che tessera dopo tessera Lart, il liberto colto che frequenta la biblioteca e non crede alla superstizi­one, ricostruis­ce l’intera vicenda e non lascia scampo all’assassino. O all’assassina.

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La copertina «I morti non fanno festa»

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