Torrentismo, pratica che piace Trentino: cinquanta siti mappati
Dieci morti nel Pollino. Gli esperti: «Guide brevettate»
Il torrentismo piace sempre di più ma va praticato con prudenza e possibilmente con la guida con brevetto. In Trentino-Alto Adige sono circa 100 gli itinerari mappati e controllati.
TRENTO Sono circa un centinaio gli itinerari di torrentismo (o canyoning per usare una parola inglese) presenti in Trentino-Alto Adige.
Sentieri avventurosi fra la roccia e le acque di un torrente che, negli ultimi anni, sono sempre più battuti da un numero crescente di appassionati. Percorsi in cui la difficoltà è variabile: ci sono infatti itinerari più semplici, che possono affrontare anche i bambini che hanno compiuto almeno dieci anni e altri invece molto più impegnativi. Un nome per tutti, fanno sapere gli esperti: la forra del torrente Grigno, in Valsugana. Dove per forra si intende una gola profonda che un torrente si è ricavato fra le rocce che diventa il percorso di questo sport.
A pochi giorni dalla tragedia nel Parco del Pollino, dove nel torrente Raganello sono morte dieci persone, e a poche ore dall’apertura di un fascicolo da parte della procura di Castrovillari per far luce sulle cause del disastro, la pratica del torrentismo nelle montagne del Trentino-Alto Adige, si sta sempre più diffondendo nonostante sia uno sport potenzialmente estremo. In circa 30 anni da quanto esiste questa attività, in Italia si registrano 23 vittime in 10 gravi eventi. Uno di questi fu proprio in Trentino, nel 1991, nelle Dolomiti del Brenta. Sette ragazzi furono sorpresi da un’ondata di piena e di massi che li travolse nel canalone che stavano percorrendo per scendere a valle, a pochi passi dal rifugio Brentei. Il canyoning, tuttavia, piace, tanto che le stesse guide alpine delle due province di Trento e Bolzano negli anni hanno creato in entrambe le province una squadra specializzato che si chiama «Gruppo forre». Venti persone per équipe, in grado di intervenire qualora ce ne fosse bisogno.
Nelle nostre montagne esistono due modi di praticare questa attività outdoor: può essere esercitata in gruppo alla presenza di una guida esperta con brevetto rilasciato dall’Associazione italina canyoning, o per conto proprio. Nella provincia di Trento gli itinerari più battuti sono quelli che sono presenti nella zona del Sarca e Ledro, in Alto Adige invece l’attività viene praticata sopratutto in val Aurina e in val Passiria.
«È un tipo di attività molto divertente perché si salta, si nuota, si scavalca fra luoghi veramente suggestivi — spiega il vicepresidente delle Guide alpine trentine, Ezio Parisi — ma praticarla richiede molta prudenza. Per questo è sempre meglio la presenza di una persona esperta che conosca i luoghi, le forre in particolare, e che si sappia regolare con il maltempo».
Il meteo infatti, per chi fa canyoning, sembra essere un elemento importante per valutare se avventurarsi fra i torrenti o meno. «Una volta all’interno di un forra — aggiunge Parisi — non si può uscire e per questo motivo bisogna conoscere molto bene cosa succede, per esempio, a monte. Serve avere la giusta attrezzatura, conoscere i punti dove passare e dove attaccarsi per attraversare il torrente. Bisogna poi conoscere i punti dove tuffarsi e dove è invece meglio non farlo — aggiunge l’istruttore della scuola di canyoning, Erwin Kob —. Conoscere bene le previsioni è importante per capire se a monte sta piovendo: da un momento all’altro potrebbe formarsi una piena che si potrebbe incrociare nel punto sbagliato del percorso».
Poi c’è l’importanza del controllo del territorio, sottolinea il presidente delle Guide alpine trentine, Adriano Alimonta: «È fondamentale — spiega — a partire dalle conoscenza del funzionamento delle dighe, così come effettuare i controlli periodici degli stessi itinerari».
L’incidente
Nel 1991 in Trentino ci fu il caso di sette ragazzi travolti dalla furia delle acque