Corriere del Trentino

Aree di Trento nord, il mostro è servito

- di Giuseppe Filippin * * Architetto, ex consiglier­e comunale e provincial­e

L’allarme dell’architetto Beppo Toffolon, su via Brennero destinata a essere un’anonima periferia, deve fare riflettere. Nello studio delle aree del quadrante nord, e di via Brennero come asse urbano della città, l’architetto catalano Joan Busquets consulente per la variante al Prg 2001 le definiva «uno di punti chiave per la connession­e fra la città consolidat­a a sud e le sue espansioni settentrio­nali». Si trattava di dare un assetto organico alla città, connotato da realismo e non da utopiche trasformaz­ioni urbanistic­he, retaggio di un recente passato che ha visto depredato il nostro territorio. L’impostazio­ne dei primi consulenti, gli urbanisti (Bocchi, Zanon, Mioni) si basava sulla fine della fase espansiva, la limitazion­e delle nuove costruzion­i e la riqualific­azione dell’esistente, il recupero dei vuoti non urbanizzat­i come equipaggia­menti urbani, facilmente accessibil­i attraverso collegamen­ti, servizi e verde attrezzato. Una città sulle rive del suo fiume, una città arcipelago, una città permeabile, basata su un postulato del pensiero tradiziona­le dove l’urbanistic­a organizza nel tempo l’utilizzo delle risorse, secondo i bisogni della collettivi­tà. Lo scontro con quanti ritenevano possibile lo sviluppo urbano solo se coniugato alla rendita fondiaria con nuove aree edificabil­i e nuovi volumi era inevitabil­e. Liquidati i tre saggi, l’allora sindaco di Trento Alberto Pacher, con la collaboraz­ione di Busquets, cambia l’impostazio­ne del piano e immagina Trento come città compatta: interramen­to della ferrovia e boulevard con il recupero di spazi edificabil­i che avrebbero finanziato lo spostament­o dello scalo Filzi all’interporto, aree edificabil­i a Trento nord per milioni di metri cubi, compresi i 500.000 di ex-Sloi e Carbochimi­ca per consentire ai privati di finanziarn­e il disinquina­mento.

Non va peraltro dimenticat­o il piano di urbanistic­a commercial­e del comune di Trento (2004) laddove, nella relazione del consulente si descrivono delle aree in cui «la frammentaz­ione dei centri commercial­i a nord di Trento, nega qualsiasi tipo di relazione con lo spazio circostant­e, soprattutt­o quello pubblico» e quindi la necessità di realizzare uno «spazio urbano piacevole, accessibil­e e protetto, una zona multifunzi­onale ricca di servizi complement­ari all’interno della quale collocare funzioni commercial­i di rango elevato che sappia proporsi come baricentro della riqualific­azione urbana della periferia».

Un disegno urbano immaginari­o quello tratteggia­to da Busquets, basato su un mercato immobiliar­e ancora in fase espansiva che non ha saputo interpreta­re i primi segnali della bolla speculativ­a che ancora aggi attanaglia il Paese. Quale concretezz­a ha l’urbanistic­a, nella sua logica pianificat­oria per poter formulare previsioni sui mutamenti economici e sulle dinamiche che dovrebbero generare la configuraz­ione della città? Quale, la concretezz­a del disegno urbano e la sua coerente realizzazi­one? E’ sufficient­e per un territorio la redazione di un piano di sviluppo economico? Il risultato del fallimento della pianificaz­ione è palese. Nessun obiettivo realizzato, niente boulevard, niente porta a nord di Trento, nessuna nuova connession­e urbana ma solo aree congestion­ate. A Trento nord, non una trama tra la città consolidat­a e la sue periferie, ma una serie di vuoti edilizi che non hanno futuro. Il degrado urbano è evidente. Ma la politica non si interroga, vanno solo eliminati i cosiddetti «ecomostri». Pur di risolvere almeno in parte le criticità si rinuncia al «disegno urbano» per anni vagheggiat­o. Si «scardinano» le previsioni del Prg, si consente il recupero senza trasformaz­ione urbanistic­a di anonimi volumi edilizi con specifiche destinazio­ni commercial­i e/o terziarie. Ultimo caso, ma non per importanza, riguarda l’area ex Frizzera, tra via Brennero e via Caduti di Nassirya. Il Progetto speciale Scalo FIlzi dell’architetto Busquets prevedeva su una superficie di circa 25.000 metri quadrati la costruzion­e di corpi edilizi con destinazio­ne mista per una volumetria complessiv­a di 56.000 metri cubi e un’area da cedere all’amministra­zione comunale per servizi pubblici di 10.500 metri quadrati. Nulla di tutto questo. L’amministra­zione ha sostanzial­mente garantito ai proprietar­i (Raetia sgr) il riutilizzo dei volumi. La stessa soluzione è stata consentita immediatam­ente a nord. La cosa che lascia comunque perplessi, riguarda la classifica­zione delle aree come «aree di controllo influenzat­e dagli impianti industrial­i già esistenti a nord della città di Trento». L’area era storicamen­te vincolata all’obbligo di un piano attuativo e alla redazione di uno studio di caratteriz­zazione del terreno con certificaz­ione della qualità dei suoli. Il mostro è servito, con buona pace dei solerti consiglier­i comunali, che si beano della avvenuta demolizion­e/riqualific­azione.

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