Rossi saluta e attacca Pd, Upt, Daldoss «Il vostro progetto? Una brutta copia»
In aula Il governatore interviene ad alzo zero contro Pd, Upt e Daldoss «Il vostro cambiamento è una brutta copia. A vincere sarà l’originale»
Ugo Rossi, ieri, ha letto la sua ultima relazione da governatore in Consiglio provinciale. Una relazione al bilancio tecnico che alla fine si è rivelata un duro attacco a Pd, Upt e all’ex assessore Daldoss rei di «avere demolito il progetto del centrosinistra». Rossi ha affermato che «il cambiamento che si vuole fare non è altro che una brutta copia».
TRENTO «Non sappiamo chi verrà dopo di noi. Di sicuro sappiamo una cosa: non sarà il centrosinistra autonomista che ha ben governato in questa legislatura. Auguri». Così Ugo Rossi ha concluso quello che ragionevolmente sarà il suo ultimo discorso in aula da presidente della Provincia. Non solo rancore per essere stato azzoppato dalla sua maggioranza. Anche calcolo politico: tagliare i ponti alle proprie spalle per impedire che qualcuno, come Franco Panizza, possa provare a riconnettere il centrosinistra con i civici e il Patt.
In un consiglio provinciale semivuoto a causa in particolare delle assenze dell’opposizione, la relazione di Rossi sul bilancio tecnico (poi rapidamente approvato) è stata essenziale. Il bilancio di previsione 2019 spetterà alla prossima maggioranza. Il governatore aveva tenuto per la replica la stoccata finale. Prima i ringraziamenti: all’opposizione per aver dato il suo contributo, alla maggioranza per «la compattezza e la coerenza nel portare avanti il programma», alla giunta perché «se quei risultati sono lì è perché evidentemente queste persone ci hanno creduto». Insomma: abbiamo governato bene, i risultati ce lo confermano ed eravate tutti d’accordo con me. E allora, perché mi avete fatto fuori?
Questa la versione di Rossi: il centrosinistra autonomista non governerà più «non per scelta degli elettori, ma perché alcune maggioranze assembleari di due partiti, una piuttosto risicata, lo hanno demolito. Ne hanno decretato la fine per cambiare. Nessun cambiamento programmatico s’intende, almeno non percepito fino ad ora. Lo hanno demolito per cambiarne il presidente senza nemmeno averne pronto un altro».
Tutti d’accordo col presidente, tutti soddisfatti dell’azione di governo. Poi il tradimento: «Nelle stesse ore nelle quali dichiaravano pubblicamente la propria soddisfazione per l’azione di governo, lo decapitavano al massimo livello di rappresentanza. Ma hanno fatto di più — ha aggiunto con un riferimento piuttosto chiaro a Daldoss — Hanno girato il Trentino in nome e per conto del centrosinistra autonomista e spesso anche per delega di chi vi sta parlando portando avanti proposte, spiegando leggi e provvedimenti frutto del programma pensato ed elaborato dal sottoscritto e da loro condiviso, approvato ed anche attuato. Un fulgido esempio di trasformismo e di vecchia politica, degni della Prima Repubblica di italiana memoria».
Poi Rossi ha offerto un anticipo della sua campagna elettorale: «Come potranno essere alfieri credibili del cambiamento gli stessi che hanno sempre votato insieme al presidente in quest’aula? Come potrà parlare di cambiamento chi ha portato nella giunta da me presieduta 1.903 (Daldoss,
Manica
Uno sfogo Non abbiamo affossato alcuna coalizione Ci siamo limitati a rispondere no alla richiesta del Patt di confermare il presidente
Passamani
Umanamente lo capisco Sono dieci anni che lavora in maggioranza, ma il diktat del suo partito su di lui è stato uno dei motivi della divisione della coalizione
Consiglio
Ieri è stato presentato e rapidamente approvato il bilancio tecnico
ndr) delibere per poi dimettersi a due mesi dalle elezioni? Il loro cambiamento è un cambiamento in brutta copia, che non farà che mettere in luce l’originale».
Per gli ormai ex alleati, però, Rossi commette l’errore di percepire come una cosa unica se stesso e il centrosinistra. «Lo giudico uno sfogo — commenta Alessio Manica — Il Pd non ha rotto alcuna coalizione. Ci siamo limitati a rispondere negativamente alla richiesta di uno dei partiti, il Patt, che chiedeva la conferma di Rossi». «Umanamente — premette il capogruppo dell’Upt, Gianpiero Passamani — lo capisco. Ha lavorato dieci anni in maggioranza, prima da assessore, poi da presidente. Ma il diktat del suo partito su di lui è stato uno dei motivi della divisione. Ora la polemica non ha senso, spero ci siano le condizioni per ricominciare un confronto anche con gli autonomisti».