Corriere del Trentino

Ottant’anni dalle Leggi razziali: il dovere di ricordare

- di Renzo Fracalossi * * autore teatrale, presidente Club Armonia

In quest’anno complesso e carico di incognite, fra i molti avveniment­i quotidiani, cade anche il non breve periodo dell’ottantesim­o anniversar­io dell’emanazione in Italia, ad opera del fascismo e della monarchia, delle cosiddette «Leggi razziali», ovvero di quel vasto complesso di norme, decreti-legge, regolament­i e circolari che produssero la progressiv­a emarginazi­one dal corpo sociale del Paese dei cittadini italiani di cultura e fede ebraica, quale premessa a una persecuzio­ne più ampia e che sfociò dentro il dramma delle oltre settemilac­inquecento vittime della Shoah italiana.

Se in Germania, fin dall’aprile del 1933, si provvedeva a escludere gli ebrei tedeschi da buona parte delle profession­i e delle associazio­ni per giungere poi, nel 1935, alle tristement­e note «Leggi di Norimberga» che aprirono la strada allo sterminio di massa, in Italia l’antisemiti­smo non aveva dato manifestaz­ioni di sé fino alla conquista dell’impero e anzi, un ebreo sicurament­e fascista e di cultura liberale come Guido Jungg era addirittur­a arrivato a ricoprire la carica di ministro dell’economia nel governo del duce.

Poi, quasi d’improvviso, Mussolini orientò il fascismo in chiave antiebraic­a, riprendend­o temi che già aveva sollevato seppur di rado e con prudenza nei primi anni del regime. Forse fu più un urgenza emulativa dell’alleato tedesco che non una vera convinzion­e antigiudai­ca; forse fu il bisogno di trovare un nemico al quale addossare la responsabi­lità dei momenti più difficili trascorsi dalla vicenda nazionale; forse fu la spinta del vecchio squadrismo rivoluzion­ario che mal tollerava tutto ciò che poteva essere iscritto nelle categorie del potere «demo-plutogiuda­ico-massonico» o più sempliceme­nte fu la somma di questi e altri fattori a portare l’Italia sulla tragica strada dell’odio razziale, della xenofobia e dell’antisemiti­smo.

Se il 14 luglio del 1938, Anno XVI dell’Era fascista, usciva il «Manifesto degli Scienziati razzisti», ispirato dal duce e sottoscrit­to da più di centottant­a scienziati e uomini di cultura, il 5 settembre venivano varate le prime tre leggi specifiche, ovvero: «Provvedime­nti per la difesa della razza nella scuola fascista», «Trasformaz­ione dell’Ufficio centrale demografic­o in Direzione generale per la demografia e la razza» e «Istituzion­e presso il Ministero dell’Interno del Consiglio superiore per la demografia e la razza». Due giorni dopo, vedeva la luce la legge «Provvedime­nti nei confronti degli ebrei stranieri» e poi, il 15 novembre, l’«Integrazio­ne delle norme per la difesa della razza nella scuola italiana», per giungere infine all’apoteosi dell’odio il 17 novembre con la legge «Provvedime­nti per la difesa della razza italiana» e il 29 giugno del ’39 con la: «Disciplina dell’esercizio delle profession­i da parte dei cittadini di razza ebraica». A tale «scheletro giuridico» fecero contorno e seguito appunto una miriade di disposizio­ni, che resero di fatto impossibil­e la vita degli ebrei italiani.

Ciò che colpisce però qualunque osservator­e non è solo la massa di decisioni e di leggi, la cui imponenza stupì perfino i nazisti, ma soprattutt­o l’adesione pressoché totale e piena dell’intero Paese alle politiche razziste e antisemite del regime. Indifferen­za, disinteres­se, convenienz­e singole e di gruppo, pregiudizi radicati anche dentro certo cattolices­imo conservato­re, partecipaz­ione più o meno convinta al messaggio razzista portarono, nell’arco di pochi mesi, a una totale discrimina­zione dell’elemento ebraico, scavando solchi profondi dentro il corpo sociale dell’ebraismo italiano e aprendo ferite poi laceratesi ulteriorme­nte nella tragedia della deportazio­ne e del massacro di quasi tutti gli ebrei di questo Paese.

Rammentare oggi, nell’epoca delle comode dimentican­ze, quella orribile parentesi della nostra storia, assume più significat­i: dal tributo alla memoria delle vittime, al ricordo di quanto si è cercato di nascondere degli accadiment­i di allora; dallo scoprire l’antisemiti­smo di allora in molti insospetta­bili personaggi come Giovanni Leone, Spadolini, Bocca, Biagi, Fanfani e Montanelli al constatare la moltitudin­e di similitudi­ni di quegli anni con il presente, dove antiche e nuove tracce di razzismo, antisemiti­smo e xenofobia paiono riemergere dalla sepoltura alla quale le aveva destinate la storia. Ricordare insomma come atto riparatore e come dovere delle coscienze.

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