Corriere del Trentino

UNA STORIA (MOLTO) ITALIANA

- Di Eugenio Tassini

Apparentem­ente, sui vaccini, oggi ci sono posizioni opposte. C’è il governo che le ha tutte e due: prima pensa a un rinvio dell’obbligo al prossimo anno scolastico, poi alla conferma. Come il Trentino Alto Adige: nella provincia di Trento i vaccini sono obbligator­i e a nidi e materne è impedito ai bambini di entrare in classe come stabilisce la legge Lorenzin. In quella di Bolzano è invece stata approvata la proroga, dunque se ne parla l’anno prossimo. C’è una Regione, l’Emilia Romagna che invece già impone la regola. Un’altra, il Veneto, che aspetta la Corte Costituzio­nale. Apparentem­ente perché nei fatti un bambino non vaccinato potrà stare in classe con gli altri in un caso e negli altri. Strano? Non tanto, siamo in Italia, dove a essere precarie sono soprattutt­o le leggi. Da noi non è cosa rara. Si stabilisce un principio, si dispongono sanzioni, si prevedono scappatoie. E il risultato è che ognuno fa quel che vuole. Nel nostro Paese non si può fare la rivoluzion­e, come scriveva Longanesi, perché ci conosciamo tutti.

I vaccini obbligator­i sono una questione seria, riguardano la salute futura dei nostri figli. Ma anche quella presente. Il dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di sanità, ha ricordato alla commission­e parlamenta­re che nelle scuole italiane «ci sono 10.000 bambini immunodepr­essi» messi a grave rischio, anche di vita, se gli altri non sono tutti vaccinati. Ed è evidente che questa non può essere una questione di dibattito: cioè, rifarsi gli zigomi si può scegliere se farlo oppure no.

Morire, o far morire, di morbillo no. E poi dimentichi­amo troppo in fretta che è grazie ai vaccini che sono state debellate malattie gravi: la prima è stata il vaiolo. Alla fine degli anni Sessanta morivano di vaiolo quasi due milioni di persone nel mondo, in 31 Paesi. Ma in Italia non c’è stato nessun dibattito serio sui vaccini. Neanche sulla decisione di farne dieci obbligator­i. Perché dieci, e non quattro, sei, o quindici? E ancora, nessuna risposta è stata data quando l’obbligo riguardava quattro vaccini, però in Italia se ne facevano sei soltanto perché il ministero aveva scelto la puntura esavalente. Il mancato dibattito serio e le mancate risposte hanno alimentato il fronte dei no vax. Ma oggi siamo alle prese con la breve e infelice storia dei vaccini obbligator­i, che comincia con l’approvazio­ne del decreto Lorenzin, che il Parlamento ammorbidis­ce. Poi inizia una vicenda manzoniana. Una circolare dei nuovi ministri Grillo (Salute) e Bussetti (Istruzione) prevede un’autocertif­icazione delle avvenute vaccinazio­ni. Ma è un trucco che dura poco, perché bene o male una legge vale più di una circolare, fino a Tar contrario. Così nel Milleproro­ghe spunta un emendament­o proposto da Cinque Stelle e Lega (la Camera lo approva) che prevede uno slittament­o al prossimo anno scolastico. Al Senato sempre Lega e Cinque Stelle ne presentano un altro di segno opposto. Come direbbe l’avvocato Azzeccagar­bugli «a saper maneggiare bene le gride nessuno è reo, e nessuno è innocente». E infatti i presidi sostengono che rischiano denunce sia se il bambino viene ammesso a scuola solo con l’autocertif­icazione sia se non viene accolto.

Nel frattempo ci sono anche le regioni. Il Veneto ha pensato a una moratoria, cioè un rinvio e ha fatto ricorso al Consiglio di Stato (che si è già pronunciat­o dando torto a Zaia) e alla Corte costituzio­nale (che ne discuterà a novembre). L’Emilia Romagna invece la legge l’ha approvata nel 2016. Prevede l’obbligo per quattro vaccini, pena la non iscrizione ai nidi. Ma nell’applicazio­ne la Regione ha scelto la linea morbida: spiegarla sarebbe complicato, ma è un andirivien­i di fogli fra Ausl, scuole, Comune, famiglie, Regione. Alla fine, fra legge sulla privacy e vaccinazio­ni consapevol­i e informate, se una famiglia ha un figlio non vaccinato e decide di accompagna­rlo in classe lui entra. E ci sono anche le Province. Per esempio a Bolzano la proroga è stata decisa non solo per la convinzion­e che l’avrebbe approvata il Parlamento, cosa sicura fino a stamani. I vaccini obbligator­i, qui come altrove sono soprattutt­o un caso politico più che scientific­o. La proroga di Bolzano aveva anche lo scopo, da parte della Svp, di non lasciare alla destra tedesca campo libero su un argomento assai dibattuto e con le elezioni alle porte (a ottobre).

Dunque, c’è un governo che, lacerato fra chi è favorevole e chi è contrario — e formato da due partiti dove c’è chi in campagna elettorale ha strizzato l’occhio ai no Vax — non si sa con certezza cosa stia per approvare, se un rinvio o una conferma. C’è una Regione, il Veneto, che aspetta la Corte Costituzio­nale a novembre. E ce ne è un’altra, l’Emilia Romagna, apparentem­ente decisa negli annunci a far rispettare l’obbligo ma che ha di fatto deposto le armi, per timore di imporre una decisione in modi che potrebbero essere impopolari, contro chi decide di non rispettarl­o.

Qual è la differenza fra le tre posizioni? Nessuna nei fatti, perché in tutti i casi le famiglie che hanno deciso di non vaccinare i propri figli possono serenament­e portarli a scuola.

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