Il centrosinistra punta su Daldoss
Presidenza, svolta clamorosa: Pd e Upt con l’ex assessore. Civici furibondi, rivolta dei ghezziani
Colpo di scena ieri durante il vertice convocato dalla nuova alleanza democratica e popolare per cercare un nome (Ghezzi o Tonini) da contrapporre a quello di Maurizio Fugatti. Grazie al lavoro di Passamani e Gilmozzi (Upt), alla riunione si è palesato l’ex assessore Carlo Daldoss. Una presenza che ha stravolto i piani. Pd e Upt lo hanno indicato come presidente. Paolo Ghezzi è parso possibilista, non i suoi sostenitori. Spiazzati i Civici.
Tutti con Carlo Daldoss. Forse. Dal Pd, all’Upt, fino ai ghezziani. O, quanto meno, allo stesso Paolo Ghezzi, che in nome di quella «Grosse koalition» tanto invocata sul palco del Muse sarebbe addirittura disposto a sostenere il candidato più indigesto ai suoi. «Votati al suicidio», commenta secca Lucia Coppola, che per i Verdi non garantirebbe, a questo punto, la presenza in coalizione. Scenari drammatici li ipotizza anche l’autoconvocata Claudia Merighi, che insieme a Paolo Zanella è la fautrice della «fanta-candidatura» del giornalista. Ieri, insomma, nella riunione fiume iniziata alle 11 nella sede del Pd, non sono mancati i tumulti e i colpi di scena. Sospensioni, microriunioni, vertici e sotto-vertici. Telefonate febbrili e consultazioni lampo su Whatsapp. Fino ad avvicinarsi, finalmente, in tarda serata, a una quadra: Carlo Daldoss alla guida della coalizione, provando a tenere insieme i ghezziani, che sono i più riluttanti.
Ieri mattina, del resto, il vero «fanta-candidato» sembrava proprio Daldoss, che grazie ai pontieri dell’Upt, Giampiero Passamani e Mauro Gilmozzi in primis, alla fine si è presentato a sorpresa alla riunione in via Torre Verde, insieme al consigliere provinciale Massimo Fasanelli, fedelissimo del sindaco di Rovereto Francesco Valduga. Mentre il nome di Giorgio Tonini è uscito di scena molto presto, Paolo Ghezzi, dal canto suo, si era seduto al tavolo abbastanza convinto che per l’incoronazione sarebbe bastato poco: con un Pd nel quale ha sempre riscosso notevole consenso, autoconvocati, Verdi e Mdp pronti a sostenerlo, e un Upt dove pure ci sono anime che al suo nome non hanno mai chiuso, l’incastro sembrava prossimo alla chiusura. La mossa dell’ex assessore provinciale ha spiazzato: con un preambolo sul «bene del Trentino», e sulla «priorità a dei punti programmatici comuni», Daldoss ha comunicato che avrebbe rinunciato al diktat sul simbolo e anche sul suo nome come unico candidato possibile per restare in gioco. «Mi sono messo a disposizione, niente di più», ha detto andando via dal partito. Una comunicazione che se ieri mattina aveva tutta l’aria di una resa, nel pomeriggio e poi in serata ha pagato: rompere il fronte civico — anche con la consapevolezza, forse, di un peso specifico piuttosto basso — ha contemporaneamente spiazzato la coalizione e ridato smalto al suo nome. Daldoss, infatti, paga lo scotto di aver governato fianco a fianco con Rossi, e di aver creato un fronte eccessivamente variegato, con molte, troppe anime indigeste alla sinistra. Tra i civici, del resto, ieri mattina si è scatenato il terremoto: l’ala «destra» dei sindaci, con Mattia Gottardi, Roberto Oss Emer e Bruno Groff, si è detta spiazzata dalla mossa del loro leader. Il comunicato diffuso in tarda mattinata pare sia stato per molti una doccia fredda, tanto che si parlava insistentemente di un vertice d’urgenza convocato per le 15, e di diverse persone pronte a consumare la rottura.
L’ex assessore «tecnico» della giunta Rossi, però, che ieri pomeriggio è stato rappresentato dalla sindaca di Predazzo Maria Bosin, pare avere un certo appeal, anche perché il Pd, e in particolare il suo segretario Giuliano Muzio, non ha mai abbandonato la speranza di far rientrare in partita il Patt. E l’aspettativa, da qualcuno definita «idealista», c’è eccome: «Il rischio di scegliere Ghezzi è che se ne vanno i civici, se ne va l’Upt, e che non ci sia di conseguenza nemmeno il Patt», ha tuonato Muzio durante l’incontro bilaterale tra i dem e i sostenitori di Ghezzi, chiesto da questi ultimi dopo un estenuante pomeriggio di dibattito e trattative. Dopo una serie di interventi nei quali il nome di Daldoss si affacciava con sempre
maggiore insistenza, infatti, Fabiano Lorandi, Lucia Coppola, Renzo De Stefani e Claudia Merighi hanno chiesto la sospensione del dibattito, parlando a quattr’occhi con Borgonovo Re, Manica e Muzio. Quest’ultimo, peraltro, che nella discussione pomeridiana ha cercato di spingere su Giorgio Tonini, «un candidato che ci garantirebbe affidabilità», nell’incontro a due con i ghezziani ha aggiunto: «Rispetto coloro che erano presenti al Muse, ma l’elettorato a cui dobbiamo puntare non è solo quello».
Insomma Daldoss potrebbe unire, e sicuramente garantirebbe la saldatura tra dem e Upt. L’Unione, infatti, rappresenta un altro dei nodi: nonostante vi sia l’ala «dellaiana», con Fravezzi in primis, che non avrebbe disdegnato Ghezzi, Passamani e la presidente del partito Annalisa Caumo nel dibattito hanno rilanciato il nome dell’ex assessore. Anche tra i dem gli umori sono parsi altalenanti: Borgonovo Re e Manica hanno difeso il nome del giornalista fino alla fine, ma il timore di una rottura con i centristi della coalizione ha pesato. Molto di più, probabilmente, di un addio dei ghezziani, o di quel che ne rimane.