Transgender, stanza negata: risarcita
Il giudice ha condannato la Toxon spa che si difende: «Non era una studentessa»
Il giudice ha condannato la Toxon spa, nota società immobiliare, per aver discriminato una donna transgender. Andrea Martinelli aveva firmato un accordo, versando anche la caparra, per un alloggio in una residenza a Trento. Ma all’improvviso la società si sarebbe tirata indietro. Il motivo? Secondo l’accusa aveva scoperto che Andrea era transgender. «Non è vero, non era una studentessa» replica la società. Andrea: «Il pregiudizio è ancora forte».
TRENTO L’ordinanza lascia pochi spazi interpretativi, almeno nella parte in cui il giudice dichiara «la natura discriminatoria della condotta» tenuta dalla società immobiliare. «L’assenza di iscrizione universitaria — scrive il giudice Giuseppe Barbato — appare solo pretestuosamente indicata quale causa giustificativa del diniego».
È un caso che potrebbe far scuola — «il primo in Italia, è una sentenza storica», sottolinea l’avvocato Alexander Schuster — quello della società immobiliare di Trento, condannata per aver negato una stanza a una donna transgender. Il Tribunale le ha dato ragione, ci sarà anche un fronte penale, il giudice ha infatti rinviato gli atti alla Procura per due testimoni accusati di falsa testimonianza, ma tutto questo non è bastato a farla rimanere. Andrea Martinelli adesso ha lasciato l’Italia, vive in Svizzera, perché in Italia «il pregiudizio — dice — è ancora forte». Il giudice le ha riconosciuto un risarcimento dei danni di 10.000 euro, lei ne aveva chiesto 35.000 euro, più una serie di altre richieste, ma la vicenda è tutt’altro che conclusa. Ci sarà sicuramente un appello. La società al centro della delicata vicenda giudiziaria, la Toxon spa, molto nota in città, spa della famiglia Lunelli, proprietaria del prestigioso marchio vitivinicolo, non ci sta ad essere additata come «discriminatrice». Attraverso il suo avvocato Andrea Radice farà appello, il passaggio è scontato. «Non vi era alcuna intenzione discriminatoria nel comportamento della società» replica in una nota. «La camera è stata offerta alla richiedente anche oltre il tempo massimo previsto, alla sola condizione che rivestisse la qualifica di studente, come tutti gli altri ospiti della struttura» aggiunge.
Ma per capire meglio la vicenda bisogna fare un passo indietro perché tutto inizia ad agosto 2016 quando Andrea Martinelli ha contattato un’agenzia immobiliare dopo aver letto un annuncio relativo agli alloggi per studenti. Andrea aveva fatto subito presente che aveva conseguito una laurea triennale, ma al momento lavorava e non era iscritta all’università. L’agenzia dopo aver preso contatti con la società, avrebbe richiamato Andrea spiegandole che «la condizione di studentessa non era ostativa alla conclusione del contratto». L’alloggio, quindi, poteva essere suo. Ad Andrea era stata garantita una stanza dal primo ottobre in una nuovissima residenza a Trento.
Ma dopo aver pagato la caparra e aver firmato la proposta contrattuale, a poche ore dalla consegna la società si sarebbe tirata indietro, negando la stanza, pare dopo aver visionato la carta d’identità di Andrea (nella foto appariva con sembianze femminili), e affermando che era necessario l’iscrizione all’università. Ma all’epoca Andrea era titolare di una start up in ambito informatico. La transgender contesta il rifiuto e chiede il rispetto degli accordi. Ma il no è categorico. «È stata minacciata di un’azione legale» spiega l’avvocato Schuster che ha difeso Andrea nella causa civile.
A confermare l’atteggiamento discriminatorio della società, secondo il giudice, ci sarebbero anche alcuni messaggi whatsapp dell’agente immobiliare e di Andrea. La società avrebbe offerto un appartamento in centro storico alla transgender, ma «la proposta è stata rifiutata», chiarisce la Toxon. E aggiunge: «La società aveva precedentemente negato l’alloggio nello studentato a richiedenti che non fossero studenti».
«Inoltre nei moduli inviati a Martinelli — prosegue la difesa della Toxon — c’era scritto chiaramente che era necessaria l’iscrizione all’università». Ad ingannare la Toxon, controbatte la società, ci sarebbero anche i documenti d’identità inviati, nel primo Andrea risultava come studente. La mancanza del requisito sarebbe quindi l’umico motivo del diniego. Ma c’è un aspetto che convince poco il giudice: in un caso sarebbe stata ospitata anche una liceale. Un errore? Per Schuster è la conferma del fatto che «Andrea è stata discriminata».