Presidenza Consiglio, Coppola nel mirino «È candidata, lasci»
«Chi si candida non può svolgere un ruolo di garante dell’Aula». Questa l’obiezione sollevata da molti consiglieri di Palazzo Thun, che hanno puntato il dito contro la presidente del consiglio cittadino Lucia Coppola, probabile candidata alle prossime provinciali, ipotizzandone le dimissioni.
Gli scenari, nei corridoi TRENTO di Palazzo Thun, si moltiplicano ormai da settimane: con l’attività consiliare ancora in clima vacanziero, l’attenzione dei rappresentanti del capoluogo è di fatto completamente assorbita dalle manovre provinciali. Con interessi diversi: c’è chi sta già lavorando per lasciare libera tra un paio di mesi la poltrona di via Belenzani e accomodarsi tra i banchi di Piazza Dante (come Andrea Merler della Civica Trentina), chi dovrà decidere a breve se affrontare la competizione elettorale (come gli assessori del Pd) e chi, semplicemente, registra i movimenti in corso e disegna possibili modifiche all’interno dell’Aula di Palazzo Thun.
Di sicuro, le indiscrezioni non mancano. E neppure i primi mal di pancia per le candidature già emerse.
A finire nel mirino, in questi giorni, è stata in particolare l’esponente dei Verdi Lucia Coppola, la cui presenza nella lista del Sole che ride sembra praticamente scontata. «Un presidente del consiglio che è contemporaneamente candidato alle elezioni provinciali non può svolgere il suo ruolo di garante dell’Aula» è stata l’obiezione sollevata in questi giorni da molti consiglieri, decisi a far dimettere l’esponente verde dalla carica più alta di Palazzo Thun. Un obiettivo che, secondo qualcuno, sarebbe legato anche al «no» secco pronunciato da Coppola e dai Verdi sulla riconferma della candidatura a presidente di Ugo Rossi al tavolo della coalizione di centrosinistra autonomista.
Sta di fatto che la questione è ormai sul piatto. E che, se presa in considerazione, potrebbe aprire un interessante «mini giro di valzer» per il sindaco Alessandro Andreatta. Con un Patt (attualmente) fuori dall’Alleanza provinciale, le incognite sulle mosse del gruppo di Alberto Pattini
sembrano infatti in aumento: a preoccupare, in questo scenario, non è tanto la fedeltà alla maggioranza, quanto il sostegno ai singoli provvedimenti. Non proprio una bazzecola: con numeri risicatissimi, il sindaco in molti casi avrà bisogno dell’appoggio di tutti i componenti del suo schieramento. E qui entra in campo la «poltrona» di presidente del consiglio. Che, se lasciata libera da Coppola, potrebbe essere utilizzata per rendere più solida la maggioranza, offrendola magari a Salvatore Panetta o Paolo Castelli. I ben informati escludono che il ruolo di presidente dell’Aula possa interessare invece a Insieme Trento. Per i consiglieri del gruppo di Vanni Scalfi, infatti, si prospetta piuttosto un «salto» più in alto: nel caso in cui uno degli assessori decidesse di candidarsi (gli occhi sono puntati sui dem Mariachiara Franzoia e Andrea Robol, ma anche sull’upitino Paolo Biasioli), le porte dell’esecutivo potrebbero aprirsi per un esponente del gruppo. Mossa, questa, che garantirebbe ad Andreatta quattro (preziosi) voti in più.
Ma non c’è solo la maggioranza in subbuglio. Nell’opposizione la candidatura di Merler ha infatti già messo in evidenza un aspetto: se l’avvocato di Civica Trentina venisse promosso dalle urne il prossimo 21 ottobre, le minoranze si troverebbero di fatto senza il loro «leader» naturale, colui che finora ha guidato quasi tutte le battaglie in Aula. Senza contare che, in casa Lega, almeno un paio di battaglieri consiglieri (Devid Moranduzzo e Gianni Festini Brosa) potrebbero prendere la via di Piazza Dante. Timori che qualcuno ha però già dissipato recuperando i risultati elettorali della tornata comunale del 2015. Scorrendo le preferenze ottenute dai candidati della Civica Trentina, si scopre infatti che il primo dei non eletti è Sandro Bordignon, oggi candidato per Agire. Dietro di lui, una vecchia conoscenza di via Belenzani: l’avvocato Nicola Giuliano, già alla guida dell’opposizione nella consiliatura precedente. Il suo ingresso, quindi, potrebbe garantire alle minoranze una voce «forte».