I PERICOLI DELL’ONDA EMOTIVA
Pensare di vedere al governo della Provincia (urne permettendo, ovviamente) la fotocopia dell’alleanza romana tra Lega e Cinque Stelle oggi appare alquanto complesso. Lo ha fatto intendere ieri, a chiare lettere, il candidato governatore del M5S, Filippo Degasperi. Nel commentare le opzioni di Tonini e Fugatti, Degasperi ha parlato di vecchia politica: «Con il dovuto rispetto — ha detto — siamo in presenza di due candidature che non possono rappresentare il cambiamento perché sono sulla cresta dell’onda da parecchio tempo». L’alleanza giallo verde quindi — pur riconoscendo che in politica non esiste l’impossibile anche davanti a oggettive diffidenze — è destinata nei fatti a rimanere il chiodo fisso unicamente di qualche aficionados di lungo corso.
Eppure tra le pieghe della conferenza stampa, nella quale il movimento di Grillo ha illustrato il programma, c’è un terreno, peraltro di grande ridondanza mediatica, sul quale potrebbe palesarsi una convergenza politica tra Lega e grillini: stiamo parlando dell’immigrazione, con particolare riferimento allo smantellamento del Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione), un’unità operativa del Dipartimento salute e solidarietà sociale della Provincia.
Siamo consapevoli che tra i temi della campagna elettorale quello legato alla sicurezza finirà per monopolizzare gran parte del confronto tra i vari contendenti. Inevitabile che ciò avvenga.
Il rischio, però, è di alzare un polverone indistinto, di non fare le necessarie distinzioni, di lasciare che l’onda emotiva prenda il sopravvento su una questione che invece meriterebbe grande attenzione e soprattutto oggettività di giudizio, in modo che ogni cittadino possa formarsi una propria opinione.
È di qualche giorno fa un’indagine curata dall’istituto di ricerca Carlo Cattaneo di Bologna relativa a come gli italiani percepiscono la presenza dei migranti rispetto alla realtà. A livello europeo, l’Italia è il Paese che sovrastima maggiormente la percentuale di immigrati presenti: il 25% contro un reale 7%. Nel Nordest, quindi pure in Trentino Alto Adige, a fronte di un 9% di stranieri dichiarati, i cittadini sono conviti che siano il 20%. Ne scaturisce, inevitabilmente, un corollario di percezioni increspate perlopiù da un’onda di preconcetti emozionali che portano all’identikit più diffuso: i migranti aumentano, sono principalmente uomini, sono musulmani e arrivano dall’Africa attraversando il mare. Con una simile fotografia la propaganda politica va facilmente a nozze.
Ma poi c’è un’altra verità, quella legata ai numeri; l’evidenza statistica che sovverte i cliché: in Trentino la presenza di stranieri è in progressivo calo (nel 2016 la flessione è stata del 4,1% rispetto all’anno pima), la maggior parte sono donne (nel 53,9% del casi), la religione principale è il cristianesimo e provengono prettamente dall’Europa (albanesi e romeni, da soli, costituiscono un terzo della popolazione straniera). Ciò detto non significa che siamo un Eldorado, anzi; ma suggerisce una lettura del fenomeno più di testa che di pancia. Costa fatica e soprattutto non porta voti, rimane però l’unica strada per ragionare a 360 gradi senza possibili condizionamenti.
Pertanto non è che una volta chiuso il Cinformi, come d’incanto, il problema sicurezza possa dirsi risolto. Non è così e non potrebbe del resto essere così. La sicurezza riguarda la gestione dell’ordine pubblico, la capacità di punire anche duramente chi delinque, a prescindere se siano richiedenti asilo o italiani. Battere, quindi, il chiodo per avere più forze dell’ordine presenti sul territorio dovrebbe essere un comun denominatore capace di legare tutti i partiti.
Premesso che tutto si può migliorare, diventa pertanto pericoloso buttare via il bambino con l’acqua sporca. Il ruolo svolto dal Cinformi in tutti questi anni è stato utile per sedimentare i conflitti e allacciare rapporti, creando le condizioni per una sempre migliore integrazione capace di essere un valore aggiunto alla crescita del territorio. La globalizzazione ha portato grandi benefici e inevitabili problemi che vanno gestiti e non subiti passivamente. Proviamo allora in questa campagna elettorale che è appena iniziata a narrare il Trentino per quello che è: una provincia con i suoi difetti e i suoi pregi. Senza fare sconti, anche con toni severi se necessario, ma evitando di esasperare le paure. Questa terra ha numeri e risorse umane per continuare a crescere. Valorizziamoli.