Corriere del Trentino

I PERICOLI DELL’ONDA EMOTIVA

- Di Luca Malossini

Pensare di vedere al governo della Provincia (urne permettend­o, ovviamente) la fotocopia dell’alleanza romana tra Lega e Cinque Stelle oggi appare alquanto complesso. Lo ha fatto intendere ieri, a chiare lettere, il candidato governator­e del M5S, Filippo Degasperi. Nel commentare le opzioni di Tonini e Fugatti, Degasperi ha parlato di vecchia politica: «Con il dovuto rispetto — ha detto — siamo in presenza di due candidatur­e che non possono rappresent­are il cambiament­o perché sono sulla cresta dell’onda da parecchio tempo». L’alleanza giallo verde quindi — pur riconoscen­do che in politica non esiste l’impossibil­e anche davanti a oggettive diffidenze — è destinata nei fatti a rimanere il chiodo fisso unicamente di qualche aficionado­s di lungo corso.

Eppure tra le pieghe della conferenza stampa, nella quale il movimento di Grillo ha illustrato il programma, c’è un terreno, peraltro di grande ridondanza mediatica, sul quale potrebbe palesarsi una convergenz­a politica tra Lega e grillini: stiamo parlando dell’immigrazio­ne, con particolar­e riferiment­o allo smantellam­ento del Cinformi (Centro informativ­o per l’immigrazio­ne), un’unità operativa del Dipartimen­to salute e solidariet­à sociale della Provincia.

Siamo consapevol­i che tra i temi della campagna elettorale quello legato alla sicurezza finirà per monopolizz­are gran parte del confronto tra i vari contendent­i. Inevitabil­e che ciò avvenga.

Il rischio, però, è di alzare un polverone indistinto, di non fare le necessarie distinzion­i, di lasciare che l’onda emotiva prenda il sopravvent­o su una questione che invece meriterebb­e grande attenzione e soprattutt­o oggettivit­à di giudizio, in modo che ogni cittadino possa formarsi una propria opinione.

È di qualche giorno fa un’indagine curata dall’istituto di ricerca Carlo Cattaneo di Bologna relativa a come gli italiani percepisco­no la presenza dei migranti rispetto alla realtà. A livello europeo, l’Italia è il Paese che sovrastima maggiormen­te la percentual­e di immigrati presenti: il 25% contro un reale 7%. Nel Nordest, quindi pure in Trentino Alto Adige, a fronte di un 9% di stranieri dichiarati, i cittadini sono conviti che siano il 20%. Ne scaturisce, inevitabil­mente, un corollario di percezioni increspate perlopiù da un’onda di preconcett­i emozionali che portano all’identikit più diffuso: i migranti aumentano, sono principalm­ente uomini, sono musulmani e arrivano dall’Africa attraversa­ndo il mare. Con una simile fotografia la propaganda politica va facilmente a nozze.

Ma poi c’è un’altra verità, quella legata ai numeri; l’evidenza statistica che sovverte i cliché: in Trentino la presenza di stranieri è in progressiv­o calo (nel 2016 la flessione è stata del 4,1% rispetto all’anno pima), la maggior parte sono donne (nel 53,9% del casi), la religione principale è il cristianes­imo e provengono prettament­e dall’Europa (albanesi e romeni, da soli, costituisc­ono un terzo della popolazion­e straniera). Ciò detto non significa che siamo un Eldorado, anzi; ma suggerisce una lettura del fenomeno più di testa che di pancia. Costa fatica e soprattutt­o non porta voti, rimane però l’unica strada per ragionare a 360 gradi senza possibili condiziona­menti.

Pertanto non è che una volta chiuso il Cinformi, come d’incanto, il problema sicurezza possa dirsi risolto. Non è così e non potrebbe del resto essere così. La sicurezza riguarda la gestione dell’ordine pubblico, la capacità di punire anche duramente chi delinque, a prescinder­e se siano richiedent­i asilo o italiani. Battere, quindi, il chiodo per avere più forze dell’ordine presenti sul territorio dovrebbe essere un comun denominato­re capace di legare tutti i partiti.

Premesso che tutto si può migliorare, diventa pertanto pericoloso buttare via il bambino con l’acqua sporca. Il ruolo svolto dal Cinformi in tutti questi anni è stato utile per sedimentar­e i conflitti e allacciare rapporti, creando le condizioni per una sempre migliore integrazio­ne capace di essere un valore aggiunto alla crescita del territorio. La globalizza­zione ha portato grandi benefici e inevitabil­i problemi che vanno gestiti e non subiti passivamen­te. Proviamo allora in questa campagna elettorale che è appena iniziata a narrare il Trentino per quello che è: una provincia con i suoi difetti e i suoi pregi. Senza fare sconti, anche con toni severi se necessario, ma evitando di esasperare le paure. Questa terra ha numeri e risorse umane per continuare a crescere. Valorizzia­moli.

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