«Orti e co-housing strumenti utili contro la solitudine»
Innovazione sociale, l’architetto Manzini: «Il Trentino è terra fertile»
TRENTO Orti condivisi, supermercati cooperativi per cibo a chilometro zero, condomini in co-housing. Sono tante le forme con cui l’innovazione sociale si manifesta intorno a noi. Un fenomeno che, pur esistendo da molto tempo, solo di recente è diventato oggetto di particolare attenzione. Ezio Manzini, ingegnere, architetto e teorico italiano del design, è uno dei massimi esperti di innovazione sociale, tema su cui ha fondato una rete internazionale — Desis Network — e su cui svolge attività di ricerca e didattica in diverse università in Italia e all’estero. Domani pomeriggio, alle 18, sarà a Trento alla libreria «due punti» di via San Martino per parlare di come
L’appuntamento L’ingegnere sarà domani pomeriggio alla libreria «due punti» di via San Martino
tali pratiche stiano incidendo sulla nostra società e lo farà a partire dal suo libro, dal titolo: «Politiche del quotidiano. Progetti di vita che cambiano il mondo».
Professor Manzini, cosa intendiamo per innovazione sociale?
«Da sempre l’innovazione è considerata come qualcosa che ha a che fare con l’avanzamento tecnologico. In questo caso, c’è di più: la dimensione sociale. Gruppi di persone, dal basso, decidono di mettersi insieme per risolvere o semplificare alcuni aspetti del quotidiano. Si creano delle comunità flessibili, aperte, inclusive e socialmente sostenibili. Così, l’innovazione sociale diventa una delle risposte più efficaci all’individualismo e alle solitudini contemporanee. Scegliamo, responsabilmente, di condividere qualcosa con gli altri, creando senso di vicinanza, socialità, mutuo aiuto per il nostro bene e per quello della comunità di cui siamo parte».
Può farci alcuni esempi?
«I casi di successo sono numerosi, soprattutto in Europa e in Italia. Penso, ad esempio, alla Fondazione Housing Sociale della Cariplo che sviluppa soluzioni abitative innovative che risolvono i bisogni di persone svantaggiate, migliorandone l’integrazione sociale. Ma ci sono anche esperienze ben riuscite di co-housing, in cui diverse famiglie convivono come comunità di vicinato, condividendo spazi e servizi non per un principio ideologico, come accadeva ai tempi degli hippy, ma per il desiderio di rispondere a problemi comuni con soluzioni condivise. Ancora: nel mondo del cibo, si è passati dalla massificazione e dall’industrializzazione del cibo spazzatura alla ricerca di prodotti sani, a chilometri zero, slow, che molte persone acquistano mettendosi insieme. E la stessa presa di coscienza sta coinvolgendo anche la mobilità: qualche decennio fa, immaginare una città senza automobili era impensabile, oggi si sta andando sempre più in questa direzione. Insomma, fare innovazione sociale significa imparare a guardare la realtà da un altro punto di vista».
Come si relaziona questa pratica con le diverse generazioni?
«È trans-generazionale, nel senso che ognuno interpreta questo modo di agire come meglio ritiene. E le declinazioni cambiano, ovviamente, anche a seconda dei contesti di riferimento. Gli anziani, però, dimostrano un particolare coinvolgimento. Hanno più tempo da dedicare e più energie. Per questo, l’innovazione sociale può essere un
La filosofia
«Gruppi di persone decidono di mettersi insieme per migliorare aspetti del quotidiano»
ottimo antidoto alle problematiche legate alla solitudine».
Il Trentino è un territorio fertile per far crescere semi di innovazione sociale?
«Credo di sì. Questa provincia ha sempre dimostrato un’attitudine alla cittadinanza superiore rispetto a quella di altri territori. Una sensibilità che può aiutare a creare relazioni positive e nuove occasioni di condivisione. Ma per farlo, bisogna accettare la messa in discussione di alcune tradizioni consolidatesi nel tempo e la loro conseguente rigenerazione».