Negozi e festività, sì bipartisan
Olivi soddisfatto. Carroccio e Cinque Stelle: partiamo. Tonini: bene, ma occhio ai lavoratori
L’annuncio della proposta del vicepremier Luigi Di Maio allo stop alle aperture festive e domenicali, che vede 4,7 milioni di italiani lavorare la domenica (3,4 dipendenti, 1.3 autonomi), trova terreno fertile nel mondo politico trentino dove conquista un coro di sì. A cominciare dall’assessore allo sviluppo economico Alessandro Olivi «soddisfatto» che la sua proposta sia stata annunciata da altri. Entusiasti anche Degasperi e Fugatti. Cauto Tonini.
L’annuncio della proposta del vicepremier Luigi Di Maio allo stop alle aperture festive e domenicali, che vede (dati della Cgia) 4,7 milioni di italiani lavorare la domenica (3,4 dipendenti, 1.3 autonomi), trova terreno fertile nel mondo politico trentino dove conquista un coro di sì. A cominciare dal vice premier e assessore allo sviluppo economico Alessandro Olivi «soddisfatto» che la sua, precisa, proposta sia stata annunciata da altri, e chiede però al governo «di fissare le regole della legge e il punto minimo da dove partire per poi dare a regioni e province il potere e le competenze per fissare orari e aperture ad hoc, a seconda della peculiarità di ogni territorio». A favore della direttiva tracciata da Roma anche i tre candidati alla presidenza della Provincia: da Giorgio Tonini, candidato dell’Alleanza democratica popolare per l’autonomia, più prudente, a Maurizio Fugatti per il centrodestra, e Filippo Degasperi per il Movimento cinque stelle, più decisi. Anche se c’è qualche distinguo.
A cominciare da Tonini, che definisce la situazione attuale «di degrado culturale con l’abolizione totale della dimensione festiva». Detto questo, «è un cambiamento ampio quello prospettato, serve prudenza nell’andare in senso opposto, è una realtà costruita e bisogna essere sicuri che si debba e si possa intervenire in sintonia con le parti sociale, attraverso confronti: più che una misura di legge, servirebbe una misura di legge che recepisce l’accordo con le parti sociali, con una serie di limitazioni, valutando pro e contro e verificando se esiste un concreto rischio di perdita dei posti di lavoro».
Il sottosegretario alla salute della Lega, Maurizio Fugatti, dubita invece tout court sull’eventuale rischio di disoccupazione preventivato dalla grande distribuzione — 4050mila in tutta Italia — a seguito di questa legge proposta dal ministro pentastellato dello Sviluppo economico. «Serve comunque un confronto con le categorie — dichiara Fugatti — e lo faremo come coalizione tra una decina di giorni, è già nel programma», assicura.
Mentre, Filippo Degasperi, dei Cinque stelle, di distinguo non ne pone, anzi, dice: «Acceleriamo». E definisce «sciocchezza» il rischio dei posti di lavoro, «ci sarà un «ridistribuzione del lavoro invece, un riequilibrio, la libera concorrenza è una sciocchezza perché qui ormai c’è un monopolio. Serve tutelare i piccoli negozi». Annunciando: «Siamo pronti a tradurre a livello provinciale le direttive nazionali».
Mentre nel corso della giornata si definiscono le posizioni nei confronti della proposta di Di Maio, con i sindacati soddisfatti (sotto) e la grande distribuzione allarmata (a lato), con una frenata sulle città turistiche da isolare dalla legge secondo la Lega nazionale, Riccardo Fraccaro rassicura: «Sulle aperture domenicali degli esercizi commerciali la maggioranza presenterà una proposta in grado di tutelare i lavoratori per ripristinare regole certe in un settore dove vige la legge del più forte». E il ministro per i rapporti con il Parlamento aggiunge: «Le resistenze che arrivano dai partiti di minoranza sono espressione dell’ennesima sudditanza nei confronti delle lobby. Noi tireremo dritto e approveremo la legge in Parlamento al più presto per dare al Paese una normativa in grado di superare il selvaggio West delle liberalizzazioni».
Olivi rilancia la paternità del progetto proposto dal governo. Dopo essersi tolto qualche sassolino dalla scarpa («mi hanno lasciato solo, dentro e fuori la maggioranza, quando nel 2011 mi confrontavo sulle liberalizzazioni per attribuire una posizione più equilibrata alla legge Monti»), ribadisce: «Non lascerei al M5s la paternità politica, è una battaglia che ha a che fare con la qualità del lavoro, la conciliazione lavorofamiglia dove lavorare molto, con l’idea di città non animate solo da businness e frenesia, ed una ridistribuzione più equa delle opportunità già avviate qui in Trentino». Ma, conclude: «Ben venga l’iniziativa di questo governo, sono laico, anche se chiedo al Parlamento che fissi regole e il punto minimo da dove partire e che si riparta poi dai territori per le responsabilità in bse alle esigenze di ogni realtà».