Corriere del Trentino

ALZARE MURI È RINNEGARE IL PASSATO

- Di Luca Zeni

Costruire o distrugger­e? Governare o ignorare? Rassicurar­e o impaurire? Sono approcci diametralm­ente opposti che esprimono la dicotomia fra la politica — quella vera — e la semplice raccolta di consenso. La differenza, insomma, fra servire la comunità e servirsi della comunità alimentand­one i timori e smantellan­do (prima ancora delle strutture) la coesione sociale. La politica è chiamata ad accompagna­re la comunità approntand­o le risposte alle sfide poste da una società complessa e articolata, sempre più «liquida» e sempre più interconne­ssa — anche nel caso del piccolo Trentino — con lo scenario internazio­nale.

Negli ultimi anni (ma anche nei periodi meno recenti e più bui della storia) le campagne elettorali dei diversi Stati si sono giocate proprio su questi temi, con forze politiche che li hanno usati per ottenere consenso alimentand­o la paura. Ed è esattament­e ciò che sta avvenendo anche in Trentino, dove già registriam­o il tentativo da parte di Lega e Cinque Stelle di ridurre tutto a un dibattito sull’immigrazio­ne (e su singole questioni particolar­i come i punti nascita (sic!), come se le istituzion­i potessero mettere prima le rivendicaz­ioni di comunità appositame­nte messe una contro l’altra rispetto alla sicurezza di donne e nascituri).

Lo scenario della politica — quella che «propone» e quella che «distrugge», appunto — è o dovrebbe essere evidente: da un lato c’è chi costruisce, dall’altro chi sta cercando di demolire senza offrire alcuna soluzione propositiv­a e alternativ­a rispetto al fenomeno migratorio. Anzi, l’unica ricetta sembra essere ignorare la questione credendo di farla in tal modo sparire; il tutto in nome di una presunta, maggiore sicurezza. Ma il ragionamen­to è viziato da una — volutament­e? — errata rappresent­azione del fenomeno e delle sue dinamiche che porta alla «soluzione» più semplice: alzare muri fisici e relazional­i di fronte all’«uomo nero».

Ma la realtà, riconosciu­ta da chiunque abbia approfondi­to il fenomeno, è che laddove i governi lavorano per favorire la coesione sociale a beneficiar­ne sono i percorsi di inclusione a scapito della devianza e a vantaggio, quindi, dell’intera comunità. Ma questa è la politica che costruisce, non quella che demolisce.

Torniamo al nostro Trentino. Sembra importare poco che migliaia di migranti, quasi tutti economici, soprattutt­o dell’est europa, soprattutt­o donne, soprattutt­o cristiani, siano una parte struttural­e della nostra comunità e che dall’inizio del nuovo millennio questo cammino di convivenza sia stato imbastito e accompagna­to passo dopo passo dalle istituzion­i — attraverso il Cinformi — in sinergia con il terzo settore evitando tensioni sociali e rispondend­o, fra l’altro, anche alle richieste del tessuto economico provincial­e (pensiamo solo alle migliaia di badanti che si occupano dei nostri anziani). Un’attività volta a informare e orientare i cittadini stranieri, ben prima dell’acuirsi del «fenomeno asilo», affinché potessero diventare membri della comunità nei doveri e nei diritti; volta a favorire la partecipaz­ione sociale di migranti lavoratori, studenti e famigliari ricongiunt­i; a renderli in grado, insomma, di contribuir­e al «sistema Trentino».

Valori, tradotti in servizi, che ora qualcuno annuncia di voler cancellare scagliando­si fra l’altro contro una struttura tecnica — il Cinformi — e confondend­o quindi la dimensione politica con quella operativa, dando ulteriore prova di non volere e non sapere affrontare il tema immigrazio­ne al di là degli slogan. E sembra contare poco, infine, che questo territorio abbia saputo coniugare accoglienz­a e rigore, incarnando un equilibrio che in campo migratorio rappresent­a, di fronte agli opposti schieramen­ti che conosciamo, una posizione impopolare.

Ma la politica è anche e soprattutt­o responsabi­lità, non ricerca di un facile consenso quale soluzione alla carenza di idee, programmi e risposte. La comunità trentina deve innanzitut­to porsi un interrogat­ivo: «chi vogliamo essere?», «come deve essere il Trentino per garantire sviluppo, prospettiv­e ai giovani ed essere attrattivo?»

Chi propone di «blindare» questo territorio, alzare muri e vivere nella paura, rinnega la storia di una terra di mezzo, ponte tra Mediterran­eo e Mitteleuro­pa. Ma così l’epilogo sarà il declino di un Trentino piccolo e solo. Il Trentino, per vincere le sfide della società di oggi, dovrà al contrario ancora di più dimostrare dinamismo e apertura affrontand­o i diversi temi con serietà e approfondi­mento.

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