Corriere del Trentino

LA SOCIETÀ DEL TURPILOQUI­O E IL RITORNO AL RISPETTO

- Grazia Sandri,

Questi sono tempi in cui il turpiloqui­o la fa da padrone nella vita di tutti i giorni. C’è un evidente mancanza di rispetto che fa presagire nulla di buono. Da cittadina la cosa mi preoccupa, soprattutt­o in vista di una campagna elettorale che si preannunci­a molto calda.

Mai come in questo momento abbiamo bisogno di ritrovare una forma di rispetto, verso le persone e le cose. I social mi fanno paura, riescono a tirare fuori dalle persone il peggio del peggio. Dietro l’anonimato, ci si sente forti e liberi di scrivere ogni nefandezza. Ormai la parola più in uso è «odio». Non si discute più, ci si odia: nella politica, nello sport, nella vita di tutti i giorni. Forse potrò apparire fuori moda, ma faccio fatica a riconoscer­mi in questa società aggressiva, dove se non la pensi come la maggioranz­a finisci per essere emarginata. Troveremo mai un modo per confrontar­ci rispettand­o le varie idee?

Gentile signora Sandri,

Il suo interrogat­ivo è destinato purtroppo a rimanere aperto. Se mi permette lei non è certo fuori moda. Proprio su quanto descritto nella lettera si è soffermata la riflession­e della professore­ssa Paola Giacomoni che abbiamo pubblicato sul Corriere del Trentino di ieri. Il conflitto, quello inerente alle idee, è il sale della democrazia, va però gestito. Giacomoni scrive che un «buon uso del conflitto è possibile in primo luogo se si consideran­o in modo paritario le diverse voci. Tutti hanno il diritto di esprimere la propria opinione e il proprio dissenso, non ci sono punti di vista che non contano giusti o sbagliati che siano. Sarà la discussion­e a far prevalere la soluzione migliore...». Trovo questo passaggio pienamente condivisib­ile. Dobbiamo essere allora noi cittadini, in primis, a prendere le distanze da una società aggressiva. Mai come in questo caso la politica è lo specchio di ciò che ci circonda.

Ho sempre trovato un errore, ad esempio, usare la parola odio nel tifo calcistico. Una cosa che mette i brividi. Si dovrebbe tifare per la propria squadra e non odiare l’avversario. Si dovrebbe usare una sano e auspicabil­e sfottò e non intonare cori che richiamano tragedie tipo Superga e Heysel. Ma contro l’imbecillit­à mi rendo conto che ci sia ben poco da fare. Insomma, stiamo vivendo tempi difficili, è innegabile. Non farei però l’ennesima tirata anti-social. Non sono il male assoluto se usati con giudizio; possono anzi essere un arricchime­nto, un modo per guardare e conoscere il mondo. Bisogna educare, quindi, i giovani a un uso consapevol­e, mettendo in mostra le potenziali­tà ma anche i pericoli che non sono di poco conto.

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