Su Linkedin: di Matteo c’è solo da fidarsi Il tecnico di Verona fondatore di Matrix
«Di Matteo c’è solo da fidarsi». Matteo è Zamboni, l’investigatore privato di Verona finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione «Basil», e quella che compare sul suo profilo Linkedin è la recensione scritta nel 2013 da un cliente. «Matteo — si legge — prende in carico la sua missione e coinvolge tutto il suo staff per portarla a termine in maniera eccellente. È dura ma allo stesso tempo divertente lavorare con lui. Ha sempre la massima cura nella scelta dei collaboratori, dei partners e degli strumenti per il suo mestiere». Almeno dal 2015, però, tra i partner di Zamboni c’è anche Mauro Delmarco, il collega di Bolzano accusato di aver corrotto finanzieri e carabinieri per accedere a informazioni e banche dati riservate. Il meccanismo svelato dalle loro chat WhatsApp è semplice: Zamboni chiede, Delmarco inoltra la richiesta a Cristian Tessadri e il finanziere di Bolzano esegue. Succede il 30 luglio 2015, quando Tessadri accede al sistema Sdi e all’archivio Inps per procurare tutte le informazioni su figli, proprietà, autovetture e redditi di una donna pedinata da Zamboni. E succede di nuovo il 29 marzo 2016, quando Tessadri accede alla banca dati Punto Fisco per fornire degli accertamenti sulla residenza di un altro uomo nel mirino di Zamboni, come dimostra l’immagine del pc aperto sulla pagina richiesta inviata via WhatsApp. Secondo la procura, Zamboni sapeva bene di commettere un illecito «per essere un ex appartenente alle forze di polizia». Lasciata la divisa, nel 1999 Zamboni aveva aperto Matrix, agenzia di investigazioni con sede a San Martino Buon Albergo (Verona) e raggio d’azione esteso a tutto il Veneto. L’elenco dei servizi forniti da Matrix comprende infedeltà coniugali, indagini pre e post matrimoniali, sorveglianza di giovani e minori, informazioni commerciali, infedeltà di soci e dipendenti, concorrenza sleale, analisi forensi su pc, cellulari e navigatori, fino ai confronti fisiognomici da foto e video. Il tutto con la garanzia di essere «fedele al valore della riservatezza». L’altro veneto finito ai domiciliari è Andrea Cervelli, un tecnico informatico di Padova che il 24 maggio 2017 ha aiutato Delmarco ad acquisire il contenuto del telefono di un uomo indicato da una sua cliente. Su Linkedin, Cervelli si presenta come libero professionista nel ramo informatica e servizi. Ora dovrà fare a meno del suo cellulare e dei suoi computer, sequestrati dai carabinieri.
In chat
Il meccanismo messo in atto insieme al collega trentino svelato dai messaggi su Whatsapp
L’informatico
L’altro veneto ai domiciliari è Andrea Cervelli di Padova che ha collaborato con Delmarco ne 2017