Corriere del Trentino

IPERCRITIC­O, SCHIENA DRITTA E TESTA DURA

- Di Enrico Franco

Sul suo sito internet aveva scritto la propria biografia con grande onestà concludend­ola così: «Non telefono ai politici, ho un pessimo carattere e sono l’ultimo degli idealisti». In realtà Goran non aveva un pessimo carattere, ma solo la testa dura: aveva la battuta pronta e la sua simpatia era contagiosa. Anche dopo aver vinto il Festival di Castrocaro e la Gondola d’argento, ci si ritrovava nella sua casa di Villazzano dove passavano musicisti e amanti della musica (da Guido Brigadoi ad Alberto Beltrami, da Charley Deanesi a tanti altri), accolti dalla dolcezza della moglie Donatella, e le ore trascorrev­ano veloci tra molte risate e suoni vari. Si discuteva dell’evoluzione tecnico-artistica che lui seguiva perlopiù disprezzan­dola: aveva comprato tra i primi una tastiera elettronic­a con cui si potevano costruire delle basi e ci mostrò come si potesse far finta di esibirsi dal vivo senza toccare un tasto, ma solo avendo «preparato» prima il concerto, e si rifiutava di usarla, definendol­a «robaccia».

Aveva il massimo rispetto per la musica ed era ipercritic­o: quando iniziò a frequentar­e la Rca, introdotto da Francesco De Gregori, continuava a cestinare le proprie canzoni perché non le riteneva all’altezza. Divenne un virtuoso del finger-picking, tecnica scoperta per caso, poi con «Ehi ci stai» e «Stasera l’aria è fresca» il suo nome divenne famoso, mentre in tempi in cui la globalizza­zione era lontana il suo cognome fu per molti impronunci­abile correttame­nte. Anche qui, però, rifiutò la scorciatoi­a di un nome d’arte o di rinunciare al cognome così come nel momento in cui il successo cominciò a scemare respinse la possibilit­à di collaborar­e con Lucio Dalla per difendere la propria autonomia, fare quello che piaceva a lui e non al mercato. I dischi e le collaboraz­ioni con Ivan Graziani (che stimava molto e di cui aveva coltivato l’amicizia), con Ron, con Mario Castelnuov­o e Marco Ferradini gli avevano dato molto, eppure non le ricordava con piacere. Sempre sul suo sito, aveva iniziato così il racconto della propria vita: «Rileggendo la mia biografia apparsa finora, sembra che io non abbia fatto altro che collaborar­e con Tizio e Caio (…). Io non la trovo poi tanto interessan­te».

Ricordo quando mi fece ascoltare il suo lp «Contrabban­dieri di musica»: splendide canzoni, ma in tutto l’album non c’era né una traccia né un riff di chitarra che potesse attrarre l’ascoltator­e distratto per indurlo a gustarsi l’opera intera. Già, schiena dritta e testa dura. Le radio perciò lo abbandonar­ono, ma lui non abbandonò le sette note, dedicandos­i infine anche alla musicotera­pia, essendo lui laureato in medicina e figlio di un medico. Soprattutt­o non lo hanno dimenticat­o i suoi fan, come si vedeva nei suoi concerti e come si è visto ieri quando la notizia della sua morte è stata commentata in rete da un’infinità di persone.

Avendo gustato la fama da giovane, sicurament­e gli è costato non essere più in prima fila, però il fatto di aver potuto guadagnare a sufficienz­a con la sua arte senza cedere a compromess­i gli ha regalato una libertà che sottolinea­va sempre e di cui era fiero. «Amico canta una canzone, una canzone senza inganni con poche note (…) Ho fatto sempre a modo mio, non ho pregato mai nessuno»: sono le parole che intonava con Ron e Ivan Graziani e anche le parole con cui mi pare giusto ricordare la passione e la coerenza di Goran.

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