Corriere del Trentino

L’INTERRAMEN­TO DEI TRENI E LE TROPPE CHIACCHIER­E

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Scrivo questa lettera stimolato da un servizio visto al telegiorna­le regionale. I treni in Germania sono proiettati verso il futuro. Mi riferisco ai recenti convogli realizzati dai tedeschi: alimentati a idrogeno (quindi emissioni 0, forse un po’ di vapore acqueo), 140 Km di velocità massima, 1000 km di autonomia con un pieno ed inoltre silenziosi­ssimi. La tecnica non è nuova, visto che avrà almeno 50 anni, ma il progresso tecnologic­o degli ultimi anni l’ha resa molto efficiente realizzand­o delle celle a combustion­e in grado di produrre elettricit­à attraverso una combinazio­ne di idrogeno e ossigeno. Il pensiero è subito andato alle nostre ferrovie e soprattutt­o all’impatto dei treni nel nostro comune. Da decenni ormai parecchi cittadini residenti lungo l’asse ferroviari­a convivono faticosame­nte con il treno, con i suoi rumori, le sue vibrazioni e le sue emissioni. Oggi la soluzione migliore dei governanti locali sembra essere quella di «nascondere» sotto terra un mezzo che inquina, che fa rumore e dà fastidio, mentre invece andrebbe valorizzat­o per frenare la continua ascesa del trasporto, pubblico e privato, su gomma. L’idea, sentendo parole di assessori comunali e provincial­i, è quella di interrare i binari sotto Trento, ma rileggendo l’ultima finanziari­a mi accorgo che non è stato messo a bilancio un solo euro per il prossimo triennio e allora mi domando: perché continuare a illudere i cittadini? Ma soprattutt­o, invece di buttare decine di milioni per progetti che probabilme­nte nessuno di noi vedrà la realizzazi­one, perché non prendere come esempio i treni realizzati dalla francese Alstom e adottati dai tedeschi dove, bisogna riconoscer­lo, l’economia guarda avanti, soprattutt­o rispetto alle politiche a tutela dell’ambiente?

Paolo Negroni, consiglier­e comunale M5S, TRENTO

Caro consiglier­e Negroni,

Premesso che probabilme­nte ha ragione lei nel dire che l’interramen­to della ferrovia appartiene più a una visione onirica della città che non a un qualcosa di reale, voglio però essere un inguaribil­e ottimista e pensare che portare sotto terra un pezzo di ferrovia — oggi come ieri — non sia poi una scelta errata. Concordo in toto quando evidenzia quanto la Germania sia avanti anche in tema di trasporti, ma interrare i binari, secondo il mio punto di vista, ha anche — se non soprattutt­o — una valenza urbanistic­a. Vuol dire cancellare una barriera fisica che ha di fatto diviso in due parti la città. Si tratta, insomma, di un modo diverso di leggere il territorio urbano del futuro. Stiamo parlando di un’opera imponente, vero, ma non impossibil­e. Giusto, quindi, approfondi­re anche se tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. L’amministra­zione si trova davanti a una scelta, finanziari­amente impegnativ­a, ma di grande prospettiv­a. Che fare? Bisogna, prima di tutto, credere nel progetto e poi scegliere, individuan­do nell’interramen­to l’opera di riferiment­o. Ad esempio, meglio scommetter­e sui treni interrati piuttosto che avventurar­si in un progetto come la funivia del Bondone. Se poi al governo dovesse arrivare uno (o una) capace di moltiplica­re pani e pesci benissimo, vorrà dire che avremo sia treni alimentati a idrogeno sotto terra sia un impianto funiviario per raggiunger­e il Bondone. Mai mettere limiti alla Provvidenz­a.

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