Il ministro Fraccaro «Caso Marangoni, risposte agli operai»
«Il sindacato chieda il tavolo con il Governo». Cisl: siamo già convocati a Rovereto
Un tavolo istituzionale per l’azienda Marangoni di Rovereto.
Lo chiede il ministro trentino Riccardo Fraccaro ai sindacati, dopo essere intervenuto in merito al periodo di incertezza che sta attraversando l’impresa a seguito delle dimissioni dell’amministratore delegato Dino Maggioni.
Il ministro Non ci sono più scuse: tutti facciano la loro parte nell’interesse esclusivo dei dipendenti e delle loro famiglie
TRENTO Il ministro trentino Riccardo Fraccaro interviene in merito al periodo di incertezza che sta attraversando la Marangoni di Rovereto, dopo le dimissioni dell’amministratore delegato Dino Maggioni. Il ministro si rivolge ai sindacati, invitandoli a chiedere l’apertura di un tavolo istituzionale. Per la Femca Cisl, però, Ivana Dal Forno fa sapere che l’azienda ha fissato un incontro per lunedì con la proprietà e che l’intenzione è di mantenere la questione — visto che si tratta di una normale fase di confronto e non è stato aperto uno stato di agitazione — nell’ambito sindacale, «fuori dall’arena politica». «Non ci sono esuberi all’orizzonte: ringraziamo dell’attenzione, se servirà ci faremo vivi».
I due anni di Maggioni, ad della multinazionale attiva in particolare nel settore ricostruzione pneumatici, erano stati caratterizzati da un rasserenamento occupazionale. Nel 2016, dopo lunghe trattative, dallo stabilimento di Rovereto sono fuoriuscite 46 persone (su un totale di circa 300). A cavallo del 2017 sono state gestite altre 11 dimissioni, per un livello totale di 57. A quel punto Maggioni però aveva detto, in merito ad altre possibili 30 fuoriuscite, che l’emorragia occupazionale si fermava. Nei giorni scorsi il laconico annuncio dell’azienda: «Il consiglio di amministrazione di Marangoni spa ha rivisto gli indirizzi strategici che erano stati affidati all’ingegner Dino Maggioni nell’autunno del 2016. Maggioni ha scelto conseguentemente di lasciare la sua carica di amministratore delegato di Marangoni spa, nonché tutti gli altri incarichi all’interno del gruppo».
«Sulla vicenda dello stabilimento Marangoni di Rovereto non c’è altro tempo da perdere perché è in ballo il futuro occupazionale dei lavoratori. In maniera molto chiara il Governo ha espresso la propria disponibilità ad aprire un tavolo di confronto in sede istituzionale qualora sia richiesto le parti sociali. Un passaggio necessario per dare finalmente risposte ai lavoratori trentini e alle loro famiglie. Ora non ci sono più scuse: è giunto il momento che azienda e sindacati chiedano l’apertura del tavolo e facciano la loro parte nell’interesse esclusivo dei dipendenti e delle loro famiglie che, da mesi, non ricevono alcuna risposta sul loro futuro». Così il ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia Diretta Fraccaro, che aggiunge: «Oggi, grazie all’impegno del M5S, siamo arrivati ad un punto di svolta e quindi non è più tollerabile che il gruppo industriale Marangoni stia in silenzio o faccia finta di niente. L’azienda nel corso di tutti questi anni ha incassato una montagna di contributi pubblici per poi delocalizzare la produzione e abbandonare al suo destino lo stabilimento. L’assessorato all’industria della Provincia Autonoma di Trento, colpevolmente assente in tutta questa vicenda, dovrebbe quantomeno sollecitare la richiesta di aprire un tavolo. Ad oggi, come denunciato dai rappresentanti sindacali, la Marangoni di Rovereto versa in una situazione finanziaria critica, con gravi ritardi nel pagamento dei fornitori e nel versamento delle quote di previdenza integrativa per i dipendenti. Si apra subito il confronto per fare chiarezza e rilanciare il futuro industriale del Trentino salvaguardando i lavoratori e le loro famiglie. Troppo spesso in questo Paese, con la connivenza della vecchia classe politica e in nome degli interessi e del profitto, si è giocato con la pelle e la dignità di chi lavora. Anche per questo — conclude — il Governo è intenzionato a fermare quelle imprese che, una volta intascati i soldi pubblici, decidono di delocalizzare all’estero e scappare con la cassa».
Non è più tollerabile che il gruppo industriale stia in silenzio: ha incassato una montagna di contributi