La Corte d’Appello ha rincarato la dose
Arcese, un’altra sconfitta: deve reintegrare 20 autisti
Arcese Trasporti dovrà reintegrare i lavoratori che aveva licenziato nel 2015. Lo ha deciso ieri la Corte d’Appello, infliggendo così una nuova batosta alla multinazionale dopo la prima condanna del tribunale di Rovereto, che a gennaio aveva disposto l’illegittimità dei 49 licenziamenti. L’azienda dovrà rimborsare gli autisti con 12 mensilità e pagare le spese legali. Intanto il sindacato di base sta pensando a un esposto alla Corte dei conti per il lease back della Provincia.
TRENTO Arcese Trasporti perde anche il secondo «round» nella vicenda legata al licenziamento di 49 autisti da parte della multinazionale dell’autotrasporto.
Dopo la sentenza del tribunale di Rovereto, che a gennaio aveva condannato l’azienda a risarcire i lavoratori con venti mensilità, ieri la Corte d’Appello ha «rincarato la dose», prevedendo anche il reintegro degli autisti (che nel frattempo da 49 sono «scesi» a una ventina: per gli altri si è proceduto a una conciliazione), con la multinazionale che dovrà risarcire i lavoratori con 12 mensilità. Una batosta, per Arcese Trasporti, che oltre alle spese di risarcimento e al reintegro dei dipendenti dovrà mettere in conto una cifra molto alta di rimborso delle spese legali (si parla di decine di migliaia di euro).
La vicenda, riavvolgendo il nastro, aveva vissuto la sua prima puntata a gennaio. Quando, appunto, il giudice del lavoro aveva riconosciuto l’illegittimità dei licenziamenti di 49 autisti da parte dell’azienda, avvenuti nel 2015 a causa — era stata la motivazione dela multinazionale — di una «pesante diminuzione del fatturato». Tagli ai quali i sindacati di base si erano opposti fermamente, ottenendo quindi una prima vittoria: a gennaio il tribunale aveva condannato Arcese a pagare 20 mensilità. «Alla luce della perizia — si legge nella sentenza — appare chiaro come non vi sia alcuna evidenza e conferma del calo di fatturato lamentato da Arcese. La comunicazione di Arcese va, pertanto, considerata come infedele e fuorviante».
Netta la reazione della multinazionale, che aveva minacciato addirittura di voler lasciare il Trentino e di volersi trasferire altrove. «La realtà è che l’impresa è stata condannata perché, nell’ambito dell’ennesima procedura di mobilità del personale avviata nel dicembre 2014, ha fornito dati non veritieri» aveva accusato Fulvio Flammini di Sbm (sindacato di base multi-categoriale).
Arcese aveva presentato ricorso in appello. E così avevano fatto anche i lavoratori, chiedendo il reintegro. Che, ieri, la Corte d’Appello ha concesso, insieme al risarcimento di dodici mensilità.
«I lavoratori, una ventina — esulta Flammini — dovranno quindi essere reintegrati subito». Ma il sindacalista va oltre. «Aspettiamo di leggere la sentenza per esaminarne bene il contenuto — prosegue Flammini — ma valuteremo se presentare un esposto alla procura nel caso emergessero gli estremi di falso in bilancio per l’azienda».
Il sindacato punta il dito però anche contro la Provincia e in particolare contro il vicepresidente e assessore Alessandro Olivi «in relazione al contratto di lease back che fu stipulato tra la Provincia autonoma di Trento (rappresentata dalla propria finanziaria Patrimonio del Trentino) e la ditta di autotrasporti Arcense in ordine al finanziamento pubblico di circa 20 milioni di euro in cambio del mantenimento di 791 lavoratori nell’unità produttiva di Arco e la costruzione di uno scalo intermodale a Mori». In questo caso, Flammini non esclude un esposto alla Corte dei Conti.