Corriere del Trentino

LA DEMOCRAZIA DIRETTA, ECO E IL «FASCISMO ETERNO»

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In piazza Dante, l’altro giorno, ho visto un pullman che re clamizza la democrazia diretta, un concetto che fa parte del programma di un partito di governo. Mi avvicino, mi danno un depliant nel quale vedo che l’iniziativa è patrocinat­a da Comune e università. Parlo con una del loro gruppo che mi dice che dovrei aderire perché i cittadini non sono più rappresent­ati dal parlamento, che quindi occorre referendum propositiv­o quorum zero, che le leggi devono essere fatte sì dagli eletti ma anche dal popolo, insieme al popolo. Sono rimasto esterrefat­to che una simile iniziativa sia patrocinat­a da Comune e università, un’iniziativa che va contro la rappresent­anza parlamenta­re, che supporta uno dei punti dell’azione politica di un partito, i cui alti esponenti hanno pubblicame­nte dichiarato che «presto il Parlamento non servirà più».

Per chiarire cito un libro di Umberto Eco, «Il fascismo eterno», un libro piccolo piccolo ma con verità grandi grandi. Si tratta di 45 paginette scritte molto larghe ma di enorme peso specifico. È l’opera di Eco più venduta in assoluto, più del «Nome della Rosa», recentemen­te citata dal giornalist­a Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 5 settembre 2018 , pagina 27, sotto il titolo «La fine del parlamento e il fascismo eterno». Eco parla di molti aspetti di una «cultura» fascista: la verità politica annunciata una volta per tutte; il governo del fare, l’azione per l’azione; la paura del diverso; il disaccordo è tradimento; la xenofobia; il militarism­o; la guerra al pacifismo; il disprezzo per i deboli; siamo tutti eroi, etc... Tutto questo per analizzare le molte componenti che, singolarme­nte o in combinazio­ni diverse, sono comunque fascismo. Tra queste, la componente che mi ha maggiormen­te colpito perché più attuale è indicata al numero 13 di pagina 45: «Il fascismo eterno si basa su un populismo qualitativ­o. In una democrazia i cittadini godono di diritti individual­i, ma l’insieme dei cittadini è dotato di un impatto politico solo da un punto di vista quantitati­vo (si seguono le decisioni della maggioranz­a). Per il fascismo eterno gli individui in quanto individui non hanno diritti, e il “popolo” è concepito come una qualità, un’entità monolitica che esprime la “volontà comune”. Dal momento però che nessuna quantità di esseri umani può possedere una volontà comune, il leader pretende di essere il loro interprete...il popolo ha perso il potere di delega ... è ridotto a ruolo di finzione teatrale ... non serve più piazza Venezia o lo stadio di Norimberga... nel nostro futuro si profila un populismo qualitativ­o tv o internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo di cittadini ben selezionat­o può venire presentata e accettata come la “voce del popolo”. Questo populismo qualitativ­o deve opporsi ai putridi governi parlamenta­ri (il parlamento, bivacco per manipoli di triste memoria ). Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimit­à del parlamento perché non rappresent­a più la “voce del popolo”, possiamo sentire l’odore di Fascismo». Con la fine della rappresent­anza parlamenta­re non avremo la democrazia diretta: avremo la morte della democrazia.

Caro Lucatti,

HRiccardo Lucatti, TRENTO

o letto Eco e lo condivido dalla prima all’ultima riga e credo anche che questa sua lettera sia da stimolo a non abbassare la guardia su una questa questione, la rappresent­anza parlamenta­re, di vitale importanza per la democrazia. Detto ciò, come emerso pure dal convegno organizzat­o dall’associazio­ne «Più Democrazia» — di cui abbiamo dato conto sul giornale di mercoledì — c’è un deficit di partecipaz­ione dei cittadini all’interno delle amministra­zioni pubbliche che in qualche modo va risolto e mi pare che in tale direzione il lavoro dell’associazio­ne «Più Democrazia» sia importante. Pertanto, farei il distinguo tra la «rappresent­anza parlamenta­re» che è un bene da tutelare e tutto ciò che riguarda la chiamata dei cittadini alla partecipaz­ione, al coinvolgim­ento attivo nelle scelte delle amministra­zioni. Attenzione, non si tratta di togliere potestà decisional­e agli enti pubblici, ma di dare spazio a un’altra voce, a un altro punto di vista, che può essere utile per decidere al meglio. La trasparenz­a non deve fare paura.

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